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102 IL BUON CUORE


motti concisi, il valore dei quali e delle quali dava argomento di sillogizzare argutamente agli scribi ed ai farisei: lo disse anche Gesù alligant enim onera grazia et importabilia et imponunt in hu’rneros homiwum; il nuovo tribunale cristiano giudica le infrazioni della legge, con la guida di una coscienza, illuminata dalla grazia e dall’amore. Lo disse ancora Gesù ai discepoli secundum opera eorum nolite facere, vos nolite vocari rabbi. L’antico tribunale rabbinico giudicava la esteriorità della vita religiosa, e solamente le esteriorità, come esse erano imposte dalle espressioni levitiche e dalle consuetudini nazionali; il nuovo tribunale cristiano giudica le profondità intime della vita religiosa e le ragioni occulte d’ogni pensiero e di ogni opera, che hanno relazione con la vita di Gesù, perpetuata nella Chiesa. Le relazioni, che un fedele ha con la famiglia religiosa di Cristo, sono le medesime relazioni, che il fedele ha con il suo Dio. Le relazioni dell’uomo con Dio si rivolsero tutte nella persona adorata di Cristo quando Cristo apparve nel mondo. E dopo che la persona di Cristo assunse le forme mistiche della sua Chiesa, le relazioni dell’uomo con Dio si rivolsero alla Chiesa. Se dunque i Dodici hanno ricevuto il potere di giudicare le infrazioni alla vita della Chiesa, hanno ricevuto il potere di giudicare le infrazioni alla vita di Gesù, quindi alla vita di Dio, quindi a Dio stesso. E perchè le infrazioni alla legge di -Dio sono chiamati peccati. i Dodici hanno realmente ricevuto il potere di giudicare i peccati.

restituendo un’altra volta alla società, chi, se ne era allontanato, peccando. Ma intorno alla figura di lui una nuova luce irradierà, fulgendo: sarà la luce che lo darà alle generazioni come ministro di Dio. Questa luce farà offuscare alquanto la prima, più antica: e il credente dei nostri giorni, prostrandosì ai piedi del Sa— cerdote, assiso come giudice nel Tribunale, raramente penserà alla Chiesa, di cui il Sacerdote tiene le veci in quell’ora; più facilmente penserà invece a Dio, del quale il Sacerdote adempie la grande missione... Il tribunale di penitenza è l’incontro del peccatore con Gesù: incontro d’anime, si intende. Il peccatore ha sorseggiato, sino all’ultima stilla il calice del piacere che gli era stato offerto dai compagni del male: poi, nella ebbrezza della sua soddisfazione, aveva bestemmiato alla virtù ed al nome di Dio. A un tratto si arresta; volge intorno lo sguardo, meravigliando: si trova abbandonato da tutti, e nella apprensione dello spirito deve gridare: Domine, salva nos! E Gesù accorre; dissipa dal cielo le nubi di tempesta; ritorna il sereno colla luce, che addita le profondità della valle, in cui l’anima è caduta, e rischiarare le cime altissime, a cui l’anima è destinata. Gesù si unisce, si compiange, si immedesima con l’uomo, e un’altra volta si ascende insieme a virtù di santità.

Accusa e assoluzione.

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Come avviene il giudizio? I Dodici hanno ricevuto il potere di giudicare le infrazioni, portate dagli uomini alla legge divina, di pronunciare sentenze di condanna o di perdono su di esse: quorum remiseritis, quorum retinueritis. Il cielo ha dato la parola, in forma solenne di affidamento, che sarebbe concorso a ratificare la sentenza, tutte le volte che essa era conforme a verità; largendo favori di grazie, nella remissione e preparando saviezza di pene nella riprovazione: remittuntur... retenta sunt. Ora è necessario un criterio, a cui il giudice deve poter uniformarsi, per l’esercizio ragionevole di questa autorità. L’arbitrio non può essere la norma nel disimpegno di una missione che ha tutta l’importanza di una missione divina, che dipende dal cielo. Se i Dodici hanno dunque l’autorità di condannare e l’autorità di assolvere, avranno anche l’istruzione necessaria per sapere quando devono condannare e quando devono assolvere. E così al tribunale della Confessione le anime si trascinano piangendo e rivelano tutte le loro colpe, e, nella formola del perdono, mentre riannodano i vincoli di pace con Cristo la Chiesa, attingono nuove energie, per l’opera di sacrificio e di amore. Il Sacerdote è ancora il Cristo, che vive nella Chiesa: il Sacerdote è ancora la Chiesa. A nome di questa egli pronuncia l’assoluzione,

IL CARDINALE AGI!ARDI

o,

Nella mia recente andata a Roma, uno dei desideri che più vivo mi stava a cuore era una visita al Cardinale Agliardi. Avevo già conosciuto e avvicinato altre volte il Cardinale Agliardi specialmente in una visita che gli avevo fatta nell’aprile del 19o9, reduce dal Congresso Internazionale dei Ciechi a Napoli. Gli avevo presentato, allora, in omaggio, alcune delle mie recenti pubblicazioni, Patria e Religione, I Vangeli. I Santi. Egli mi aveva intrattenuto a lungo con un discorso sulle condizioni correnti nei rapporti sempre anormali tra l’Italia e la Chiesa. Si era in un momento di stasi nel Pontificato di Pio X. L’Enciclica Pascendi, contro il modernismo era già stata pubblicata due anni prima. Si sentiva il bisogric. che la voce del Papa, così autorevole nel richiamare l’attenzione del mondo, si facesse udire di tempo in tempo, esponendo quale fosse la dottrina cattolica sulle questioni che più vivamente agitavano gli animi in quel momento, in Italia e fuori. Questa influenza della Chiesa per mezzo delle Encicliche, in mezzo alla società, era stata una delle caratteristiche del Pontificato di Leone XIII; era assai desiderabile il continuare sì nobile ed efficace tradizione. Io ero stato sul punto di parlarne a Pio X in una