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244 IL BUON CUORE


amor di Dio ma per esser lodati dagli uomini. Essi, grida Cristo, hanno già ricevuto del bene che fanno la loro ricompensa dagli uomini in terra, non l’avranno da Dio nel cielo. • La retta intenzione è quella che costituisce il merito delle opere buone. Noi dobbiamo fare il bene perchè è bene, perchè è nostro dovere il farlo, perchè lo comanda Dio, perchè il farlo costituisce la nostra grandezza, la nostra perfezione; noi dobbiamo fare il bene senza idea di lucro, di vanità, di superbia. Allora lo faremo sempre, lo faremo sempre bene, lo faremo non perchè gli altri ci vedono, ma prchè il farlo ci è imposto dalla nostra coscienza. Se nel farlo gli altri ci vedono e ce ne danno lode, tanto meglio, sarà tanto di guadagnato, e per noi e per gli altri: ma non è quello che importa per noi: quel bene noi lo avremmo fatto egualmente, anche se gli altri non vedevano, anche se gli altri non ce ne davano lode; anzi, se gli altri, per invidia o per ingiustizia, ci deridessero pel bene che noi facciamo, noi lo faremmo egualmente, senza lasciarci imporre dal rispetto umano. Noi faremmo il bene con ispirito di santa libertà, della libertà colla quale Cristo ci ha liberato, cioè senza ricerca della lode, senza timore della censura; in sinceritate veritatis.

Il secondo’ punto ancor più grave nel quale mancavano i Farisei era questo: l’adempimento esatto, esterno, esemplare della legge, andava unito internamente, segretamente, colle più gravi colpe. Esternamente erano castigati nelle parole, riservati nel contegno; segretamente erano nientemeno che adulteri. Esternamente facciano elemosina, si prendevano a cuore la causa delle vedove e dei pupilli; in realtà questo zelo era ostentato per coprire i furti, e rendere possibili le più schifose usure. Cristo aveva trovato una frase scultoria per dipingere questa condizione morale dei Farisei, questa apparenza di bene unita a questa realtà di male: i Farisei sono sepolcri imbiancati, belli al di fuori, pieni di putredine al di dentro. I sepolcri al di fuori appaiono bei monumenti; fatti di marmo, levigati, con linee maestose; eleganti; magari con fregi d’oro e di bronzo. Come questa immagine rende bene l’arte di certi impostori, che coprono sotto la veste della onestà, della moralità, della religione, della pietà, i ’furti nelle amministrazioni, i ser greti giuochi di borsa, le cattive relazioni continuate, le insidie all’infanzia innocente, l’orditura di atroci calunnie, la conservazione di odii inveterati, il compimento ’di crudeli vendette. Siamo buoni al di fuori, ma al di fuori corrisponda al’di dentro. Anzi, se al di fuori appariamo buoni per cinque, al di dentro siamo buoni per cento. E’ questione di lealtà, di sincerità, di carattere. Quello che appare sul volto, nelle parole, negli atti, sia nel cuore. La bontà sincera è anche la bontà più facile: per apparire buoni, non avremo bisogno di fare un atto di* riflessione, di fare uno sforzo: basta che ci lasciamo ’apparire quello che siamo, prontamente, spontaneamente, lietau►eiìte. Ci sono queste anime semplici, caste, buone, modeste, nelle quali la virtù

è così contemperata, l’esterno è così all’unissono all’interno, il corpo è la così viva espressione dell’anima, che al solo vederle, al solo udirle, si ha l’impressione immediata, di essere dinnanzi ad una costituzione morale perfetta, simpatica, schietta, trasparente, che impone la stima, l’affetto, la riverenza. Sono quelle che noi chiamiamo anime sante, anime che sono l’espressoine vivente dello spirito di Cristo, che vivono sulla terra, come se fossero in cielo; che portano un po’ di cielo in terra.

Ma Gesù Cristo va innanzi ancora: alla sincerità presso di noi vuole si aggiunga la generosità, la carità verso gli altri: la virtù cristiana nasce dall’amore deVe finire nell’amore‘; nasce dall’amore di Dio, deve finire nell’amor del prossimo. L’amor del prossimo non era sconosciuto nella legge antica. La legge della carità del prossimo non è una legge nuova che Cristo viene ad insegnare; ciò che vi ha di nuovo nel nuovo testamento riguardo all’amor del prossimo, è il posto d’onore che questo precetto occupa in mezzo ai precetti di Cristo, è il grado di maggior perfezione coi quale questo precètto deve essere esercitato. Gesù Cristo, sotto questo aspetto di maggior perfezione, di maggior importanza, può giustamente chiamare questo precetto mandato nuovo, il suo mandato. Avete udito, egli dice, che è stato’cletto agli antichi: Non ammazzare, e chiunque avrà ammazzato sarà reo in giudizio.,Ma,io vi dico, che chiunque si adirerà contro suo fratello, sarà pur esso reo in giudizio. chi avrà detto al suo fratello Raca, sarà reo nel consesso; e chi gli avrà detto Stolto, sarà reo, del fuoco Gehenna. Non è necessario che noi ci fermiamo qui ad una disquisizione ermeneutica od esegetica sulla diversità tti questi tribunali, e delle pene da essi inflitte. Più che delle pene interessiamoci delle colpe; vediamo quasi le gradazioni delle colpe che Cristo nota nell’esercizio dell’amor del prossimo, per comprendere subito quale sia la perfezione alla quale Cristo vuole che sia portato da noi l’esercizio della carità del prossimo. La prima sostanziale diversità tra la legge antica e la lègge nuova sta in ciò che la legge antica aveva di mira più l’atto esterno; la legge nuova, prima che all’esterno, mira alla disposizione del cuore. La legge antica diceva: non ammazzerai; la legge nuova dice: non ti adirerai. Quanto è più profonda, quanto è più completa la legge nuova! L’atto esterno nasce dall’atto interno; vietato l’atto interno disordinato, peccaminoso, facilmente sarà evitato l’atto esterno. Non si uccide una persona se non perchè prima si sono lasciati nascere, crescere, ingigantire, sentimenti di avversione, di ira, di odio, contro il prossimo, che alla fine proruppero, e si affermarono nella suprema offesa contro l’uomo, che è la morte. Si ripete qui nel caso particolare dell’amor del prossimo quanto si è detto sopra in genere dell’esercizio della virtù: per essere buoni al di fuori bisogna cominciare ad essere buoni al di dentro.