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IL BUON CUORE 195


di qua a voi, non può, nè da cotesto luogo tragittar fin qua. Egli gli disse: Io ti prego dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, imperocchè io ho cinque fratelli, perchè li averta di questo, twciocchè non vengano anch’essi questo luogo di tormenti. E Abramo gli disse: Eglino hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli. Ma disse egli: No, Padre Abramo, ma se alcuno morto ànderà ad essi, faranno penitenza. Ed egli gli disse: Se non ascoltano Mosè e i profeti, nemmeno se risuscitasse uno da morte non crederanno. S. LUCA. Cap. 16.

Pensieri.

Tre grandi verità sono ricordate nell’odierno Vangelo: una verità soci&", una verità Morale, una verità dogmatica.

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La verità’ sociale, che si potrebbe dire anche storica, è il fatto della esistenza simultanea e permanente nella società dei ricchi e dei poveri. Ricchi e poveri ci saranno sempre. E’ una delle utopie irrealizzabili del socialismo quella di credere che con leggi apposite, gli uomini si possono ridurre a condizione eguale tra loro. La natura e la volontà degli uomini ad un tempo si oppongono. Non è possibile l’uguaglianza della condizione, perchè non esiste l’uguaglianza della natura e non è possibile quella della volontà. Chi nasce sano e robusto, chi nasce malaticdio e debole; chi si conserva sano, chi cade ammalato, chi muore presto, chi muore tardi;,chi ha volontà audace e ferma, piena di iniziativa e di attività, chi ha volontà fiacca, piena di titubanze, vinta e spossata alla prima difficoltà.Questa doppia diversità di cause morali e fisiche determina una inevitabile e necessaria diversità di condizioni in mezzo gli uomini. Si supponga pure che un bel giorno, per effetto di una legge draconiana, universale, si dividessero tutte le ricchezze del mondo, dandone una porzione eguale a tutti gli uomini; dopo tempo brevissimo la disparità tornerebbe a sorgere: chi lavora, aumenta la sua proprietà, chi’ non lavora la vede scemare; chi resta sano può lavorare, chi si ammala non può più, fino a che è ammalato, lavorare; consuma e non guadagna. Chi ha molti figli, chi ne ha pochi, o non ne ha, altra ragione a determinare la varietà delle condizioni umane. Chi volesse stabilire le dose diversamente, diventerebbe a un tempo stolto e tiranno; tiranno perchè violerebbe ad ogni istante la libertà umana, stolto perchè passerebbe ad ogni istante di sconfitta in sconfitta. Il fatto permannete della esistenza dei ricchi e dei poveri, in tutte le epoche, presso tutte le nazioni, è una gran prova che questo fatto è una necessità, una verità sociale: pauperes semper habebitis vobiscum. Questa parola l’ha detta. Cristo: la parola del. Vangelo conferma, in questo punto,. la parola dell’esperienza e della natura. Vediamo piuttosto che cosa si debba fare, data questa inevitabile diversità. La coesistenza dei ricchi

e dei poveri crea una doppia serie di doveri, che, bene e fedelmente compiuti, sarebbero fonte. di grandezze morali, che compenserebbero colla loro bellezza tutti gli inconvenienti che pur si vogliono ravvisare in questo stridente contrasto quotidiano dei ricchi da una parte e dei poveri dall’altra. I ricchi, delle ricchezze che possiedono, siano poi l’effetto di erediti o di lavoro personale, devono usarne in bene; in bene per sè, in bene ner gli altri. Un dovere speciale nasce in essi dal fatto di essere ricchi, il dovere di pensare e provvedere a quelli che sono poveri e sventurati. La beneficenza, nei ricchi non è soltanto una bella azione, ma azione libera; no, è un’azione obbligatoria, è un dovere: chi non lo fa, non solo tralascia di fare un bene, commette un male. E beneficenza non è solo distribuire una moneta ai poveri senza preoccuparsi d’altro: la beneficenza più doverosa e più vantaggiosa è quella che Studia il modo di sollevare un maggior numero di miserie, e di prevenirle. La più bella beneficenza non è quella di soccorrere il povero e lo sventurato, ma di mettere il povero in grado che non abbia più bisogno della carità, di aiutare lo sventurato in modo che siano tolte le conseguenze della stia sventura. Io ricordo sempre, con un senso di commozione e di ammirazione, una frase che io stesso udii uscire dalla bocca del conte Paolo Taverna: — Vi sono le miserie sociali dei sordo-muti e dei ciechi, egli disse: è uno stretto dovere dei -ricchi il provvedere alda loro istruzione, togliendo, non la sventura, ciò che non è possibile, ma Te conseguenze della sventura)). E questa sua sentenza è tanto più preziosa, quanto, presse’ il conte Paolo Taverna, il fatto era confermato dalle parole alle parole. Quanto bene possono fare i ricchi colle loro ricchezze bene impiegate l Come giustamente essi possono rappresntare sulla terra la. Provvidenza divina! Quante gioie essi possono procurare a sè in tante attività ridestate, in tante lacrime asciugate presso gli altri! • E i poveri?•Essi soffrono, soffrono per comodi che loro mancano, soffrono per mali che li hanno colpiti e li accompagnano: forse la loro povertà è fatta più sensibile perchè effetto non della necessità, ma della malvagità e della ingiustizia degli uomini. Ma se il povero nella sua miseria è rassegnato, è sereno, è forte; se chiede, ma non pretende; se soffre ma non impreca, non maledice; se soffre, ma non si dispera, anzi spera; se, quanto più grandi e prolungati sono i mali, più forte contrappone ad essi la volontà di sostenerli, di superarli, la spettacolo che egli presenta non è forse uno spettacolo degno di tutta la nostra ammirazione? il suo esempio non è forse un contributo alla grandezza morale di tutta l’umanità? in questo caso il povero non può dirsi più ricco del ricco? Tale’ è lo spettacolo che ci si presenta nell’odierno Vangelo. Il ricco Epulone era cattivo?’ No. ricco Epulone godeva ricchezze di cattivo acquisto.? Non è detto, nè si può pensare. Il suo peccato