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meno la disciplina e diminuiti di numero, Innocenzo III sostituiva ad essi i figli del novello Ordine fondato da S. Brunone: i Certosini. I locali della vecchia abbazia erano troppo angusti per la nuova famiglia di religiosi, la quale ideò di fabbricare di sana pianta una nuovo Certosa, nel luogo dove attualmente l’ammiriamo. Per la nuova costruzione si servirono in gran parte del materiale ricavato dalla demolizione del chiostro benedettino di S. Bartolomeo e dei fabbricati annessi, lasciando la sola chiesa badiale, che, sfidando le ingiurie del tempo, è giunta sino a noi. Sono visibili tuttora i notevoli avanzi della vecchia badia: da’ quei ruderi su può argomentare che il fabbricato doveva essere abbastanza vasto. Scarso è il materiale relatiyo alle origini d Trisulti. La Certosa di S. Maria di Casotto, nel Piemonte (diocesi di Alba), dovette somministrare la prima famiglia, trisultina e il priore destinato a governarla. Un antico documento conservatoci dal Marucci nei suoi Annales Trisultani (ms• del 1691,) ricorda il numero dei religiosi, il nome del priore, e perfino il numero dei famigliari e delle cavalcature venute da Casotto con il giorno preciso del loro ingresso conventuole in Trisulti: «die quarta ante festunt S. Michaelis, hebdoinadae feria V, indict. i i, Incarna)tionis Dominicat 1208 (alcuni leggono I2o4),Pont. Domini Innocentii pp. III, anno IX (25 settembre 1208), intravit conventualiter Ordo Cartusiae in domum S. Bartholomei Ap. de Trisulto antea scilicet Nigrorum Monachorunt (Benedettini). Intravit autem in Monachis quidem cum Priore Rodulpho numero decem et octo, cum famulis vero duodecim; super hos, quatuor fuerunt ante ad loci custodiain destinati, quibus coni superioribus contputatis 34 fit numertis personarum; et hoc absque equitaturis et famulis ja;n dictorum quatuor conversorunt». L’avvenimento mirabile è ricordato anche in un grandissimo quadro posto nell’interno della chiesa, sulla porta d’ingresso, figurante Innocenzo III che conduce i Certosini di Casotto al possesso di questo monastero. La chiesa fu consacrata il 17 luglio 1211 dal menzionati Pontefice Innocenzo III, il quale, come si rileva da una iscrizione posta nell’interno del tempio, aveva sostenuto tutte le spese necessarie per la nuovo costruzione, prelevando somme non lievi dal tesoro di S. Pietro: Innocentius PP. III — Domum hanc Divo Bartholomeo Apost. sacram — Aere apostolico excitatam absolutam ornatant — ob insignem eremiticani visionent, voti compos — Carthusiensi Ordini donavit — Anno Domini MCCIV. La Certosa si presenta come un insieme di edifici riuniti su una vasta area. Innanzi all’ingresso si apre un bel piazzale, dove sgorga da un mascherone, acqua abbondante e freschissima, proveniente dai vicini monti. Appena entrati, si scende nell’ampio fabbricato mediante una lunga gradinata fiancheggiata da

mura di travertino. A sinistra si apre un belgiardinetto simpaticamente vario di fiori, nelle aiuole e negli ornamenti. In mezzo a tutto questo verde spica il piccolo, ma elegante edificio destinato alla farmacia, costruito negli inizi del secolo XVIII. La farmacia ed il salottino adiacente sono riccamente ornati da pitture umoristiche di Filippo Balbi, piene di grazia e di genialità. Bellissima il ritratto di fra Benedetto Ricciardi, farmacista della Certosa, carissimo al Balbi, il quale volle dipingere ad olio sul muro il buon vecchio nell’atto di uscire dalla sua cella per ricevere i visitatori. Non meno attraente la famosa testa anatomica, inviata dal Balbi nel 1856 all’esposizione di Parigi. Nell’insieme ha un non so che di dantesco e di michelangiolesco. L’insigne pittore ha riprodotto in questo magnifico dipinto tutti i muscoli, tutti i e tendini, tutti i movimenti della carne mediante figure umane nude, riunite nelle posizioni più naturali e più ardite. Il dipinto, veramente bello, era considerato dal Balbi stesso come il suo capolavoro, tanto che soleva spesso ripetere con compiacenza: «Dal divin Michelangiolo in poi di questi lavori non se ne sono più fatti». Davvero che quel gran numero di figure potrebbero popolare una bolgia dell’inferno dantesco! L’attenzione del visitatore è attirata da una graziosa colonna di porfido donata alla Certosa nel 188o dal cardinale Teodoli. Vicino spicca, dipinta su mussola, una graziosa testa di vecchio sorridente. Usciamo dalla farmacia per visitare il tempio. La chiesa, dedicata a S. Bartolomeo apostolo, iniziata sui principii del sec. XIII dai famosi artisti comacensi, è venuta svolgendo attraverso i secoli, la lirica delle sue linee eleganti e maestose. E’ in una sola navata lunga m. 3o, larga m. 9, alta circa m. 15. La facciata, quale la vediamo ora, fu eseguita nel 1758 dal P. Bedini, priore della Certosa. L’interno della chiesa non ha conservato nulla dell’antica severità e nudità, presentandosi ora elegantemente rivestita di marmi e di quadri di pittori insigni. Nelle pareti laterali si ammirano quattro quadri grandissimi, che dobbiamo al pennello di F. Balbi Errando nel tempio l’occhio corre subito, involontariamente, sul dipinto riguardante la strage dei Certosini in Inghilterra avvenuta a Londra il 14 maggio 1535 sotto Arrigo VIII. Come sfondo, quasi diafana, lontano lontano, nella penonmbra, sorge la Certosa. Nel mezzo della scena un cavaliere dall’atteggiamento nobile e fiero, addita ai suoi soldati la Certosa. Questi, udito il comando, corrono in quella direzione, si avventano con ferocia sui poveri monaci, facendone un orribile massacro. Non meno commovente è il quadro della parete di fronte, riproducente la strage dei Maccabei. La scena biblica è stata presa nel punto più drammatico. Da un lato: l’ara di Apollo circondata da sacerdoti biancovestiti, cinta la fronte di corone. che preparano i sacrifici. A pie’ dell’ara, quattro dei