Pagina:Il buon cuore - Anno XIV, nn. 37-38 - 18 settembre 1915.pdf/2

258 IL BUON CUORE


Le cascate Vittoria sullo Zambese

Sono ormai trascorsi molti anni dal giorno in cui. David Livingstone, esplorando il fiume Zambese verso le sorgenti, trovò le grandi cascate cui pose il nome della sua graziosa regina. Da quel tempo in poi parecchi viaggiatori si spinsero fino ad esse, e tutti ne magnificarono ’coli entusiasmo l’affascinante bellezza. Lo Zambese prima di giungere alle cascate, è in certi punti largo più di un miglio, e scorre tranquillamente qua e là cosparso d’isole su cui sorgono maestose palme attorno ad esse gli uccelli palustri vanno spiando i pesciolini di cui cibarsi, e di quando in quando un ippopotamo solleva dall’acqua il capo enorme, dà una lenta occhiata in-giro, e si rituffa giù con uno sbuffo di piacere. Per. miglia e miglia nulla sembra debba turbare questa scena di pace. Ma all’improvviso un sordo ululato colpisce l’orecchio, e sul fiume da sponda a sponda s’inalza una nube di acqua schiumante. La maestosa fiumana par subitamente gii.inta alla sua fine; alti e ripidi scogli sormontati da grandi alberi sempre verdi le sbarrano il passo’ in tutta la sua larghezza, e proprio in quel punto, al disotto della muraglia d’acqua, si stende l’isola Livingstone. Al di là degli scogli un profondo baratro largo quanto il letto del fiume, ingoia le acque dello Zambese che vi si precipitano con immenso fragore. La strettezza eli questo baratro, di quà e di là rinchiuso fra due file di scogli perpendicolari alti circa 120 metri, la• sua lunghezza evanescente tra la nebbia e le acque rumoreggianti nel fondo formano un quadro d’indescrivibile grandiosità. E a questo quadro la natura si compiace di sovrapporre un gioco lussureggiante di colori, ora sotto forma di arcobaleno, ora sotto apparenza di nube variopinta e sma_ gliante. Girando attorno all’estremità occidentale del baratro si giunge di fronte alla «Cateratta del Diavolo» presso cui si può vedere l’acqua sprofondarsi nell’abisso, e quasi senza toccar fondo, tornare su polverizzata. Il basalto degli scogli sembra -tremare al rombo della cateratta: Lì presso sorge la «Foresta della pioggia» formata da alti alberi sempre verdi e palme, e da un substrato di felci, capelvenere e muschio. Proseguendo oltre si giunge al «Punto del Pericolo» o estremità dello scoglio occidentale dove l’acqua, uscita dall’abisso s’incanala in una stretta gola, che subito fa gomito, e a questa, a causa della turbinosa agitazione dell’acqua stessa, venne dato il nome di «Pentola che bolle». Si calcola che l’acqua in questo punto sia profonda più di novanta metri. L’urto delle onde sorgenti dal basso e ansiose di aprirsi una via, produce qui un fragore spaventoso. PAGLIUZZE 0’0190 11 povero che chiede l’elemosina al ricco avaro, si dirige ad uno che è più povero di lui. (Prov. inglesc).

Il Cavapietre (LEGGENDA COREANA).

In tempi antichissimi vegetava nella regione (U Hang-cing un povero cavapietre che in verità credeva di essere ruomo più disgraziato del mondo. Le pietre che, come tutti sanno, non hanno cuore, resisti-vano rabbiosamente ai colpi del suo povero piccone logorato, e così era molto piccolo il numero di ciottoli che egli riusciva a rompere. Più piccola ancora era la magra porzionte di riso con la quale egli cibava ogni giorno il suo corpo magrissimo. E così grande era la sua sofferenzà., che un giorno il disgraziato gridò: IO sarei ben felice se scoprissi un giorno qualche tesoro che mi permettesse di, riposare su soffici stuoie e di ’coprirmi di una tunica di seta sulla quale degli ibis spiegassero le loro grandi ali. Questo lamento salì verso il Cielo e un angelo o meglio uno spirito che per caso passava, lo raccolse nella sua orecchia madreperlacea. Sia fatta la vostra volontà, o uomo che tagliate le pietre — disse lo Spirito; — vedete se i vostri sogni sono realizzati. Da un momento all’altro, il cavapietre si trovò coperto d’oro e di seta, steso su soffici stuoie in un fastoso palazzo. Egli fu pieno di gioia. Ma poco dopo passò sotto le finestre l’imperatore. Cento cavalli neri caracollavano davanti a montati da cavalieri dalle armature meravigliose. Al di sopra ’della testa dell’imperatore, un parasole gigantesco dondolava alle carezze della brezza, solenne e bizzarro come un grande fungo ricoperto di seta. L’ex cavapietre. fu molto scandalizzato di tutto quell’apparato, ed esclamò: In verità, a nulla’ mi serve essere ricco, poichè non ho, una scorta come questa. Ora lo spirito che l’aveva protetto era per sua natura pieno (li una bontà senza fine. Non vi lagnate — gli disse -- Sarete imperatore. Cosi va bene — replicò il cavapietre, il quale da un momento all’altro si trovò al posto di Sua Maestà Imperiale, camminando dignitosamente sotto la frangia vermiglia dell’immenso parasole. — Così va bene. Ma non sono ancora soddisfatto. Questo sole sfolgorante mi dà una gran noia. Non vedete come. nonostante l’ombrello con cui mi riparano i miei schiavi, esso dardeggi violentemente i suoi raggi sulla strada; e questa produce continuamente polvere, e. si diverte a gettarmela in faccia accusandomi? E’ una indegnità, quando si è Imperaiore, l’eSser prostrato dal caldo e di trovarsi alla mercé dell’astro del sole Se fossi io il allora sì! Ma... ma... come mai? Ora sono. io il sole! -disse stupefatto, sentendosi bruciare da un ardore smisurato. Infatti, grazie alla protezione del suo spirito, era salito al firmamento e ora rischiarava la superficie