Pagina:Il buon cuore - Anno XIV, nn. 35-36 - 4 settembre 1915.pdf/6

254 IL BUON CUORE


Giovanni, egli era rimasto, sorpreso, addolorato... ma ’aveva dato la parola; bisognava mantenerla; anche i suoi amici commensali la pensavano così.... Eppure, malgrado queste scuse, malgrado questa impunità, Erode non è contento. Le scuse, per quanto cercate, per quanto numerose, per quanto forti, non arrivano a nascondere la realtà, la gravità del suo delitto. Il suo delitto gli si rizzava innanzi in tutta la sua tragica enormità. Aveva fatto uccidere un uomo giusto; un uomo’ che egli stesso altamente stimava; un uomo che più di una volta aveva interrogato nei suoi dubbi, ricevendone responsi pieni di sapienza e di onestà; l’aveva fatto uccidere per compiacere aí bassi sentimenti d’odio di una donna capricciosa e crudele; l’aveva fatto uccidere, contradicendo a tutte le consuetudini del buon vivere sociale, nel giorno d’el suo natalizio, ordinando la morte quando avrebbe dovuto accordare la libertà, conturbando la gioia del convito, colla presenza di un teschio troncato e sanguinolento. E’ vero che aveva data la parola: ma la parola per compiere un delitto non tiene: è meno male mancare di parola, che Uccidere un innocente... Gli uomini non lo puniranno; non potranno punirlo; ma al,di sopra degli uomini vi è Dio; Dio che tuona colla sua legge, Dio che minaccia co’ suoi castighi; Dio dinanzi al quale i re della terra sono niente; Dio che li spazza via come un granello d’arena, come una foglia inaridita; Dio che chiederà conto più severo a chi è collocato più in alto.... Ciò che avvenne ad Erode avviene a tutti. L’uomo è fatto pel bene; il bene gli è suggerito. imposto da mille ragioni: dalla legge di Dio, dalla bellezza intrinseca del bene, dal dovere di raggiungere il proprio fine, dal consiglio, dall’esempio altrui, dalla necessità di dare buon esempio agli altri, specialmente quando si è costituiti in posizione di alta responsabilità... Chi si oppone a tutta questa molteplice esigenza della virtù non può trovarsi in pace con se stesso. Potrà fingere in faccia agli altri; potrà ostentare pace, sictirezza, gioja, ma non è contento nel cuore; ma nel segreto della sua coscienza, ma nel silenzio delle cose e delle Persone, il suo delitto sorge dinnanzi alla mente, giganteggia per quanto si voglia deprimere, dimenti•care.... Delictum meum contra me est semper, diceva Davide pensando al suo duplice ’peccato; Davide in questo grido non era soltanto Davide; Davide era l’uomo; l’uomo peccatore, è l’uomo infelice. Dio, che conosce l’uomo più dell’uomo stesso, lo ha detto: non est pax impiis. Non c’è pace per l’empio. Chi non ha provito questo stato? Prima di commettere il peccato, pareva che se noi fossimo riusciti ad appagar quella brama, a vincere quella ritrosia, a ottener quell’oggetto, a soddisfare quella vendetta, a toglier di mezzo quell’avversario, a raggiungere quel posto, saremmo stati felici.... Le nostre brame furono soddisfatte: abbiamo raggiunto la felicità? Quante volte le nostre maggiori sventure nacquero dai nostri trionfi! Se non ci fu il disastro esterno, ci fu il disastro interno ’della coscienza: cominciammo ad essere infelici davvero, quel giorno che diventammo felici!

  • * *

Eppure, se il rimorso è una gran pena, il rimorso è una grande grazia. Guai quel giorno nel quale, avendo fatto il male, sapendo di averlo fatto, noi non sentissimo rimorso!_Vorrebbe dire che in noi si è ecclissata la parte migliore di noi, la luce dell’intelligenza, la delicatezza della coscienza: vuol dire che per noi non contano più nulla nè Dio, nè l’anima, nè l’eternità, ne il dovere del buon esempio. vuol dire che Dio ci ha ritirato la luce, do stimolo della sua grazia; ci ha lasciati soli nel scendere la china del male, perchè precipitassimo fin nel profondo dell’abisso. Ci sono pur troppo le persone che trovansi in questa deplorevole condizione di coscienza. Sanno di vivere una vita affatto contraria alla legge di Dio; sanno di conservare una relazione illecita, fors’anco con pubblico scandalo; sanno di aver calunniato atrocemente una persona, che non conosce chi è il vile che l’ha danneggiata_ nella fama, che non può difendersi appunto perchè non lo conosce; sanno di mancare di esattezza nelle amministrazioni, di giustizia nei negozi e nei contratti; sanno di avere ingiustamente nelle mani roba altrui; ’sanno di covar nell’animo sentimenti di odio, di invidia... sanno insomma che non possono dire di avere ’la grazia di Dio, sanno di dover dire che certamente non l’hanno, perchè colpa dell’uomo e grazia di Dio non possono stare -insieme; sanno che possono benissimo sfuggire la giustizia e id castigo degli uomini, ma non possono sfuggire il castigo e la giustizia di Dio; sanno che la morte li può colpire da un momento all’altro; ravviso è pur troppo frequente nelle improvvise morti altrui.... sanno tutto questo, eppure sono tranquilli, sono sorridenti; l’impunità passata li lusinga dell’impunità futura: quid nobis accidit triste? dicono coi peccatori ostinati, ricordati nella Santa Scrittura: abbiamo fatto il male, e qual male ne avemmo? Ah, se qualcuno si trovasse in questa condizione; se sapesse di essere in peccato mortale, e non ne sentisse rimorso, quanto dovrebbe chiamarsi infelice! E’ moribondo e non sa di essere ammalato; crede di essere sulla via piana ed è già nell’abisso! Non seguiamo Erode, che pur sapendo di aver fatto male, sente un turbamento, ma è un turbamento leggero, superficiale, passaggiero, che non lo induce punto a pentirsi del male fatto, a troncare il male che fa. Egli desidera di vedere Cristo: il desiderio per sè è buono; anzi è il solo pensiero buono, che si può e ’si deve avere: vedere Cristo, parlare con Cristo, ascoltare la parola di Cristo. Ma Cristo non si lascia vedere, Cristo avvertitamente si allontana da lui.... Cristo sa che se il desiderio di Erode fosse sincero nel cercare il bene, già ne aveva avuto la fortunata occasione nella parola di Giovanni: chi non ascolta il precursore non ascolterà il maestro: la presenza di Cristo non sarebbe la riparazione di un delitto, ma occasione forse a commetterne un altro; Erodiade, la passíone, veglia; sarebbe nella vita cristiana un sacramento, una Comunione ricevuta senza le debite disposizioni: è una grazia nuova? E’ un’orribile sacrilegio!