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IL BUON CUORE 189


altri contro di noi, dagli altri non sia stato compiuto senza nessuna cattiva volontà, senza accorgersene. Il f anciul che a piuma a piuma L’augellin nudando va, Lentamente lo consuma E d’offenderlo non sa. Ma sia pur difficile il perdono, il perdono non cessa di essere un dovere. E’ un dovere cosi preciso e assoluto, che, non adempito, ci toglie di ricevere il perdono da Dio. Il perdono di Dio per noi rappresenta il nostro maggior bisogno. Or bene, Dio non ci perdona se noi non perdoniamo agli altri. Le offese che gli altri hanno fatto a noi sono ben minori di quelle che noi abbiamo fatto a Dio: Dio perdona, e noi no! Non perdonando, non manchiamo soltanto ad un dovere; rinunciamo ad una delle grandezze morali più belle e più pure che l’uomo possa mai, raggiungere. C’è qualche cosa di più grande del bacio che Cristo rende a Giuda, chiamandolo, in fragrante tradimento, col nome di amico? C’è qualche cosa di più sublime della preghiera di Cristo sulla Croce in favore de suoi carnefici: Padre, perdona ad essi il loro peccato, non sanno quello che si fanno? Fratelli, non perdonando, in qualsiasi forma o misura, è a questa grandezza che voi rinunciate!

Per rendere più efficace l’invito alla misericordia verso il prossimo nel non giudicarlo, nel non condannarlo, Cristo affida il precetto ad una similitudine, che parli non soltanto al pensiero ma alla immaginazione. Chi manca di misericordia, non è soltanto colpevole; è stolto, è ridicolo; vede la pagliuzza che è nell’occhio altrui, non vede la trave che è nel proprio. Il ridicolo è una delle forme più potenti della censura. Il Vangelo non l’ha mai adoperata. L’adopera in questo caso. Siate misericordiosi come anche il Padre nostro è misericordioso. Finisco il commento al Vangelo colle parole colle quali Cristo lo incomincia. Questa idea positiva e sublime invada la nostra mente, il nostro cuore; ricordiamola nei rapporti col nostro prossimo, specialmente nei momenti più difficili; se riusciremo dall’interno dell’anima a farla uscire negli atti esterni della nostra vita, noi saremmo davvero l’immagine di Dio; Dio avrà un riflesso in noi; lo avrà pel bene che avremo fatto in terra, lo avrà pel bene che di’ ricambio noi un giorno riceveremo in cielo. L. V.

Vigilia Italica

Ne l’epico momento che ai posteri sarà voce e memoria d’una superba pagina di storia libero ondeggi il tricolor al vento.

Squillino le fanfare nel ritmo di canzoni trionfali, a rinnovarci i. fremiti vitali che un dì Italia scuotean da l’Alpi al mare. Come a quei dì, pur ora «si scopron le tombe» e ai vivi, ai forti, parlano i nostri martiri risorti, cantano i vati della nuova aurora. O Croce di Savoia, bianca stella del cielo italiano! Quale in Te ci affratella impeto arcano, quale ci arride vision di gioia! Questa vigilia sacra che un’eroica domani a noi prelude, questo fervor di bellica virtude, un secolare anelito consacra. Ai gioghi d’oriente donde soleva l’aquila fatale su te piombare, su Te stringer Pale, a sua possa prostrandoti impotente; da l’ardue tue frontiere, Patria, oggi riguardano i tuoi figli, evocando gli antichi aspri perigli, e l’onta e l’ira del servii tacere. A sommo d’ogni vetta. a ogni sbocco di valico o di valle, di maschi petti e di dquadrate spalle un baluardo che non teme, aspetta. Vigile aspetta. In alto, fiorisca il maggio o tuoni la valanga, par che un fraterno gemito si franga! Entro ogni gola, su per ogni spalto, l’aquila spia se un volo, se un libero sospir l’aura commuova. Veglian l’itale scolte e all’ardua prova anelano, d’un cor, d’un voto solo. Balde energie, temprate già ai rischi, ai nembi, in generosa sfida, si rigridano, ronda alacre e fida, difensori d’Italia, vigilate. E il popol tuo soldato, Patria, vincerà, pel buon valore, ch’è tenacia di fede, ansia d’onore. trionferà sul numero e l’agguato, per la divisa ardita che a timor, a viltà mai non s’abbassa; «Nostra l’Italia! Di quì non si passa! Nostra l’Italia, è sua la nostra vita!» Sui contrastati forti, e su l’adriaco mar, vindice degna, risorgerà la tricolore insegna, di gloria auspicio e di serene sorti. Via pel gran ciel, che al bieco turbine oppose una sua calma austera, oggi è la luce d’un dolor che spera, luce immensa d’amor. Patria, siam teco!