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282 IL BUON CUORE


Wossler, lo stato di anima escatologico, che potrà deviare nell’eresia — si sa che da Gioacchino da F., uscì il movimento eretico degli Jachimiti — ma che col fatidico nome di «Evangelium aeternum» (con questo nome furono ristampate le opere di Gioacchino a Parigi, nel 1254) pretese nientemeno che di colmare una lacuna lasciata dalla dogmatica.3attolica. Dante stesso, che converse tutti gli sforzi del poderoso genio alla resurrezione degli antichi spiriti magnanimi.e con implacabile fierezza bollò la degenerazione de’ suoi tempi, nel De Monarchia sospira al raggiungimento «della pace e della giustizia», le due parole che più frequentemente ricorrono nella.sta opera; e per il raggiungimento della pace di quaggiù indica, panacea infallibile, la distinzione e l’indivisibilità dei due poteri, lo spirituale ed il temporale. Ma venne il tempo in, cui i (ktheologica documenta» consigliati, da Dante, ’furono ripudiati: al concetto di Dio, che si pretendeva non aver fatto sufficiente. prova di sè, fu sostituita quella di Natura., Pure, tra l’incessante creazione, di. nuovi valori e la sconfinava fiducia+in-sè stessi, l’ideale di pace non si smarrì, fu più chiesta a Diala.pace,"rna. alla ragione; non più con le, paline..congiunte• alla preghiera, ma cont’occhio -profondamente,immoto sulla corrente delle vite umane:-fu,-chi-esta.non più dai mistici, ma dagli Utopistir-o, come disse Ch. Renouvier,. dagli licronisti. platonichesperanze di T. Moro! e. gl’insistenti squilli (della campana, del- filosofo calabrese! e tutte: le fantastiche ricostruzioni. dell’età dell’oro, accarezzate conia, folliadei fanciulli! Ma l’ideale dellalpace, come sogno più strettamente politico, fu maggiormente vagheggiato dall’età moderna. Ladotta opera del Del Vecchio «Sulla guerra e Fidealedella pace attraverso gli ultimi: secoli nel. movimento filosofico.e politico dell’Europa moderna», Iumeggiacon.competenza tuffi, i tentativi fatti per raggiungere quello che purtroppo, e specialmente oggi, rimane sogno e non altro. Wittaire,. l’acerbo, e talvolta paradossale confutatore.dèll’ottirronismo di ricalcando le orme di B..de,-Saint-Pierre, prospettò la possibilità della soluzione arhitraledi tutti i.conflitti fra le nazioni e di un conseguente. stato di pace e d’armonia; a dir il vero, affrontando e superando secolari ostacoli con molta disinvoltura ma _con poca profondità, secondo il giudizio-che di sè stesso dice Sansone: «Je suis com.me les petits ruisseaux; ils sont transparents parce qu’il sont peu profonds». Hant fece qualcosa di, più. Tenace idolatra della ragione e ricostruttore vigoroso con essa di tutto quello ohe alla ragione fu possibile, nell’opera del 1795: (e Perla pace perpetua: progetto filosofico» afferma, con la,lede di un uomo senza dubbi, che la pace internazionale non è uno stato immaginario e che la Natura condurrà gli uomini a realizzarla in Europa. Ma H filosofo di Konisberg è poi scettico dinanzi al decantato.mezzo dell’equilibrio, delle potenze, la seducente utopia che egli paragona alla casa di cui parla lo

Swift, che, scrupolosamente rispondente alle regole della statica, crolla quando un passero va a posarsele sopra. «Non l’equilibrio delle Potenze — dice Hant — ma la moralizzazione della vita internazionale». Colui che entro i limiti della sola ragione aveva preteso di costruire una religione, si fa ancora una volta paladino della sua idea onnipotente. «Dichiarate la superiorità della morale sulla politica — dice ai reggitori delle nazioni — e la pace vi sarà data come un soprapiù». Così l’idealismo aprioristico di Hant si apre qua e là a soffi di evangelica bontà per finire poi ineluttabilmente in sterili e gratuite affermazioni. Oggi? oggi il dilettantismo filosofico e letterario, le utopistiche discussioni ordite senza fiducia e svolte senza successo tacciono stupite: oggi il palazzo dell’Aja, snebbiato dai sogni, guarda con ironia alla bufera immane, e romba dell’urlo delle sirene infrante sul mare, e accoglie l’eco dolorosa dei feriti sui campi. Noi non discuteremo su questa bufera nè condanneremo queste utopie; ma lasceremo passare il lungo inconsolabile _corteo_ di mamme, di spose e di sorelle vestite a lutto. A che dunque sono giunti gli arditi voli del nuovo secolo? Ancora spiccherà il suo volo la canzone del Petrarca, e varcando i confini d’Italia si cimenterà attorno alle grandi capitali? Canzone, io t’ammonisco che tua ragion cortesemente dica: proverai tua ventura fra magnanimi pochi a chi ’I ben piace. Di lor; chi m’assecura? l’vo gridando pace, pace, pace. Forse la nostra età non si dibatte ancora tra gli angosciosi contrasti dell’anima medievale? sui sereni paesaggi che Rubens amò e Rembrand innondò di luce, apparve forse la torva faccia gialla del Duca d’Alba? e sulle verdi colline abitate dai bardi è tornata a fremere la tempesta che urlò un giorno su re Lear? e sulle candide visioni di A. Durer, e per le sacre onde del Reno è sceso il furor d’Odino? o sulle steppe di Russia, percorse un giorno dal. cavallo di Petofi, dal canto melanconico di Gogol e dalle generose concitazioni della poesia di. Dolstojevscki, si è rizzata, lorda di sangue, la spietata figura di Boris Godunof? tra le fronde della foresta che Horolenko ascoltava estatico, si scaglia forse la nemesi storica della morta Polonia? Come fosche ed assettate di sangue si alzano sull’orizzonte le ombre dei Jagelloni, e sotto le celate di ferro i volti di Sobiescky e di Cosciuszcho! e come è insistente, tra gli stridii dell’aquila bianca e il bagliore del notturno incendio di Varsavia, la preghiera del pellegrino polacco: a O Signore onnipotente, lasciaci ancor pregare, come gli avi nostri, sui campi di battaglia, con l’arme in pugno innanzi ad un altare composto di tamburi e di cannoni, sotto un baldacchino formato dalle nostre aquile e dai nostri stendardi» Cadenzato come il singulto di un salmo passa il not