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Anno XIV. 4 Dicembre 1915. Num. 49.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Carmen Sylva (figure della Guerra).
Religione. —Vangelo della domenica quarta d’Avvento.
I bomb a gas lagrimògene (Poesia). — Una parola sulla pornografia. — Libriccino confortatore in tempo di guerra (continuazione v. n. 47).
Beneficenza. —Pro Soldati Ciechi.
Notiziario. —Necrologio settimanale. — Diario.


Educazione ed Istruzione


FIGURE DELLA GUERRA

Carmen Sylva


Se la Rumenia entrerà nel conflitto europeo, il popolo rumeno troverà nel cuore della regina Elisabetta quello stesso tesoro di virtù che gli italiani hanno trovato nello slancio caritatevole delle due loro Sovrane e delle principesse agi Casa Savoia: uno slancio senza limiti, che ha dell’eroico e conforta più d’ogni altra cosa gli spiriti.

La Regina di Rumenia, nota, come tutti sanno, in arte cqn lo pseudonimo di Carmen Sylva, ha già lasciato un caro ricordo dell’opera benefica che svolse durante la guerra del 1877, da cui la Rumenia ebbe quell’indipendenza che la portò al mirabile sviluppo odierno. Allora essa si guadagnò il titolo di Mama ramitziler (madre dei feriti), per l’affettuosa abnegazione con la quale alleviò le loro sofferenze. La sua magnifica reggia di Controceni fu trasformata in un vastissimo ospedale e l’infermiera che più di tutte le altre vi passava le giornate intere, sempre attiva, sempre pietosa, sempre forte, era proprio lei, la Regina Elisabetta.

Ben a ragione i rumeni hanno una specie di culto per la loro oramai veneranda Sovrana, che, nata sui gradini di un trono, seppe mettersi a livello d’ogni cuore e sorreggere, con la parola e con l’opera, qualunque sventura; che, chiamata a reggere le sorti d’un popolo, seppe affermarsi anche nel campo dell’arte una delle scrittrici più squisite d’Europa.

Nata principessa di Wied nel 1843, Elisabetta manifestò giovanissima ancora il suo ingegno e la sua attitudine particolare per la poesia; all’età di dieci anni infatti, ella si esercitava già a comporre versi e racconti in prosa; ma non tardò a preferire le tragedie e i melodrammi, l’azione dei quali era il più delle volte violenta, d’una fantasia libera e originale; e ciò non le impedì di entusiasmarsi per le matematiche, per le lingue antiche e moderne, e di dedicarsi con passione alla musica e alla pittura, senza giungere mai a soddisfare la sua brama artistica e a dar vita ai suoni e ai colori come avrebbe voluto. A 26 anni, il 15 novembre 1869, essa celebrava il suo matrimonio col principe Carlo di Romania, matrimonio in cui la politica non ebbe menomamente a turbare la felicità dei due cuori. E questa felicità matrimoniale è durata fino all’anno scorso, quando Re Carlo, afflitto dagli orrori della guerra europea e dalla sua difficile posizione di principe tedesco, si spegneva lentamente.

Ho detto felicità matrimoniale; ma questo non stgnifica che la vita dell’augusta scrittrice sia stata priva di dolori. Al contrario, essa ne ebbe molti e dal dolore appunto muovono le ispirazioni dei suoi canti più belli.

Due anni dopo le nozze, e precisamente l’otto settembre 1870, una bambina allietava la Casa Reale di Rumenia. Ma per poco tempo. Nel giorno di giovedì santo del 1874, la difterite uccise in poche ore la piccola principessa e la gioia scomparve dalla vita della dolorante madre. Animo forte di donna e di cristiana, Carmen Sylva seppe, tuttavia, sopportare con dignità e rassegnazione il suo strazio. Elia chiuse dolcemente gli occhi della bambina, la prese nelle braccia e ringraziò i medici delle loro cure. Non proferì — ricorda A. Micheli — alcun lagno e restò padrona di sè fino a che la piccola Maria fu deposta nella bara.

«Iddio ama la mia bambina più che non l’abbia amata io stessa - disse - ed è perciò che l’ha presa con se. Lo ringrazio d’avermela data». Null’altro... La tenera bimba fu sepolta in un poggio pieno di fiori e sulla tomba furono scolpite queste dolci parole: