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334 IL BUON CUORE


voi andate a combattere sì con forza, e qual magnifica forza! ma non per rapire quello che appartiene agli altri; voi andate per riconquistare all’Italia, ne’ suoi confini naturali, quello che fu ed è eternamente suo. Non togliete agli. altri il suo per frode. Questa è una rovente condanna in pieno petto ai nostri nemici: la frode nel combattimento è una loro esclusiva prerogativa: sono essi che sul mare, per avvicinarsi a noi e non essere conosciuti, inalberano, su navi austriache, la bandiera italiana; sono essi che in un assalto in campo aperto, vicini ad essere sopraffatti, levano le mani in atto di darsi prigionieri, e poi, quando i nostri, abbassate le armi, fidenti vanno incontro ad essi, essi, infami! si buttano in un colpo a terra, mentre i loro compagni, in rango dietro le spalle, colpiscono a tradimento nel petto gli italiani.

L’ultima raccomandazione che ai soldati fa il Precursore Giovanni è la seguente: contentatevi della vostra paga. In questa. raccomandazione sono raccolti tutti i sacrifici materiali che i soldati sono chiamati a sopportare: sono ben grandi questi sacrifici; chiedetelo specialmente a coloro che combattono in alta montagna, in mezzo alle nevi. al gelo; col rancio che arriva ritardato ed insufficiente. Soldati! Sopportate virilmente questi sacrifici: sono grandi; ma sono pur grandi i sacrifici che fa la Nazione per voi; sono pur grandi gli aiuti che, all’opera del Governo nazionale, aggiungono i vostri parenti, i vostri amici, tutti i cittadini: si può dire che in questo momento la nazione vede divisi i suoi figli in due grandi campi: da una parte i soldati.che combattono; dall’altra i cittadini che aiutano i soldati; li aiutano coi voti, coi doni, colla loro assistenza. Non scordate mai nell’animo vostro questa generale, questa eroica benevolenza: quanto gli altri sono generosi nel dare, altrettanto voi siate forti nel sopportare.

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A questi aiuti del paese aggiunge i suoi, coronandoli, consacrandoli, la religione. E’ uno dei grandi conforti dell’ora presente, l’aver veduto compiersi l’unione spontanea, completa, del clero colla Nazione: simbolo reale e simpatico di questa unione è il capellano militare: a voi sul campo di battaglia, lontani dai vostri, è il capellano che, colla sua presenza. desta a voi il pensiero del vostro parroco, P. ricordo della madre, il ricordo del campanile del vostro paese: il capellano Gilardi, che sulle sponde dell’Isonzo, prende fra le sue braccia, gravemente ferito, il colonnello De Rossi, e lo trasporta in luogo di sicurezza, è, per me, il simbolo vivo, vibrante della unione della religione colla patria. Menti grette,, e cuori più gretti ancora, cercano di sollevare dubbi, di mantenere nel rannorto politico diffidenze sull’opera dei sacerdoti, sull’indirizzo del Ci;no dello chiesa: questi dubbi, queste diffidenze hanno potuto sorgere e vivere un tempo; ora non

più. Udite che cosa il Papa Benedetto XV ha detto pochi giorni sono a chi, male avvisato, consigliava il Pontefice di voler approfittare dell’attuale sconvolgimento per patrocinare, nel futuro Congresso della Pace i diritti territoriali della Santa Sede: «Ci mancherebbe altro che il Pastore delle genti speculasse sul sangue de’ suoi figli!». Soldati, consolatevi. Questa è la parola ’del Papa. e non altra. La parola del Papa attuale è consona a quella pronunciata dal Papa, che primo,accese la scintilla del movimento nazionale in Italia, da Pio IX, quando, il 16 Giugno, 1846, dal balcone del Quirinale, sollevando le palme al cielo, con aria ispirata, gridò: «Gran Dio, benedite l’Italia! Quel grido sia pure il nostro. L. VITALI.

Beneficenza


Comitato "PRO SOLDATI CIECHI„

La guerra, con le sue spaventose conseguenze, ha pur il vantaggio di aver destate generose iniziative, per mettervi riparo. Spettacolo che eleva e contorta a un tempo lo spirito è vedere quante forme di pietosa assistenza vengono eScogitate e messe in esercizio per lenire le molte miserie che la guerra ha portato e continuamente porta. Il Comitato Pro Soldati Ciechi è una di queste forme. I soldati rimasti pienamente ciechi, in seguito a fatti di guerra, fortunatamente sono pochi. Molto meno in Italia che in Francia, causa la diversità dei combattimenti presso le due nazioni: la causa della cecità completa sono principalmente le trincee: le trincee in Francia e nel Belgio trovansi quasi tutte in pianura, parallele le une di fronte alle altre, per una linea orizzontale a volte di cento, duecento chilometri, assiduamente vigilate: appena un soldato, dalla sua trincea sollevi pur cautamente il capo, per osservare quanto avviene nelle trincee opposte, una palla avversaria scatta subito ’a colpire a fior di terra la sua testa nella parte emergente, la fronte e gli occhi. Le condizioni della guerra in Italia sono differenti, peggiori e migliori: anche in Italia vi sono le trincee, ma di solito non in pianura, sibbene sui monti; non parallele, ma in piani differenti, le italiane sotto e le austriache sopra; non continuate a chilometri, ma frazionate, isolate, a norma delle accidentalità del terreno. Quindi assai più rari e dfficili i colpi di ’fucile che colpiscano direttamente gli occhi. I soldati ciechi in Francia hanno raggiunto la cifra impressionante di circa 600: si videro alle stazioni nord di Parigi arrivare vagoni interi di feriti, tutti ciechi: uno spettacolo che anche solo a vederlo ritratto nei giornali illustrati, faceva piangere. Il