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298 IL BUON CUORE


sia venuto a mendicare il riposo alla porta di un convento, e dopo tre mesi vissuti tra un popolo solo di armati, giunto in mezzo ad una società prodiga di benevolenze e di applausi, mi sia seppellito tra quattro mura di una cella. Il cuore dell’uomo è pieno sempre di mistero: io mi sono trovato qui spinto da una mano amorevole, la quale in tante necessità della vita io sento sopra di me. Essa ha guidato più volte i passi della mia giovinezza incauta. lo l’ho sempre sperimentata tanto buona con me come il consiglio di un buon angelo e mi lascio da, essa condurre con grande ingenuità. Venni dunque quaggiù come portato di peso da un telegramma di mio fratello: «Domenica sarò ad.... voglio ad ogni costo vederti». L’incontro fu senza parole: ci buttammo l’uno nelle braccia dell’altro, ci baciammo in fronte. Io non conobbi altro amore che quello che unisce due intelligenze, due volontà: ma il vincolo dei sangue per il, quale si ama con tutto noi stessi, coll’anima e col cuore, io l’ho provato solo in quell’abbraccio appassionato. In quell’incontro si ricostituì tutta la vita di famiglia. Quanta allegria in quella sala d’albergo dov’era imbandita una tavola tra amici! Si sarebbe detto che l’aria pura e cordiale dei nostri monti, del caro lago, si respirava là dentro. Qualche volta io ero, serio e potevo sembrare preoccupato: ma quelli erano i momenti di una gioia più intensa. Guardavo mio fratello con grande affetto, senza dire parola, studiandone ogni gesto e cercando nel suo volto la fisionomia dei miei più cari. Mio fratello se ne andò ed io mi trovai solo, come una goccia d’acqua presso il mare in mezzo al chiasso ed ai commerci della città, triste tra l’allegria pazza di tanta gente, come un orfanello senza tetto. Mi aveva preso una nostalgia profonda del reggimento, della vita di trincea ed ogni istante di lontananza st-mbravami macchiato da un’onta di viltà. Di ritorno dalla stazione passai per caso vicino ad un convento. Mi balenò un’idea: «Perchè non mi chiudo li dentro pei pochi giorni che ancora mi restano di rimanere qui?...), Il fiore caduto, ravvisò lo stelo: il chiostro. Unacasa senza focolare dove non c’è che silenzio, dove la solitudine mi accoglierà tra le braccia apportatrici di gaudio e di quiete, dove rivedrò tutto il mio passato di amori, di gioie, di affanni! Non rimpiangermi, Italo mio! Felice chi non si è lasciato deviare all’alba della sua vita e ritornando dopo un difficile cammino ravvisa ancora il tetto paterno e ritrova sulla porta di casa la dolce figura del maestro benedicente, che lo ha mandato. Esso ha un bacio per ogni piaga del nostro cuore, nuove energie per chi ha faticato tanto. Un giovane tenente, mio buon amico, venne fino sulla soglia del ritiro e baciandomi colle lagrime agli occhi mi disse: «Misero me, che fuori ne rimango

Così lontano; come i più lontani! Alla porta che s’apre alzo le mani Ma tu sai ch’io.... non posto entrarvi più.» (Pascoli). Quale schianto in quell’addio! Quanto è triste la nostalgia della fede per chi soffre e non ha più la forza di abbracciarla. Nel mio cantuccio silenzioso e romito, quando guardo entro il mio cuore, io vivo del mio passato. Domani rimetterò il piumetto da bersagliere, che ora fa il broncio sopra una scranna, e ritornerò lassù tra i monti della guerra. Forte di nuove energie, rivedrò con entusiasmo il mio posto di combattimento. Sì: ritorniamo dove sono quelli che combattono ed amo. Italo, addio.

        11 settembre 1915.
                       Sacerdote Edoardo Gilardi
                  Cappellano.... Regg. Bersaglieri


Religione


Domenica seconda dopo la dedicazione

Testo del Vangelo.

I Farisei ritiratisi, tennero consiglio per cogliere Gesù in parole. E mandarono da lui i loro discepoli con degli’ Erodiani, i quali dissero: Maestro, noi sappiamo che tu sei verace, e insegni la via di Dio secondo la verità, senza badare a chicchessia; imperocchè non guardi in faccia agli uomini. Dinne dunqiie il tuo parere: E’ egli lecito, o no, di pagare il tributo a Cesare? Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, disse: Ipocriti, perchè mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo. Ed essi gli presentarono un denaro. E Gesù disse loro: Di chi è questa immagine e questa iscrizione? Gli risposero: Di Cesare. Allora egli disse loro: Rendete dunque a Cesare vivi che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio. (S. GIOVANNI Cap. 22).

Pensieri. Questo Vangelo termina con una frase che ha mutato la faccia del mondo, iniziando nel mondo un ordine di cose affatto diverso di quello che esisteva prima, e che sarebbe continuato, con vicende diverse, nel seguito dei secoli: Date a Cesare quello che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio. Con queste parole Cristo afferma l’esistenza dí due società, di natura e uffici diversi, la società civile e la società religiosa. L’argomento fecondo delle più gravi conseguenze pratiche, interessante in tutti i tempi, lo è maggiormente nel nostro.

Date a Cesare quello che è di Cesare. Con questa frase Cristo afferma l’esistenza di una società diver