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132 IL BUON CUORE


diventano e sono tribolazioni più gravi quanto più si è buoni. Nè basta: il quadro delle tribolazioni dei buoni è fatto più doloroso dal quadro opposto della gioja e del trionfo dei tristi. In verità, in verità vi dico, — afferma Cristo, — voi piangerete e gemerete, e il mondo godrà. Questo purtroppo è il fatto più comune e più costante nella storia umana. Come si spiega? Dio è pur buono; Dio è pur sapiente; Dio è pur giusto; Dio non ignora il male degli empi; Dio non può non punirli; Dio vede le tribolazioni dei buoni; non può non esserne dolente, non può non essere spinto a sollevarle, a toglierle.... Dove sta la ragione di questa contraddizione, di questo squilibrio? Le ragioni ci sono e non possono essere che ragioni grandi, perchè ragioni divine. Le une riguardano la vita presente, le altre riguardano la vita futura; le une riguardano i buoni, le altre riguardano i cattivi. Le tribolazioni colpiscono i buoni. Ma i buoni sono esclusivamente buoni? non hanno qualche difetto? sono sempre stati buoni? non c’è pel passato qualche grossa partita da aggiustare con Dio? I buoni sono colpiti per castigo di quella parte nella quale non sono o non furono buoni. Le tribolazioni, col sopportarle, accrescono la forza morale dell’anima, aumentano gli atti di virtù, aumentano i meriti dell’anima, per ottenere maggiori grazie sulla terra, per preparare meriti maggiori pel cielo. Non sono queste ragioni gravissime, chiarissime, santissime, che -non solo spiegano, ma giustificano, ma gettano un raggio di vivissima luce sulla provvidenza di Dio nelle tribolazioni, nel dolore dei buoni? Lo spettacolo più bello, più eroico, della virtù dei buoni, lo spettacolo che, come deve giustamente crescere la compiacenza in loro, cresce l’ammirazione degli altri, è lo spettacolo della virtù praticata in mezzo alle difficoltà ed al dolore. O buoni, se si dovessero cancellare dalla vostra vita tutti gli atti di virtù in voi occasionati, resi necessari dal dolore, voi vedreste cancellata metà e la metà moralmente, cristianamente più bella della vostra vita. Non lamentatevi quindi del dolore! Nel dolore Iddio è vostro padre, voi siete grandi! E per contrasto, non lamentatevi, non meravigliatevi se i tristi godono, se i tristi sono in trionfo. I tristi sono forse soltanto tristi? non hanno qualche cosa di buono, non praticano anch’essi qualche atto di virtù? Oh, sì; quanti che sono tristi da una parte, sono buoni dall’altra; quanti, empi in pubblico, sono buoni in casa; quanti, tiranni in casa, sono buoni in pubblico! La giustizia vuole che nessun atto buono sia lasciato senza premio: Dio vedendo di non poter premiare quelle persone disgraziate nella vita futura, le premia colle misere briciole della felicità presente. Briciole, perchè la felicità presente è fugace e transitoria; briciole, perchè la felicità del mondo non tocca, non scende in fondo dell’animo; è una felici:...

tà a fior di labbro. — L’uomo è immortale; egli può negare di esserlo, ma non può non sentire di esserlo. l’al di là è un problema che si leva sull’orizzonte dell’anima di tutti. Infelice l’uomo che fissando il pensiero nell’avvenire è senza speranza; peggio, che non può fissare l’avvenire senza timore. Non tripudiate, o cattivi, nella vostra impunità presente: Dio è giusto; non vi castiga al presente, perchè sa, purtroppo sa, che voi non potrete sfuggirgli dalle mani nella vita futura. Invece del riso una cosa sola sarebbe più giustamente a posto presso di voi; una seria preoccupazione, il pianto!

L’avvenire, un avvenire di gioia, un avvenire di gioia che non avrà più termine, ecco la spiegazione, la soluzione, del dolore dei buoni sulla terra. La vostra tristezza si cangierà in gaudio, dice Cristo agli Apostoli: vi vedrò di bel nuovo, e gioirà il vostro cuore, e nessuno vi torrà il vostro gaudio. La gioia del premio futuro, nella sola speranza rifluisce già come gioia nella vita presente. La vita presente fosse tutta un dolore, non sarebbe da dirsi vita di dolore, quando si sa che è il preparamento, il merito, di una vita eterna di gioia. Ma i dolori della vita presente sono pure mescolati anche essi con gioie: anzi il do!ore, quando accompagna la. pratica della virtù, quando è la condizione della virtù, diventa fonte della più intima, della più squisita delle gioie. Gesù Cristo adopera in questo punto la più forte e la più soave delle immagini. Qual scena più cara di una madre che si stringe al seno il suo piccolo bambino? chi più felice di lei? leggetene la gioia nel lampo degli occhi, nel sorriso delle labbra, nella stretta affettuosa dell’abbraccio! O eara Madonna della seggiola di Raffaello, tu mi compar.i sempre dinanzi alla mente come l’espressione più viva dell’amore e della gioia di una madre; come sono parlanti quei quattro occhi, della Madonna e del bambino, disegnati quasi su una linea sola, come fossero gli occhi di una persona sola; quanto è espressivo quello stringersi del bambino al seno di Maria, che rivela quanto vivamente Maria si stringa al seno il bambino! La madre è soltanto nell’amore? No, all’amore precedette il dolore; anzi, il dolore che precedette è quello che ridesta e fa più forte l’amore: la madre tanto più ama il figlio, quanto più il figlio le è costato di ansie, di incertezze, di patimenti: ogni ricordo di dolore è una ragione di amore: lo ha ben divinato il poeta negli Affetti di una madre: «In ogni cura un nuovo affetto imparo!» Ogni atto buono si può dire il figlio dell’anima cristiana: quanto più un atto buono sarà costato di fatica, di dolori, all’anima cristiana, tanto più quell’atto le tornerà caro: quell’atto sarà già come premio a sè stesso, come è premio ai dolori della madre il bambino, che, appena nato, può stringersi al petto, baciare e ribaciare! E quale sarà la compiacenza dell’anima cristia