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IL BUON CUORE 302


si rivela nel patire, ed abbisogna del patire come di nutrimento. S. Teresa era ispirata da questo istinto di patire quando, ancor ragazzina, tentò di passare in terre di infedeli per incontrarvi la morte dei martiri. Di ciò è ben detto nell’Inno della sua ufficiatura: Essa giammai si curò di sapere Che cosa avesse a fare la morte coll’amore, Ne mai seppe comprendere Perchè per dimostrare amore dovesse sparger sangue. Tuthivia, benchè incapace di spiegarsi. Essa.sà amare e morire:

Queste altezze, a dir vero, non saranno per noi, ma forse potremo imparare ad accettare per amore dell’Amore i patimenti che i Santi cercavano. Per opera delle sofferenze: noi veniamo messi in peculiare unione col patire di Nostro Signore e della sua Madre, il cui immacolato Cuore fu trapassato da sette spade. Noi ci troviamo sempre in stretto contatto con quelli di cui dividiamo la sorte. Di più, il patire è necessario, e perchè cresca la vita spirituale e perchè si compia una grande e nobile impresa. Dopo una/ pioggia di lacrime, vi appare un giardino di vaghi fiori e deliziosi frutti, che alla sua volta sarebbe arso dalla siccità. (Continua).

Trad. di L. Meregalli.

Edoardo Ferravilla

Edoardo Ferravilla, il classico umorista, che ha lasciato una traccia impèritura nella storia dell’arte comica dialettale milanese, ha compiuto alcuni atti nell’ultimo periodo della sua vita, pei quali merita che:;e ne faccia un cenno di lodevole ricordo nel Buon Cuore. L’arte di Ferravilla, arte eminentemente popolare, latta per solleticare specialmente le masse, si svolgeva su un terreno abbastanza scabro e pericoloso: era facile lo sdrucciolare dal ridicolo nell’equivoco e nello:;conveniente: tanto più col fatale esempio di tante pochades che infestano le scene del teatro comico italiano: le tendenze del teatro di Ferravilla non furono mai inclinate da quella parte: gli saranno sfuggite delle frasi non del tutto corrette, ma la produzione nell’assieme non lo era mai: faceva ridere, ma non:scandalizzava, e mi ricordo che si ebbe quasi a male guardo, venuto una volta a recitare nel salone dell’Itituto dei Ciechi, io, scherzosamente, mi permisi di icordargli, di non dimenticare che recitava in un isti tuto d’istruzione e di educazione. Due atti meritano di essere ricordati al pubblico. due atti di buon esempio che risvegliano a un tempo la stima dei galantuomini e dei credenti: regolarizzò i rapporti di famiglia, Col dimandare la benedizione reI;giosa sul suo matrimonio, chiese e ricevette i -,acramenti ultimi della Chiesa.

Vivamente riconoscente alla benevola attenzione usatagli dall’Arcivescovo nel visitarlo più di una volta nella sua malattia, gli lasciò un legato di L. 10.000, perchè l’Arcivescovo le distribuisse, come.meglio credeva, ai poveri. Questi atti non possono non aver lasciato una favorevole impressione nella cittadinanza milanese, gioviale ma anche profondamente religiosa. Ferravilla ha rallegrato Milano col suo umorismo in vita, gli ha fatto bene col suo buon esempio in morte. L. V.

Don Luigi Guanella

E’ morto don Luigi Guanella. Chi non lo conosceva? chi, almeno, non ne aveva udito il nome? Il compianto per la sua morte fu universale. E’ detto tutto col dire: Fu un uomo di bene, che ha fatto il bene unicamente pel bene. Non cercò mai nulla per sè, tutto per gli altri. E questi altri erano semplicemente i bisognosi di tutte le specie, i rifiuti delle altre instituzioni: per essere accettati da lui non si richiedevano procedure burocratiche che pure sono indispensabili nell’andamento normale della società: un titolo solo era necessario per essere accettato da lui: trovarsi in bisogno. Egli cominciò dal poco ma progredì sempre, Frogredì in mezzo a rinascenti ostacoli, fra l’opposizione anche delle persone buone, che non sapevano sempre approvare I suoi metodi, sproporzionati tra i mezzi ed il fine: aveva fatto proprio il detto di San Paolo: insta opportune, importune: bastava die una causa fosse buona, perchè egli l’abbracciasse. Se i mezzi non c’erano al presente, sarebbero venuti domani: quelli stessi che lo censuravano, diventavano il suo aiuto, i suoi fautori, quando vedevano che non aiutato sarebbe affogato. Il segreto dei suoi risultati era la sua fede semplice, assoluta nella Provvidenza: la Provvidenza non era per lui una parola convenzionale, ma speranza viva, non era sola speranza: era una certezza tangibile: la cosa era fatta per Dio? Dio doveva pensarci, e Dio ci pensava. Egli viveva in un’atmosfera sopranaturale. E’ la caCottolengo, ratteristica di altri santi contemporanei D. Bosco. Anzi con D. Bosco passò alcuni anni della sua vita, e nel contatto della persona ne contrasse lo spirito, e collo spirito la propaganda delle opere ed in proporzione limitata anche i trionfi. Quanto ha fatto in un tempo relativamente breve! Ha aperto case a Como, a Milano, nel Veneto, nel Canton Ticino, a Roma, in America: nessuno sapeva dir di no ad una persona che si presentava senza nessuna pretesa, ma con insistenza, senza tener calcolo dei rifiuti come se non esistessero: aveva cominciato col sentire un no, finiva col sentire un sì. Ebbe, ad opera progredita, l’approvazione e l’appoggio delle più alte autorità nella Chiesa, dell’Arcivescovo, del Papa: i suoi funerali, celebrat’si a Co