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34 IL BUON CUORE


ternamente legate da funi, prone sulle sporgenze a quattromila e cento quattordici metri suil livello del mare. A compiere il sacro rito, il venerando parroco, rivoltosi a quei gagliardi, fissi gli sguardi, tumidi di lacrime, nella Vergine, intente candore:

Qual del suo paradiso in su le porte, con voce tremante di consolazione, lesse questo passo delle Confessioni di,Sant’Agostino: «E gli uomini vanno a mirare le altezze dei monti ed i grossi dotti del mare e le larghe correnti dei fiumi e la distesa dell’oceano ed i giri delle stelle... e abbandoneranno dunque se stessi?» — Nel nome di Cristo e di Maria — rispondono le guide — no!.. Lo giuriamo! Eja, Clemente, pia Madre, divina! eja, Maria! Voce di; prete, voce di popolo, voce di Dio: poesia sublime! L’eco santa di quel giuramento ancora nell’aria risuona, e il coro delle Litanie, di vetta in vetta si ripercuote: Ianua coeli, Stella mattutina: òra, òra, òra per noi! ((Suggestione collettiva))?... «Ossidazione del fosforo mentale a tanta altezza...»? «Un effetto fisiopatico!... asserisce taluno, per coloro cui ogni preghiera, dal Pater, alle Litanie, al Requiem, diventano Gloria e poesia.’ Sì; sono simpatiche forme mistiche, alle quali convien dare il peso dell’istante t dell’ambiente, non già avvalorare, tanto da farle assurgere all’impórtanza di coefficente gidlogistico. Oh, no; non qui, certamente quel che la poesia vuol essere per essere tale davvero!» Al quale proposito, ’ben lungi dal voler ingaggiare una battaglia, che non offre buon terreno però all’au, versario, su campi già gloriosi per la lirica religiosa, (da che Dante e nel Purgatorio e nel Paradiso fece d’ogni preghiera della Chiesa e di molti canti liturgici, nota fondamentale a suoi canti più eccelsi), vorrò soltanto notare col Tommaseo che «qualunque cosa s’alzi a tale altezza da destare in chi la considera, un senso sublime, è il sublime del pensiero e del sentimento)). E che altro vuol essere la poesia?! che è posta in alto, nè ci starebbe altrimenti, diremo anche noi: «tanto è fiera!»? Ammirazione e conquista di virtù in una Fede, che tempra lo spirito alla conquista dell’IO MORALE, fu il grido delle guide del Dent du, Géant in quel sublime aere di candori, di luce, d’immensità, che il non sentirlo è condanna, che il disconoscerlo è colpa. E dove se non qui, vorremmo trovare la poesia?... «Io fo poca stima — così il Leopardi — di quella poesia, che, letta e meditata, non lascia al lettore nell’animo un tal sentimento nobile, che,per mezz’ora gl’impedisca di ammettere un pensiero vile o di-fare un’azione indegna.» (*) Dono è (*) Giacomo Leopardi, Dialogo di Timandro e di E-. lt andro.

alle anime la poesia; essa è studio. e conquista di pensieri e di perfezione: «Altro premio se non, forse, una gloria nata e contenuta fra un piccolissimo numero di persone.» (**) La gloria, la poesia di quel manipolo di umili, «re della montagna!». Oh!, a cagion d’esempio, non è forse poesia questo singhiozzò- pio del Fogazzaro? PREGHIERA.

Signore, se offesa soffersi O da Tuòi nemici o da servi, Se, chiusami l’ira nei nervi, Opposi, superbo, agli avversi Il tacito spregio del core, Ancora concedi ch’io soffra Per me che ho peccato, ch’io T’offra Ancora per quelli dolore. (***) E poesia è pure sorta dalla pietà, dalla pietà immemore di sè stessa, tutta attratta dall’unica visione di un’idealità trascendente il finito e l’umano, questo, dello stesso Fogazzaro, Inno a Maria. Ne fu origine l’inaugurazione del monumento alla Vergine sul mistero aereo del Rocciamelone, a tremila e cinquecento trentasette metri sul livello del mare. E’ chiesto una parafrasi della preghiera angelica, su gli effluvi del candore alpino:

Signora dolce, ave! Dall’astro tuo del pianto Odi il saluto e il canto Umile a Te salir. Madre del Ciel, soave. Madre di tutti ascosa, Scendi ove il sogno posa Che i bamboli Ti offrir. Tenui del mare incensi, Incensi dei pianeti Vaporano segreti Sopra il sublime altar; Ed all’ingiro immensi Pilier in bianchi manti Sorgon nei cieli santi Di nuvole a fumar. Come tal or nel vento Bianca rotando e lieve A questo altar la neve Ghirlande attorcigliò; Vergine, a cento a cento T’incoroniam ferventi Noi candidi innocenti Che il Tuo Divino amò. Per le vallee profonde,’ Pei nebulosi piani, (**) G. Leopardi. Il Paritti ovvero della gloria. (***) Antonio Fogazzaro. Le poesie - Ultimo ciclo. XIV, pag. 430. Baldini Castokii, Milano 1908.