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Anno XIV. 30 Ottobre 1915. Num. 44.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Oasi di pace tra il fragor della guerra.
Religione. —Vangelo della domenica seconda dopo la dedicazione.

L’assassini de Miss Cavel (Poesia). — Libriccino confortatore in tempo di

guerra (continuazione v. num. 43). — Necrologie Edoardo Ferravilla e Don Luigi Guanella. — Le cieche fanno calze per i soldati. — Lo scaldarancio — Il lucignolo della madre. — Scarso profitto a certe lezioni.
Notiziario. —Necrologio settimanale. — Diario.


Educazione ed Istruzione


Oasi di pace

tra il fragor della guerra


Sul periodico La nostra bandiera di Udine leggiamo una bellissima lettera che il carissimo amico e concittadino Don. Edoardo Gilardi, Cappellano del glorioso.... Bersaglieri, recatosi in quella città per qualche giorno, ha indirizzato ad un amico appartenente alla redazione di quel giornale cattolico.

Per chi non lo sapesse Don Edoardo, oltrechè ottimo sacerdote e valoroso soldato, è anche appassionato letterato e poeta ed i suoi più intimi sentimenti li sa esporre, come in questa lettera, in modo veramente efficace e suggestivo.

Riteniamo perciò di far cosa grata ai lettori riproducendo la lettera di don Gilardi, lettera leggendo la quale, i giovani specialmente impareranno dove siano veramente pace e conforto.

....Oh la cameretta, dalle pareti candide, poverissima, ma decorosa, con l’ampia finestra che s’apre verso la catena cerulea dell’Alpi lontane!... I monti della guerra, ch’io corro avidamente collo sguardo nel loro massiccio di vette e di valli, di candori e di verdi cupi, di luci e di tenebre, come la visione affascinante di una giovinezza avventurosa.

Ho voluto solo il necessario qui dentro; niente che richiami la vita di battaglia, perchè il turbinio di idee e di ricordi che mi frulla nel capo, non alimentato, si spenga nel silenzio pacifico del chiostro e l’animo si abbandoni nella solitudine come in un sonno profondo, sereno delle cose passate.

Ma quanto è civettuola ed ammaliatrice quella finestra! Ogni volta che l’occhio vi si rivolge per affissarsi nella luce immensa del cielo, cercando il dolce smarrimento di noi stessi nella purezza dell’infinito, essa diventa un gran porto da dove i ricordi di Monte Nero, di Merzli, Slime, Plezzo, si precipitano disordinatamente per mettere lo scompiglio in questa cara solitudine.

Allora mi cruccio come di una tentazione e limito il mio mondo di vita alla periferia dello scrittoio dove ho qualche libro, un crocefisso in legno, pochi fogli bianchi, avidi di impressioni come anime ingenue, che sembrano ammonire: Medita e scrivi!...

Medita! E che forse tutto il mio essere in questi mesi di lotta, di una vita intensamente vissuta in ogni istante, non si è mai rivolto su sè stesso, cercando nella folla delle nuove vicende il pane per la propria educazione morale?

Caro Italo: in me è avvenuto un mutamento strano, pieno di mistero. Appena qui dentro mi sono sentito strappare d’un tratto una personalità, la quale non so come io ho assunta e sono insensibilmente ritornato il pacifico abitatore del collegio, colle medesime abitudini di quando mi vedevi aggirarmi al suono della campanella, tra i colonnati del palazzo di corso Venezia. La guerra si fa sempre più lontana dall’animo mio ed io ridivento l’antico fanciullone il quale in ogni azione ha bisogno di essere condotto per mano dall’orario.

Domani rientrando alla vita di avamposti io rivestirò inconsciamente la mia forma tipica di bersagliere: irrequieto, non curante del pericolo, cupido di novità, disinvolto e spensierato, bramoso della lotta come di una avventura avidamente sognata che assorbe tutte le energie della mia giovinezza.

Oggi invece sarò l’essere che si riforma, che prepara se stesso nel silenzio, come un attore tra le quinte, ad un domani previsto burrascoso, nei quali sentirà d’avere bisogno di tutte quelle risorse morali che ora sembrano latenti, assopite da un colasso, ma che invece nella pace e nella preghiera riempiono i propri vuoti e si rifanno degli esaurimenti.

Ma tu, Italo mio, sei curioso di sapere perché io