Pagina:Il buon cuore - Anno XIV, n. 43 - 23 ottobre 1915.pdf/5


IL BUON CUORE 293


benefici che noi possiamo aver fatti a’ nostri offensori potranno mai anche in piccola proporzione paragonarsi, e nel numero e nella qualità, ai benefici che Dio la accordati a noi? Questa gioia cerchiamo noi di procurarcela? abbiamo noi perdonato i debiti al nostro prossimo? debiti sempre piccoli in faccia ai debiti grandi a noi perdonati da Dio?... Ah, quanto l’uomo è infelice! quanto l’uomo si condanna ad essere meschino quando potrebbe essere grande, quanto l’uomo si condanna ad essere uomo, colle sue piccinerie, colle sue bizze, coi suoi astii, quando l’uomo potrebbe essere simile a Dio, a Dio nella sua superiorità, nella sua bontà! Partito di lì il servo, trovò uno dei suoi conservi, che gli doveva cento denari, e presolo per la gola lo strozzava dicendogli: Pagami quello che devi! E il conservo prostrato a’ suoi piedi lo supplicava dicendo: abbi meco pazienza, e ti soddisferò interamente. Ma quegli non volle, e andò a farlo mettere in prigione, fino a tanto che l’avesse soddisfatto. Cento denari! E’ un’inezia di fronte ai dieci mila talenti che il servo doveva al suo padrone, e che il padrone generosamente gli aveva perdonato. Caldo, caldo ancora, del grande beneficio che aveva ricevuto, oh come gli si doveva presentare naturale di fare al suo conservo quello che era stato fatto a lui! Quello che dava era immensamente meno di quello che aveva ricevuto. E non lo dà! E il conservo gli ripete la stessa parola, la stessa preghiera, che egli poco tempo prima aveva fatta al suo padrone: il dolore, lo spavento, che avrebbe provato, se il padrone non gli avesse perdonato, non doveva fargli comprendere, sentire, il dolore, il peso, che, col non perdonare, recava al suo compagno, e indurlo quindi a partecipare agli altri un po’ di quella gioia che aveva provato presso di sè? E’ una condotta che ripugna; è una condotta che rivolta contro di sè tutte le nobili disposizioni di un animo bennato e gentile... Beneficato sì tanto, generoso sì poco! Non è questo il caso che si è verificato tante volte, tutte le volte che voi non voleste perdonare le offese al vostro prossimo? non è un caso che forse si avvera anche al presente?... E son forse inezie, piccoli puntigli, animosità meschine... E ci sta di sopra il pon do delle grandi misericordie che Dio ha usato con noi, quelle misericordie delle quali tutti i momenti abbiamo e avremo bisogno!

  • * *

Questa condotta è troppo indegna perchè non risvegli la riprovazione di chi viene a conoscerla, la riprovazione degli uomini, la riprovazione di Dio. Gli altri conservi veduto tal fatto, grandemente se ne rattristarono, e andarono e riferirono al padrone tutto quello che era avvenuto. Questo atto è un atto di giusto sdegno e di carità. Lo sdegno poteva anche reprimersi, e tenersi chiuso nel proprio cuore: ma vi

è di mezzo un infelice, un infelice trattato coi modi più duri e villani, e cacciato in fondo ad una prigione. In questi casi la delazione è acconsentita, la delazione è un dovere. Col non usare carità, il servo crudele obbliga gli altri a non usare carità verso di lui. Il castigo è immancabile, è fulmineo. Saputo ciò il padrone richiamò a sè il servo, e gli disse: servo iniquo, io ti ho condonato tutto quel debito, perchè ti sei a me raccomandato. Non dovevi anche tu aver pietà di un tuo conservo, come io ho avuto pietà di te? E sdegnato lo diede in mano ai carnefici, fino a tanto che avesse pagato il suo debito. Il padrone è immagine di Dio. Può Dio far rivivere i peccati, già perdonati, come non fossero stati perdonati? No; i peccati perdonati una volta, sono perdonati per sempre. Questa nuova condanna è prodotta dal debito che il servo crudele ha fatto di nuovo col suo peccato di crudeltà: la condanna di Dio contro il peccatore è provocata non da un peccato piuttosto che da un altro; è provocata dal peccato in genere; è provocata dallo stato nel quale l’anima si è messa di nuovo, tornando peccatrice: era peccatrice prima, è peccatrice dopo; la condanna non può mancare. Un ferito a morte è medicato e guarito dalle sue ferite. Se dopo guarito, si procura un’altra ferita mortale, la guarigione della prima ferita non impedisce che non abbia a morire per la ferita posteriore.

  • * *

Qual’è il castigo? Un castigo eterno. Se l’uscir di prigione è alla condizione di pagare il debito, come mai il condannato potrà procurarsi i mezzi di pagare il debito stando in prigione? Non potendo pagare il debito mai, resterà in prigione sempre. E’ la dottrina cattolica intorno alla riprovazione eterna dei poveri dannati. Chi fu condannato all’inferno non può più uscirne, perchè non può più procurarsi la grazia di Dio, che è la condizione indispensabile per ottenere il perdono della colpa. Non può esserci più libertà dove non c’è più redenzione. Quale terribile conseguenza! Nella stessa guisa farà con voi il mio Padre celeste, se ciascheduno di voi non perdonerà di cuore al proprio fratello. Chi non perdona le offese ricevute sa quindi con dolorosa certezza qual destino lo attende: Ed il perdono non deve essere un perdono di apparenza, di etichetta, un perdono che appaghi solo le esterne esigenze sociali, che hd il sorriso in faccia, la censura dietro le spalle; no: deve essere il perdono sincero, il perdono intimo, il perdono del cuore, il perdono non fatto credere agli altri, ma il perdono sentito da noi. Qual bellezza morale se il precetto di Cristo venisse apprezzato, adempito sempre da tutti! Il male non solo sarebbe mutato in bene; le offese altrui diventerebbero occasione di una nobile, di una bella, di una generosa azione da parte nostra. Non negatevi questa compiacenza: la coscienza esulta, Dio vi bacia! L. V.