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IL BUON CUORE 275


zione della vita; fu sempre il desiderio di prolungare questo grande mistero dell’esistenza, cercando la vita nell’uomo e fuori dell’uomo, nel dolore e nel piacere, in tutto quello che potesse rappresentare il riflesso o farne godere la sensazione. Ora attraverso a nessun periodo storico, questo sentimento della vita fu mai tanto profondamente agitato; e raramente la storia dell’umanità ci ha presentata l’indagine dell’uomo così fatta acuta, incessante e penetrante nel fitto intrico, delle leggi intime delle sensazioni nostre come essa si trova nel momento storico nostro. Prima che la bufera fosse scatenata, noi avevamo già rilevati largamente questi atteggiamenti dello spirito e per conseguenza dell’arte. Non si cercava di essere sintetici: si voleva essere analitici. E poichè l’analisi è squisito diletto dei privilegiati, noi avevamo constatata la mancanza di un affiatamento fra gli artisti ed il grande pubblico. A quest’ultimo si concedeva l’industrialismo artistico, il commercio volgare, dalla pochade al cinematografo. L’arte vera e severa si faceva sempre più aristocratica, ma anche sempre più analiticamente profonda. Dal realismo, che cercava nel documento umano la base scientifica della ricerca delle leggi del;Macere e del dolore, e cioè della vita, si passava ad un simbolismo, che voleva tentare di cogliere queste leggi, e sorprenderle non più nell’individuo isolato, ma nelle analogie fra specie e specie di esseri, per ampliare la veduta e il campo dello studio. E da questo simbolismo si passava con tendenza evidente, allo spiritualismo, e cioè alla espressione di sentimenti che non erano più ritenuti espressione della materia, ma tendenze dello spirito. La poesia ritornava, non più sotto velami semplicemente formali, e con sti’izzazioni stucchevoli, ma co-, me bellezza intima di cose, a spiegare agli uomini il sorriso dell’esistenza. Precipitò la guerra, si scatenò il turbine, fu la distruzione violenta. E dopo? Dopo la guerra — e sia presto -- l’arte ripiglierà senza dubbio il suo corso, per forza e solo apparentemente interrotto. Ma lo ripiglierà con fervore rinnovato e con preparazione assai più profonda in mezzo ad una assai più larga massa di pubblico. E l’arte sarà la proclamatrice della pace, della serenità, della gioia, della vita. La Provvidenza ha fatto l’uomo facile all’oblio; le leggi sacre della natura perciò avranno la loro esplicazione, che a qualcuno parrà anche cinica e crudele. Si rimpiangeranno le migliaia e migliaia di vittime, si avrà terrore anche solo a ricordare il passato, come si ha terrore dopo la burrasca nel ricordare l’urto dei cavalloni e l’aspetto spaArentoso del mare e del cielo, ma l’anima tenderà ad una riposata calma; e dal dolore della morte si volgerà anche verso la gaiezza della vita. Fu così sempre nella storia dei popoli. Ricordiamo Virgilio, che tenta l’agreste camena, pur ricordando le guerre recenti: Tityre, tu patulae recubans sub tegtnine fagi,

Silvestrem tenui musam meditaris avena;. Nos patriae fines et dulcia linquimus arva, Nos patriam fugimus; tu, Tityre, lentus in umbra Formosam resonare doces Amaryllida silvas. Questo strano e pur logico contrasto si rinnoverà ai tempi nostri. L’arte nuova sarà l’espressione di chi è stanco d’affanni e cerca la cerulea immensità dei cieli; di chi fuor dal pelago dell’odio sospira alla bontà, alla carità, all’amore. L’arte si serve del Passato per esprimere l’avvenire; e noi vedremo come da questo torbido passato recente l’arte uscirà portandosi seco quanto ha potuto trovare di bello e di sacro. Contro la prepotenza degli uomini, contro le affermazioni tragiche della forza brutale, essa proclamerà il trionfo del diritto e del giusto, e forse esalterà il senso del divino, che troverà risvegliato nei cuori, e che matura oggi fra lo spavento e le lagrime, per arrecare domani consolazioni segrete e soavi. E troverà più largamente il pubblico pronto a cercarlo, a volerlo, ad accoglierlo, in tutta la sua forza di vita interiore. Perchè l’uragano che passa, distrugge molte utopie, molte superbie, molti sforzi di titani contro il Cielo. Si vede oggi e si rileva che non baessano leggi umane a tenere a freno i popoli con qualunque reggimento essi vivano. La necessità d’una legge che sia data agli uomini per grazia di Dio comincia a far brec-Aa sul consenso comune. La fratellanza di tutti, scomparsa d’un tratto, al primo rombo del cannone, si sentirà rinsaldata quando tutti i fratelli sentiranno la legge di un Padre che sta nei cieli.

L’arte sarà più largamente sentita in mezzo al pubblico anche perchè corrisponderà più direttamente ad un bisogno universale: la liberazione dell’incubo odierno che preme sopra di tutti, farà sì che tutti sentiranno più fortemente, più psicologicamente, più sottilmente la vita in quella sua più raffinata espressione. Restiamo in questo convincimento e auguriamoci che non sia un sogno ma che lo condividano tutti quelli che nel segreto maturano attualmente con dolorosa aspirazione e aspettazione la vita dello spirito per il domani. Abbiamo avuto nell’ultimo decennio uno stato di preparazione attiva delle intelligenze. L’Italia nostra pareva non producesse più grandi lavori, e gli artisti vecchi scomparivano, e i nuovi si annunciavano molto timidamente e con molti segni di incertezza. In vece di creare si è nell’ultimo decennio studiato. Abbiamo seguito con viva compiacenza l’affannosa ricerca di opere antiche, lo sforzo erudito di conoscere meglio la storia delle nostre glorie meno conosciute. Certi secoli prima disprezzati, e nei quali pure erano più vivi più sinceri i germi della nostra arte italiana, furono amorosamente fatti rivivere nella loro vera espressione di vita nazionale. Il problema economico troverà una momentanea sosta nella sua evoluzione, perchè la mano d’opera avrà più facile collocamento, e la patria nostra potrà