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250 IL BUON CUORE


nel Giappone se non per intendere coraggio morale, e il titolo di «coraggio servo» era riservato unicamente alla bravura materiale. Tutti i figli dei Samurai erano allevati con metodo veramente Spartano e quindi non occorreva alcun insegnamento particolare intorno al coraggio fisico. Al coraggio tien dietro la Benevolenza e il sentimento della Pietà. Amore, Magnanimità, Affezione • per gli altri, Simpatia e Clemenza furono sempre riconosciuti dal Samurai come virtù supreme, come i più alti attribuiti -dell’anima umana. Ai giovani Samurai si insegnava inoltre a coltivare la musica e la poesia; non la musica delle trombe e dei tamburi,,la la dolce melodia degli strumenti a corda.,eitre;e poesie si occupavano delle bellezze (leva natura e del canto degli uccelli, piuttostó che di battaglie e di morte. Ciò che in Europa ha fatto il Cristianesimo per mitigare gli orrori delle guerre, nel Giappone è stato fatto dall’amore per la musica e per le lettere. ’Da tutti i seguaci del Buscìdo si ammetteva gran peso alla Gentilezza e al rispetto dei sentimenti altrui. sebbene non fosSero considerati all’altezza di vere e proprie virtù. «La gentilezza sarebbe una ben meschina dote se fosse soltanto il risultato del timore di offendere il buon gusto; essa invece deve essere la manifestazione ’di un simpatico riguardo per i sentimenti degli altri. Essa implica un giusto apprezzamento delle cose, e quindi un doveroso rispetto alle varie posizioni sociali derivate in origine, non da distinzioni plutocratiche ma da merito morale. Nella sua forma più elevata la gentilezza si avvicina quasi all’amore.» L’insegnamento della gentilezza (lette luogo a mi sistema molto elaborato di cerimonie. Il modo di condursi a tavola è divenuto una scienza; il bere e il servire il the è stato portato al grado di una funzione importantissima. In sostanza - la gentilezza rappresenta un ottimo requisito, anche se non serve ad al-. tro che ad impartire grazia alle maniere. Ma il Buscìdo insegna che per gentilezza s’intende molto più di questo: una persona gentile prende viva parte ai sentimenti degli altri, e piange con chi piange e gioir sce con chi è contento. Senonchè fu anche riconosciuto che la gentilezza può essere spanta troppo in là e degenerare in finzione; perciò nel Buscìdo si attribuisce un grande valore alla Veracità. E’ interessante constatare la mancanza di qualsiasi accenno contro la falsa testimonianza e la menzogna; queste colpe erano semplicemente denunciate come disonorevoli. E l’Onore costituiva una delle grandi virtù del Samurai, se non la maggiore di tutte. Peraltro il Buscìdo, oltre a creare un delicato codice d’onore, prepara anche delle salvaguardie contro i possibili eccessi di questo sentimento predicando Magnanimità e Pazienza. Fra gli insegnamenti del Buscido se ne distingueva uno di fronte al quale nessun sacrificio era stimato troppo caro, nessuna vita troppo preziosa: il dovere di Fedeltà, base di tutte le virtù feudali.

Oggi il feudalesimo è sparito dal Giappone, eppure non vi si rispetta meno di un tempo il dovere di fedeltà, poichè secondo il Buscìdo ciò che vale per la famiglia, i cui interessi e quelli di ogni singolo componente formano una cosa sola, deve valere per la nazione; così il Buscìdo ha fatto dei Giapponesi la razza più’ patriottica del mondo. Quantunque sulle prime, ’questo codice ’fosse destinato "unitamente ai Samurai, esso si è infiltrato ed ha agito come un ferMento tra le masse fornendo una forma morale per l’intera popolazione. I precetti di cavalleria sono diventati una inspirazione e una aspirazione per tutto ill paese; • così Yamato Damasci (l’anima del Giappone) ha finito in ultima analisi per esprimere il Volkgeist dello Stato.

L’esplorazione delle Catacombe di Roma (Continuazione e fine v num. 33-34)

Ma la responsabilità di gran parte.di queste imperfezioni incombe non tanto all’autore, quanto al tempo in cui egli visse e alle enormi difficoltà dello studio al quale egli per il primo si era messo; e se altri ricercatori avessero continuato per quella via che egli aveva aperta così brillantemente, senza dubbio la scienza delle Catacombe si sarebbe completata e approfondita. Ma il Bosio non aveva potuto farsi degli scolari, e così la «Roma sotterranea» appena scoperta e superficialmente esplorata, venne di nuovo abbandonata. Accadde, anzi, qualcosa di peggio: i divoti, cioè fecero a gara nell’asportare dalle Catacombe le reliquie dei primi cristiani; per quasi un secolo l’autorità ecclesiastica accordò largamente tutti i permessi richiesti di scavatori improvvisati e interessati, i quali tormentarono il suolo da tutte le parti, senza metodo, senza preoccuparsi di salvare dalla rovina le pitture e gli oggetti che trovavano; sicchè fu quellia un’epoca di distruzione barbara e irreparabile. Nello stesso tempo le Catacombe correvano un altro pericolo; esse divenivano preda dei polemisti religiosi.: alcuni protestanti dopo di averle visitate, vennero fuori ad affermare che esse non erano state costruite dai cristiani, bensì dai pagani che le loro pitture non risalivano all’antichità, ma al Medio Evo, e che le ossa in esse contenute non erano reliquie dei martiri cristiani, ma avanzi di Roma pagana. I direttori degli scavi che alla fine erano stati istituiti ufficialmente dai papi, come l’insigne epigrafista Fabretti e dopo di lui il Boldetti, dovettero pensare anzitutto a difendere l’autenticità dei cimiteri cristiani e ciò impedì loro di eseguire nuove ricerche. Si deve tuttavia al Fabretti la descrizione di due Catacombe ignorate dal Bosio, e al Boldetti la relazione, purtroppo molto confusa, dei ritrovamenti’ fatti durante cinquant’anni nei’ quali egli coprì la carica di direttore degli scavi. Uno dei’ suoi collaboratori, il Marangoni, lavorò per 17 anni a compilare un inventario delle pitture, sculture e oggetti vari contenuti nelle Catacombe; ma questo Catalogo era appena terminato, quando fu distrutto da un incendio: sembrava veramente che una sorte nemica perseguitasse l’archeologia Cristiana.