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IL BUON CUORE 303


mo giovedi, coll’intervento dell’Arcivescovo di Milano, di quello di Vercelli, di altri dignitari, e d’immenso concorso di clero e di popolo, e di rappresentanze di rtfolti istituti di beneficenza, furono una manifestazione spontanea, universale, solenne, della stima e della venerazione di tutti: furono i funerali di un santo. Tutti i giornali parlarono di lui, e tutti bene: meno i giornali framassoni: Guanella per loro non ha esistito; non ha esistito per essi l’uomo che sacrificò tutta la sua vita per gli umili ed i diseredati, per essi che si professano i fautori, i difensori delle classi popolari: crudele, umiliante castigo che infliggono a se stessi, nel non associarsi all’omaggio di un benefattore del popolo, perchè questo benefattore è religioso: per essere settari diventano ridicoli ed ingiusti. L. V.

Le cieche fanno calze per i soldati

Mentre voi, o valenti fratelli, sfidate i pericoli dell’Alpe e del mare per la grandezza e la gloria dell’itala terra, qui, dove si attende e si spera, è tutta una nobile gara di pietà operosa, d’alacre attività, di generosa emulazione: e l’anima, la vita di tutto questo, siete voi, sono le vostre famiglie, i vostri diletti piccini, ai quali si vuol sostituire, con altre provvide e tenere, le cure mancanti del padre. Tutti lavorano, tutti: perchè tutti possono fare qualcosa: e tutti si sentono fratelli in questo sublime stimolo di bene, che fa dimenticare ogni disparità di ceto, di età, di circostanze; anche il mondo delle tenebre dà, (e lo dico con gioia, certo non disprezzabile), la sua parte di cooperazione in questo campo così vasto e vario di lavoro e di bene. Si, cari fratelli, anche i ciechi hanno il soave conforto e l’ambita soddisfazione di portare, in tanto dolore e in tanta necessità, il loro volonteroso e valido contributo. Nei pochi e brevi istanti di tregua, mentre il vostro sguardo erra nell’orizzonte, sospinto certo dal desiderio di un memore viso, protendete più ancora, almeno per un istante, l’ansiosa pupilla e fatela errare fraternamente nel mondo del buio, dove proverete non già un senso d’orrore, di scoramento, bensì di compiacenza e di commozione. Guardate! Guardate! Sono mani instancabili che si agitano frettolose, come allenate da una recondita forza motrice. La fronte è ritta, pensosa, assorta in lontane meditazioni... Non piegata a spiare l’opera indefessa delle mani, ma alta, quasi per cercarvi i vostri monti, come cerca voi coi pensieri migliori, cogli affetti più santi, coi volti più belli. Di tanto in tanto, la mano tocca, accarezza anzi il lavoro compiuto, desiderando per esso il divino miracolo della moltiplicazione. La lana diminuisce... la calza si allunga... Essa è completa. Oh, vada, vada

presto la.provvida riparatrice del freddo; vada messaggera di benedizione, di buon augurio. All’industria muliebre, noi aggiungiamo per voi l’arte dei suoni e dei canti, la quale, come la musica notturna dell’usignolo, ha da noi un fascino secreto, una misteriosa poesia. La notte ha il suo mondo di luce e di vita, così anche noi, o fratelli, attraverso le tenebre esteriori, abbiamo tutto un mondo di sensazioni e d’affetti, che ci fanno palpitare e vivere della vostra medesima vita. Fratelli, noi vi sacriamo le nostre giornate, prolungandole colle veglie serali, rischiarate, non già dal lume della lampada, bensì da quello dell’amore, in santa unione colle madri, colle spose, con tutta Italia, che con voi combatte e tende fiduciosa ad una nuova redenzione. Avanti, fratelli, avanti: voi combattete col ferro, col fuoco; noi col lavoro e colla preghiera. Queste parole si leggevano in un piccolo foglio, scritto in Braille, che vaga come lucQiola a recare un po’ di lume ai ciechi di diversa regione. Intanto nell’Istituto di Milano si sferruzzava attivamente lavorando calze di lana per i soldati. Due generose signore offrirono la lana; le cieche offrirono l’opera volonterose. Quando ne furono pronte cento e dieci paia, il rettore prof. Stoppani si recò al fronte con il buon fardello e con altre provvidenze messe a disposine da altre mani benefiche, così da far pervenire direttamente nella zona di combattimento, il contributo gentile della fratellanza in sollievo e per la forza dei nostri soldati.

Anche lo Sealdaraneio Mentre le cieche lavoravano a far calze, i piccoli ciechi della Comunità maschile si sono dedicati allo scaldarancio. Fu questo un vero passatempo nel senso più nobile: il piacere del lavoro, la soddisfazione di dare il contributo alla guerra, il pensiero di fare qualche cosa per i fratelli soldati, tutto questo stimolava i Ciechi dell’Istituto a rotolare gli scaldarancio. Così le centinaia di rotoli ben fatti, ben rotolati dal tatto esperto, poi trasmessi alla sede del ricapito, hanno provato ancora una volta che il cieco può sempre essere utile, quando sia messo in condizioni di farlo.

Il lucignolo della madre

La più grande ed irreparabile delle sventure, che possa colpire sul campo della guerra, è la cecità. Plaudendo all’iniziativa e generosità di coloro che, con vero spirito di umanità, pensano a rendere, in tutti i modi, meno disastrosa questa terribile sciagura, io invito con un grido che viene dal profondo dell’animo di una madre, tutte le donne italiane, anche le più povere, perchè, pensando ai cari occhi che vi sono