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IL BUON CUORE 197


nato nessuno dall’inferno, anzi che essere una prova che l’inferno non esiste, può esse:e una prova che afferma l’esistenza dell’infernò? Appunto perchè l’inferno esiste, ed esiste col suo carattere di eternità, chi vi entra più non ne esce; non è mai tornato nessuno, e nessuno più tornerà. Anche l’Epulone aveva sperato che mandando qualcuno ad avvertire i suoi fratelli superstiti che egli era all’inferno, i fratelli avrebbero creduto e avrebbero fatta migliore la loro vita. Il Vangelo dice che è un’illusione. Dio ha già dato agli uomini le ragioni del credere, nel fatto della divina rivelazione. Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino quelli. Noi, per credere, abbiamo qualche cosa-di più di Mosè e dei Profeti; abbiamo Cristo, abbiamo gli Apostoli, abbiamo la Chiesa. Chi non crede a questi argomenti, che hanno convertito il mondo, che bastarono a convincere le più alte e sottili intelligenze, si può ammettere che abbiano a credere dinnanzi ad altri argomenti, anche al ritorno di un morto? E’ facile supporre la risposta che darebbero gli scienziati: siamo dinnanzi ad una illusione dei sensi, ad una apparizione fantastica! E poi bisognerebbe che questa apparizione si ripetesse per ogni incredulo, perchè nessuno di essi crederebbe alle asserzioni di un altro. Ah, non tocca a noi imporre a Dio le condizioni colle quali solo vogliamo credere; basta che gli argomenti che ci ha dati Dio valgano a provare la verità delle dottrine della fede. Per trovare questi argomenti bisogna studiare? Studiamo. Bisogna riflettere? Riflettiamo. Studiare e riflettere è forse occupazione meno degna dell’uomo? E’ anzi occupazione noilissima fra le sue più nobili occupazioni. Il farlo è dovere, il farlo è grandezza. Guardate che, non credendo, ciò avvenga non perchè non vi siano le ragioni del credere, ma perchè non le conoscete; non perchè la religione manchi di verità e di chiarezza, ma perché poi, colla pretesa di una grande scienza, non siete, in questo punto, che le misere vittime della superficialità e dell’ignoranza I Verità sociale: ricchi e poveri vi saranno senipre; ma il ricco deve essere benefattore, moralmente e materialmente, il povero deve essere operoso e rassegnato. Verità morale: il ricco che, potendo, non beneficò nella vita presente, sarà punito nella vita futura; il povero che nella vita presente •soffrì rassegnato, nella vita futura sarà premiato. -;Verità dogmatica: l’esistenza del paradiso e dell’inferno è provata a un tempo dalla coscienza dell’uomo, dalla parola di Dio. L. V.

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On addio ai noster soldaa

Addio bei giovinotti, bei soldaa! Mi ve saludi cont’el coeur in fiamm; Invidi el vost coragg, la vostra etaa, Perchè sont vece e podi pu prestamm. Mi podi pu prestamm e l’è on pe-caa Perchè, podend, mi savaria ingegnamm A fa quell che ona volta già hoo faa Con la camisa rossa... menand gramm! Intendi di col pestò giò ben ben Sui maledetti crapp del gran crapon, Feroce impiccador, pien de velen. Se podi pu combatt, ve mandi almen La mia caldissima benedizion, Con l’auguri della vittoria in pien. FEDERICO BUSSI.


Una benemerenza di S. Luigi non rilevata

Passando sul fatto, che la società moderna, usa a giudicare e rilevare i valori della produzione umana alla stregua di criteri terreni — cioè in quanto una data produzione è di utilità sociale, presente, immediata. e tangibile — non conti i benefici morali e sopranaturali del monachismo; è imperdonabile lasciar travolgere in questo ingiusto trattamento tutta intiera la figura del Gonzaga. Se è colpa di ignoranza o di superficialità di giudizio, sarà atto onesto illuminare gli erranti perchè tocchi a ciascuno ciò che gli spetta. San Luigi Gonzaga, fuori di sagrestia, non solo non è valutato al suo merito, ma ritenuto anche per un carattere fiacco, egoista in gradò superlativo, per aver fuggito la lotta, ed essersi sottratto al dovere di portare il suo contributo materiale in bene della società. Ai facili detrattori del monachismo si potrebbe dare una risposta di esperienza personale, col sottoporli per una prova temporanea alla vita del chiostro; per essa prova vedrebbero subito che la dura disciplina monastica, intesa a spezzare tutte le mondane tendenze di libertà, di piacere, di gloria, di emancipazione, si spinge ben oltre un saggio di dilettanti e non può abbracciarsi assolutamente da caratteri deboli ed egoisti, ma vuole e ammette solo un ferreo proposito ed un eccezionale coraggio.