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180 IL BUON CUORE


stessi che lo fanno soffrire. La pagina più terribile del dolore nella storia evangelica è la Croce: ora, nessuna pagina parla più d’amore di quella l L’Eucaristia è amore, è sulla terra la più sublime parola dell’amore di Cristo: ebbene l’Eucaristia ricorda principalmente la•Croce; la Croce che nel suo sacrificio si ripete su tutta là faccia della terra, in tutti i secoli, in ciascuna anima cristiana, che con fede la crede, l’ama, la riceve! O Sacrunz recolitur memorianz passionis ejus.... Queste idee, questi sentimenti ci sorsero improvvisamente nell’anima, ci sgorgarono dalla penna, nel leggere l’odierno Vangelo. Cristo è in mezzo dei peccatori e dei pubblicani: perché? che cosa fa? che cosa dice?

In quel tempo essendo il Signore Gesù a tavola nella casa di Matteo... Questo Vangelo presuppone un esordio. In che modo Cristo si trova alla tavola di Matteo? chi è Matteo? Matteo è un pubblicano, un riscotitore delle gabelle. La sua professione, per sè, non è cattiva; è una professione necessaria nel retto funzionamento del vivere sociale. Quel la professione però presso gli Ebrei era doppiamente odiosa al popolo, perché ordinariamente veniva esercitata con soprusi, con ingiustizie, e perché le gabelle erano riscosse a nome e in vantaggio di un governo straniero, dei Romani. Pubblicano e strozzino era lo stesso. E siccome conformità di sentimenti induce comunità di vita, così i pubblicani erano avvicinati, confusi con tutti gli altri elementi più moralmente compromessi della società, con nome generico chiamati peccatori. Era la classe di persone dalla quale maggiormente rifuggivano i Farisei, considerando se stessi come i custodi fedeli delle tradizioni ebraiche, come i soli uomini giusti. Quale è la spiegazione di questo fatto? E’ una sola; ce la rivela Cristo in seguito: è ’la sua misericordia, è il suo amore! Il fatto è più significativo quando si pensi che non è il pubblicano che ha chiamato Cristo: è Cristo che ha chiamato il pubblicano. Cristo prima di assidersi alla mensa di Matteo, lo ha veduto nel suo telonio, cioè nel suo officio pubblico, inteso all’esercizio della sua professione, e sostando dinnanzi a lui, gli aveva detto: Matteo, smetti, e vieni con me. E Matteo lo aveva seguito. Cristo non era certo sconosciuto a Matteo; Matteo sapeva benissimo che egli era il Profeta di Nazareth; Matteo, secondo la comune opinione, era di Cafarnao,,località spesso visitata da Cristo; forse aveva udito da Cristo il magnifico discorso della.montagna. Tutto ciò poteva essere una predisposizione alla grazia. Ma l’atto della grazia della sua vocazione è interamente effetto della bontà di Cristo; ma l’efficacia della grazia è interamente effetto di quell’azione interna che la grazia opera nel cuore degli uomini, li seduce,’li avvince, li.trasporta; è l’effetto di quel fascino che la persona di Cristo esercitava sopra tutti quelli che lo avvicinavano; il fulgo re, come dice S. Gerolamo, p l’occulta maestà divina, che riluceva nella stessa umanità di Cristp, e produceva un’attrazione irresistibile in chi lo vedeva; come il ferro magnetizzato attrae i corpi che gli si mettono vicini.

L’amor di Cristo, già palese in questo atto di gratuita vocazione che fa di Matteo, si manifesta ancor più nel chiamarlo, non soltanto alla fede, ma nella società dei suoi amici, di coloro che avrebbe fatto compagni nel compimento della sua divina missione. L’amore cresce ancora nel permettere che Matteo, chiamato alla sua speciale sequela, riceva ancora in casa, conservi la sua amicizia e famigliarità, con quelli che amici di lui prima, erano tanto• meno indicati di continuare ad esserlo dopo che Matteo si era messo sovra così diverso cammino. Se non per lui, Matteo doveva allontanarli per riguardo alla pura, alla santa presenza di Cristo. E Matteo li accoglie!... Matteo li fa sedere ai fianchi di Cristo! Ah, Matteo, nella misericordia ricevuta presso di sè aveva imparato di quale grande misericordia dovesse rivestirsi a favore degli altri: ricevere i peccatori non era soltanto un ringraziamento; era già per lui un apostolato. Chi sa, egli disse forse fra s.è, che gli amici, avvicinandosi a Cristo, non avessero a provare un po’ di quella misteriosa, di quella salutare attrattiva che aveva provato lui? Questa superiore benefica intenzione, se non era era in Cristo; essa appachiarissima in Matteo, re evidentemente dalla risposta data da lui ai suoi discepoli, interrogati dai Farisei in questo modo: Perchè mai il vos#ro Maestro mangia coi pubblicani e coi peccatori? I Farisei avevano rivolta quella domanda ai discepoli, ma in modo che la udisse Cristo. F Cristo risponde in una volta sola agli uni e agli altri. Non hanno bisogno del medico i sani, ma gli ammalati. Ed elevandosi a un concetto, che, oltrepassando i limiti del caso attuale, stabilisce una massima universale di provvidenza nel governo di Dio nel mondo, Cristo continua: Andate ed imparate quello che sia: io amo meglio la misericordia che il sacrificio: imperocchè non sono 7-enuto a chiamare i giusti. ma i peccatori.

Ecco il grande carattere della missione di Cristo; esso vien apertamente dichiarato; è la misericordia. Questo carattere è palese, incondizionato, assoluto. La miseria morale degli uomini non sarà una ragione perchè noi abbiamo a respingere gli uomini; diventa anzi la ragione dell’avvicinarsi ad essi, di trattarli con compassione, con affabilità, più che nemici del presente, considerandoli come preziose conquiste del futuro. Che bellezza, che elevatezza, che eroismo risplende in questo sentimento! E’ questo il sentimento dal quale siamo animati noi verso i pubblicani, verso i peccatori, cioè