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IL BUON CUORE 54


Cristo, incaricata da Cristo di essere al mondo nunziatrice del mistero della risurrezione? Chi avrebbe osato di dire a Dio: recidete Agostino, il libertino che fa piangere la madre, quando avesse saputo, come sapeva Dio, che Agostino sarebbe divenuto uno dei più grandi dottori della Chiesa; quando colla madre, sulla riviera d’Ostia, avrebbe anticipato sulla terra i discorsi da tenersi in cielo? Chi avrebbe detto a Dio: recidete il giovine Manzoni, che nel Trionfb della libertà, sputò in faccia’ alla Chiesa tutto il veleno della Rivoluzione francese, quando avesse saputo, come Dio sapeva, che Manzoni convertito avrebbe scritto gli Inni sacri, avrebbe scritto I prome-s si sposi, il libro letterario italiano più bello, insieme alla Divina Commedia, come esposizione fedele e apologetica più elevata e pratica della dottrina e della morale cattolica? Quando dinnanzi al trionfo dei cattivi e dell’oppressione dei buoni, vi vien la voglia di criticare Iddio, pensate all’enorme sacrilegio che state per commettere, e tacete. È questo vezzo del criticare Iddio nell’o svolgersi negli umani eventi, per qualche lato deplorevoli, vezzo che non è alieno alcune volte dal suonare sulle labbra di persone credenti e pie, è un vezzo che a pensarci può diventare ed essere una bestemmia. Volete sfuggire a questa tentazione, senza discendere all’esame dei fatti particolari? Pensate ad una verità suprema che nessuno può ignorare e nessuno può negare: Dio è sapiente, Dio è buono! Dio, siccome è creatore; è anche l’arbitro di tutte le cose: dinnanzi a lui sta aperto il libro del passato, del presente, é del futuro: in questo libro ’sono scritte e giustificate tutte le partite relative ai destini dell’uomo: per poterlo censurare, nè sapete voi più di Dio? vi sentite voi il coraggio di dirlo? E potete dubitare che Dio, pur conoscendo i mali che affliggono l’umanità, sia indiffernete, noncurante,di questi mali, Dio, che per partecipare all’uomo partq della sua felicità, senza averne obbligo, l’ha creato; Dio, che per riparare alle conseguenze del peccato commesso dall’uomo, ha deliberato che il Figliuol suo discendesse sulla terra, si facesse uomo, e morisse su una croce? Queste cose le sapete e come potete censurarlo contrapponendogli cose che non sapete? Mettetevi al posto di Dio, e vi guarderete bene dal criticare le opere di Dio. Invece, quante ragioni troverete di benedirlo in tutte le cose e sempre. L.J.," LUISA ANZOLETTI <t

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Canti dell’Ora w

E’ una bella fioritura che si raccoglie in mazzo. Fantasie. Elegie, Paginette, Motivi lirici, Sonetti, Partirci ti guerreschi, Strofe nuove; ecco le svariate

note, che, vibranti di forza e d’amore, ci danno I Canti dell’Ora. L’anima robusta — e non per questo priva di femminilità — dell’Autrice, con l’elevatezza del concetto, la profondità del pensiero e l’eccellenza della forma, ci fa salire alle pure e nobili sorgenti dell’Idea; ci trasporta, col colpo d’ala vigoroso, nelle serene regioni di un’arte che è godimento ed è scuola, che è guida ed è meditazione. Nella bella raccolta, presentata in sobria eleganza, troppo difficile riesce la spigolatura, perchè troppo larga è la messe. C’invitano Gli spiriti del verso, ci chiamano le Anime lontane; ci commovono Le note della mamma, ci rende meditabondi Lit folle parola. Chiusa, Le rondini non vengono più, Gli oppressi dall’avverso cammino, sono voli dell’anima, sospiri del cuore, che il verso afferra e costringe a sè. • Largo è il gesto della mano femminile nello spargere i fiori del pensiero, ma questo gesto ben sovente, troppo’ sovente anzi, rende vano il dono in ismagliante manipolo raccolto. Alle leggiadre corolle manca l’anima profumata. Ma in questi Canti dell’Ora, non è solo la classica eleganza che s’impone: una squisita natura di donna vi ha lasciato la sua impronta. Non invano questa donna avrà sparso i fiori del suo pensiero, perchè non invano canta chi cantando sale! Myriani Cornelio Massa. Milano, febbraio 1915..94 yr..9r " 41e..4r

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LiA MORTE DE LLIALIERE Fodor Keppen Presso fratelli morti sul pian d’onor, di sangue. ’colta bandiera allato„, tacito Alfiere langue Non sente il sangue a. fiotti dalle ferite uscire, la vita’ gli vien meno, e ancor non vuoi morire L’esercito alla pugna -corre a tambur battente, rimbombano i cannoni, l’Alfier non vi pon mente. A’ un tratto su da’ colli, «Vittoria!» alto si grida; ei si solleva in piedi e l’aspro duolo sfida. Con gioia il drappo afferra, con s esso a terra giace, lo copre la bandiera ed ei sen muore in pace SAMARITA.

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