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204 IL BUON CUORE


essere una sventura, era molte volte considerata come un giusto castigo un effetto di colpa. Nel rapporto spiritraie la lebbra immagine del peccato. Il peccato è la lebbra dell’anima, e produce sull’anima le stesse conseguenze della lebbra sul corpo. Il peccato deforma l’anima; il peccato rapisce all’anima tutta la belle7aa che nasce dal possesso della grazia di Dio, rapisce all’anima tutte le virtù teologali e morali, e la riveste di tutte quelle anormalità che sono le colpe, di tutte- le specie, invidia, odio, superbia, disonestà, men ’gna, tanto cl--e l’occhio di Dio, e anche quello dell’uomo, illuminato dalla fede. guardando al peccatore, prova un sens,,di sgomento, di orrore. Il peccato, come la lebbra, è contagioso, pel cattivo esempio che si nropaga tutto all’intorno; un sol peccatore, colle massime della sua incredulità, collo scandalo dei cattivi’ discorsi, dei costumi disonesti, può corompere una famiglia, una intera comunità, un borgo, una cit+3. Arrivano dei momenti, in cui il contagio è fatto cosi generale, che il risanamento della società, non può avvenire che per uno di quei cataclismi sociali, che sz chiamano rivoluzioni, che spazzano via tutta una intera società, non più capace di vivere, perché ha e,aut:te tutte le energie, tutte le forze morali della vita. Il peccato isola il peccatore dalla società dei fedeli, ma nel senso pubblico e palese, ma nel senso spirituale, nel senso cioè che il peccatore non può più partecipare ai, beni spirituali che arricchiscono la vita interna della Chiesa, i meriti della virtù dei buoni, i meriti del sacrificio di Criato pur in mezzo alla vita comune dei fedeli, il peccatore è in un deserto, perché vive in mezzo di loro, senza vivere della loro vita. Vi ha una sola differenza,tra il lebbroso e il peccatore: il lebbroso sen`e tutto l’ornoi e, il peso della sua condizione; desidera di uscirne, e non tralascia mezzi perché il suo facile ostracismo dalla società abbia termine. Potersi presentare ai sacerdoti, per udire da essi; a ciò incaricati dalle prescrizioni della legge, la parola del proscioglimento, era per essi il giaorno più altamente felice, i1 giorno della libertà. Il peccatore invece spesso nel suo peccato, non solo non cerca di uscirne, ma vi si sprofonda maggiormente. Il sacerdote, al quale dovrebbe rivolgersi per ottenere la salute, egli lo riguarda con occhio sinistro come un peso, un incubo, tìn nemico più da fuggire che da avvicinare.

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Che cosa hanno fatto i lebbrosi appena seppero che Gesù, il profeta di Nazareth, che tante guarigioni aveva già compiuto nella Giudea e nella Galilea, veniva a passare vicino alle regioni deserte nelle quali erano stati confinati? Si levano in gruppo, corrono verso lui, e tenendosi a rispettosa distanza, umilmente e instantemente pregano: Maestro, Gestì abbi pietà di noi!

Cristo si commuove alla preghiera dei lebbrosi; il loro stato miserando dà maggiore efficacia alla

preghiera stessa: andate, dice loro, andate e fatevi vedere dai sacerdoti. Era prescrizione della legge che un lebbroso, quando pure si credesse guarito, non potesse rilasciare a sè pitente netta di guarigione ottenuta: nessuno è giudice imparziale in causa propria; si crede così facilmente ciò che si dt;sidera! Poteva benissimo avvenire che un lebbroso, credendosi guarito, non lo fosse, e reduce in famiglia, in mezzo alla società, riappiccasse, diffondesse quel morbo, che aveva reso necessario il suo precedente allontanamento. Cristo non poteva dispensarli da questa prescrizione legale? Non poteva guarirli direttamente, e dichiararli prosciolti da ogni male? Lo poteva, ma non lo ha fatto. Non lo ha fatto perchè, superiore ad ogni legge, non voleva che alcuno, prendendo pretesto dal suo esempio, non adempisse le leggi comuni esistenti. Non lo ha fatto perchè, sebbene censore del modo col quale i sacerdoti compievano i loro uffici, rispettava il loro carattere, la loro autorità, la loro missione, e voleva che il suo rispetto fosse norma del rispetto degli altri. Non lo ha fatto perché entrava nell’ordine generale della provvidenza divina, che tutti i benefici spirituali da Dio fossero comunicati agli uomini per mezzo degli uomini, stabilendo quell’esercizio di carità, di solidarietà, che tanto avvicina e onora gli uomini fra di loro, e tanto piace a Dio; quasi immagine sulla terra di quella unione che formerà la gioia più bella delle anime in cielo. Non lo ha fatto finalmente perché la condizione di presentarsi ai sacerdoti per essere dichiarati liberi dalla lebbra, doveva essere immagine di ciò che sarebbe stato imposto nella sua Chiesa, pel prosciogli(mento della colpa, la lebbra spirituale. La sicurezza (della remissione dei peccati l’uomo non può averla che per la parola e l’attestazione. del sacerdote. Da Dio o dagli uomini? Ha rivolto a sè questa domanda uno spirito scrutatore dei problemi religiosi. La grazia di Dio, la vita dell’anima, il progresso intimo d’ella coscienza del bene, è funzione che si compie direttamente tra l’anima e Dio, e perché nasca, si alimenti, si compia, è necessaria l’opera intermediaria del sacerdote? E risponde propendendo più a ritenere che la rigenerazione interna della coscienza, il progresso spirituale sia operazione diretta dell’anima con Dio, e non sia subordinata al ministero esterno del sacerdote. Il filosofo e il teologo non fu in questo caso nè abbastanza teologo nè abbastanza filosofo. Dal fatto che l’azione interna e diretta dell’anima con Dio è necessaria, è anzi ciò che costituisce la vera essenza della virtù, il vero progresso interiore dell’anima, non è lecito dedurre l’esclusione dell’azione ministeriale del sacerdote. Questa azione è pur necessaria, sebbene non la più necessaria, è necessaria sebbene non per esigenza assoluta; Dio, se avesse voluto, poteva benissimo eliminare questa azione; questa azione, anche compita con tutti i suoi elementi, non basta a