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IL BUON CUORE 133


na? Sarà una compiacenza eterna! Nessuno vi torrà il vostro gaudio, ha detto Cristo. La culla del bambino terreno più di una volta si converte in bara; ad ogni modo il timore della morte sempre aleggia sul suo capo, si prolungasse la vita anche alla più tarda vecchiaia: la morte è purtroppo sii questa terra, l’ultima parola della vita! Non è così nell’ordine morale, nell’ordine sopranaturale. i bambini dell’anima cristiana, i suoi atti buoni, non muoiono: ogni atto morale è eterno: si compiono sulla terra come atti di virtù, si perpetuano nel cielo come titoli di merito. A questo punto, non è più solo ascetica, ma umana l’espressione di S. Maria Maddalena de’ Pazzi, quell’anima che coll’acutezza della mente e collo slancio del cuore era penetrata così vivamente nei secreti del cuore di Gesù; più in là di Teresa, che aveva detto: o patire, o morire. Messa come contrassegna sugli atti, nei quali la virtù cristiana è accompagnata dal dolore, l’aspirazione di Maddalena è eroica, è sublime: Signore, non morire, ma patire. L. V.

Il Conte Angelo Gambaro

Una geniale, nobilissima figura che scompare; una vita intemerata, operosa, feconda che si chiude; un fulgido esempio di cristiane e civili virtù che trapassa; una voce soave di poeta che tace per sempre! Allievo degnissimo del Ponchielli, Angelo Gambaro fu appassionato cultore «di quell’arte che a Dio quasi è nipote,» e le sue composizioni di musica sacra furono encomiate dai più severi critici nostri. Amante di ogni cosa bella e buona, si dilettò di cesellare versi delicati come petali di rose, come filagrane d’oro, ma li scriveva più per compiacimento proprio che per il piacere d’altrui, nè deve quindi far meraviglia il sapere che l’opera sua musicale e letteraria restò in massima parte inedita, forse per un senso di modestia troppo severa nel giudicarla, forse per un pudore del suo spirito eletto, che s’appartava dal «mondan rumore» beandosi nel raccoglimento della casa ch’egli considerava — ed era veramente il santuario dell’amore e della pace. Nato da una famiglia che tutto sacrificò all’ideale supremo dell’italica indipendenza, amò fervidamente la - patria, pur tenendosi appartato dalla cosa pubblica, non paventandone gli oneri; ma rifiutandone gli onori, e tenne inseparabili nel suo cuore Dio e l’Italia Dalla sua Lombardia prese dimora in Torino; si fece erigere, in cospetto delle Alpi che la incoro• nano di gloria, un bellissimo Castello, che all’esterno riproduce fedelmente le caratteristiche linee dell’architettura medioevale, e nell’interno accoglie tutta la signorile eleganza dei tempi moderni, con squisito buon gusto. Come l’amava quella sua casa l’egregio Conte, che vi profuse tesori d’arte, che vi raccolse preziosi

cimeli, che sognò di trascorrervi, tra i suoi cari, i giorni sereni di un radioso tramonto, ascoltando rapito, le soavi melodie che da vicino e da lontano gli cantavan nell’anima! Invece, non chiamata, non desiderata, vi entrò, funestissima la morte a mutare la gioia in pianto, i baci in gemiti, l’amore e la felicità in desolazione ed in lutto! L’eletta della cittadinanza, che durante le angosciose fasi della crudele infermità, aveva recato al Castello i suoi voti bene auguranti, partecipò al profondo cordoglio della desolata famiglia con un commovente plebiscito di simpatia, di affetto, di compianto. I più bei nomi del patriziato piemontese infollarono il registro delle firme; le autorità, con a capo il Prefetto di Torino, Conte Jacopo Vittorelli, Senatore del Regno, presero parte ai solenni funerali; e lettere e telegrammi, a centinaia, portarono la parola consolatrice di memori cuori lontani, tutti uniti e concordi in uno stesso pensiero di condoglianza. Il Conte Angelo Gambaro, già amico del venerato monsignor Bonomelli, fu visitato dall’Eminentissimo Cardinale Richelmy, Arcivescovo di Torino, e ricevette nella pienezza dei sensi, ch’ebbe lucidissimi fino all’estremo respiro, i Santi Sacramenti, e la Benedizione Apostolica del Sommo Pontefice, che si degnò poi di mandare ai congiunti paterni incoraggiamenti di rassegnazione cristiana. Anche le auguste Sovrane, S. M. la Regina Elena e S. M. la Regina Madre coi Reali Principi e Principesse residenti in Torino, inviarono l’espressione del loro rimpianto e del loro conforto alla Contessa Olga ed ai figli, che dalla santa memoria del carissimo Estinto trarranno la forza per vivere, seguendo le luminose sue orme sulla via del dovere e del bene.

Dona Rita Cajrati Crivelli Mesmer

Martedi,. nella Chiesa di S. Francesco di Paola, vennero fatti i funerali alla Nobil Donna Rita Cajrati, rapita quasi improvvisamente all’amor dei figli, dei parenti, degli amici. Si può dire che la classe signorile femminile milanese fosse tutta presente. Lo stesso sincero dolore era sul volto di tutti, dalla amica all’umile donnicciuola del volgo. Il. Coro delle Cieche accompagnò colle sue meste melodie la funzione in Chiesa. Portata la salma al Cimitero monumentale, prima di essere portata a Monza, per essere seppellita nella tomba di famiglia, Monsignor Luigi Vitali, amico di casa, lesse il seguente breve discorso: «Sono stato in ansiosa alternativa se dovessi o non dovessi parlare; temevo che le parole mi facessero gruppo alla gola; ma poi troppo mi pesava che Donna Rita Cajrati partisse dalla terra senza una parola di ricordo e di rimpianto da mia parte e per lei che parte e per noi che restiamo. «Volendo definire Donna Rita, una frase sola