dall’interno; e l’ipotesi più probabile è quella di sostanze sottili e chiare che si sono depositate indistintamente su monti e su valli e che probabilmente non
sono altro se non dei grandi getti di materie fluide emanati dai crateri per effetto d’una forte pressione
vulcanica e poi ricaduti sulla superficie della luna e
qui rapidamente cristallizzati. Il loro color chiaro
sarebbe dovuto precisarnente.a questa cristallizzazione; noi sappiamo infatti, che i cristalli appaiono chiari perchè la luce ai loro spigoli viene scomposta nei
colori dello spettro e ricomposta formando il colore
bianco.
Un’altra caratteristica della superficie della luna
sono certi solchi sottili e a mala pena visibili, i quali
probabilmente non sono altro che delle fenditure apertesi nella superficie della luna per effetto di qualche notevole cambiamento di temperatura. Esse possono paragonarsi a quelle spaccature che si formano
sulla superficie del nostro globo, e precisamente nei
terreni argillosi e paludosi, nei più caldi giorni dell’estate. Sulla terra queste fenditure spariscono alla
prima pioggia; sulla luna invece, dove non v’è traccia
di precipitazione atmosferica, esse rimangono immutate.
I così detti mari della luna sono delle regioni abbastanza piane, però alquanto ondulate, la maggior
parte di notevole estensione, come l’Oceanus Procellarum, che ha un diametro molto più grande di
quello della luna. Essi sono di colore scuro, e devono consistere d’una specie di roccia, la quale poco
si prestava alla formazione dei crateri, giacchè in
questi mari i crateri sono relativamente rari.
A queste grandi superficie di colore scuro, fanno riscontro delle superficie molto più piccole di colore chiaro, con gli orli alquanto sbiaditi; per caratterizzare queste superficie si può dire che sono composte di lencite, ossia pietra bianca, mentre nella superficie dei mari si potrebbe vedere della melanite, o
pietra nera. Ma noi dobbiamo rinunciare ad addentrarci nella mineralogia della luna, poichè non
sappiamo di quale materiale consistano le varie formazioni che si osservano alla sua superficie; molto
probabilmente si trovano sulla luna quelle stesse
specie di roccie che si trovano anche sulla terra; ma
quali parti di questa superficie si compongono di granito, quali di basalto, quali di gneis, ecc., noi non
lo sappiamo.
Recentemente sono stati fatti dei tentativi per
misurare l’angolo di polarizzazione di alcune singole parti della superficie lunare per confrontarlo con
l’angolo di polarizzazione di minerali conosciuuti.
Forse in avvenire, questo metodo di ricerche darà dei
risultati, ma per ora questi studi si trovano ai loro
primi principi.
Rivolgiamo ora la nostra attenzione ai fenomeni celesti che si vedono•dalla luna.
Di notte, sul nero fondo del firmamento, si vedono le stelle disposte nello stesso modo in cui esse
si presentano a„. chi le osservi dalla terra; anche i
pianeti appaiono nella stessa grandezza e in posizione poco diversa; tutte le stelle, però, anche le
più piccole, non subiscono il più piccolo indebolimento nella loro luce, nessuna rifrazione dei raggi, poi
chè fra esse e l’osservatore lunare, si può dire ch.2
non si interpone nessuna atmosfera.
Improvvisamente, in mezzo all’oscurità della notte, ecco nel cielo un punto risplendente; è la cima
di un monte la quale viene illuminata dal sole che
sorge, senza essere preannunciato da alcun crepuscolo. Un po’ alla volta, altre vette dei monti più bassi
s’illuminano, mentre le valli rimangono ancora immerse nella più profonda oscurità. Il disco rifulgente
del sole sale lentamente nel cielo; esso impiega un’ora (terrestre) ad apparire tutto intero sull’orizzonte,
e fin da principio si mostra subito fulgido e risplendente. Via via che l’astro radioso sale nel cielo, le
roccie e i cristalli dei monti s’illuminano e scintillano: e il terreno, che durante la notte si è raffreddati fino quasi a raggiungere lo zero assoluto, ossia 27à°, si riscalda sempre più.
Il sole si presenta agli osservatori lunari qua.
si con lo stesso diametro col quale esso appare agli
osservatori terrestri; ma esso spicca maggiormente
sul fondo nero del cielo, e accanto ad esso si vedono,
anche di giorno, le stelle, manca, infatti, quell’azzurro del cielo il quale proviene, unicamente dalla atmosfera e dalle numerosissime particelle infinitesimali
di polvere che in essa sono librate. Il cielo rimane
perpetuamente sereno, il sole non è velato dalla più
piccola nube, e i suoi raggi fanno aumentare un po’
alla volta la temperatura della superficie lunare, specialmente nelle regioni equatoriali, di parecchie centinaia di gradi.
Il giorno, sulla luna, ha una durata eguale a
ventinove volte e mezza la durata del giorno terrestre; e quando, dopo aver brillato ininterrottamente
per due delle nostre settimane, il sole tramonta, un
po’ 211a volta, tutto il paesaggio lunare viene ricoperto dal velo della notte la quale, a sua volta, dura anch’essa due settimane.
La luna dovrebbe esser, per gli astronomi, un
vero paradiso; le osservazioni non vengono mai ostacolate dalle nuvole; la luce non viene mai indebolita dai vapori atmosferici in vicinanze dell’orizzonte; perciò sulla luna, le osservazioni astronomiche si dovrebbero poter fare con molta maggiore precisione di quanto ciò sia possibile sulla terra; e specialmente sarebbe possibile determinare le ascensioni tutte delle stelle, con una precisione infinitamente
maggiore di quel che sia possibile fare da qualunque osservatorio astronomico- del globo terrestre,
giacché l’apparente movimento di rotazione del cielo
si compie agli occhi dell’osservatore lunare con una
velocità trenta volte inferiore a quella che esso ha
per un osservatore terrestre.
D’altra parte, le osservazioni fatte dalla luna dovrebbero presentare speciali difficoltà per il fatto che
il punto in cui l’osservatore si trova si muove non
soltanto intorno al sole, ma anche intorno alla terra; e la difficoltà è complicata da questa circostanza
che l’orbita percorsa dalla luna non è perfettamente
regolare.
Dalla, parte della luna rivolta verso il nostr -)
globo, questo naturalmente, è continuamente visibi