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gentile per sentirsi sdegnato di tale contegno, per non sentire quale senso di durezza, di ingratitudine, di crudeltà, si concentri in quell’atto! Alla bruttezza dell’atto in sè, che avvilisce e degrada chi lo compie, e diventa colla sua indegnità il primo dei castighi, non possono mancare altri castighi, il castigo della disapprovazione degli uomini, il castigo della punizione di Dio. Gli altri conservi; avendo veduto tal fatto, se ne attristarono, e andarono a riferire al padrone tutto quello che era avvenuto. La crudeltà del cuore non può trovare indulgenza presso di nessuno, specialmente quando chi se ne rende colpevole fu oggetto di squisita indulgenza da parte degli altri. Ma la condanna maggiore verrà dalla parte di Dio. Dio è carità, e chi offende la carità negli altri è come offendesse la carità in lui. Che ha fatto il padrone, udito il rapporto dei conservi? Chiamò a se il servo perdonato, e gli disse: Servo iniquo, ip ti ho condonato tutto il debito, perchè ti sei a me raccomandato; non dovevi tu fare lo stesso col tuo compagno? E sdegnato lo diede nelle mani dei custodi delle carceri, perchè lo punissero finchè non avesse pagato tutto il suo debito. Ciò che non sarebbesi potuto avverare mai, e quindi il castigo sarebbe stato perpetuo.

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Fratelli! Qualcuno vi ha offeso, o in molto o in poco? Perdonate. Dio ha perdonato tante volte’a voi. Il vostro debito è molto più grande di qualsiasi debito che il vostro prossimo dovrebbe a voi. Non perdonate? Leggete l’indegnità della vostra condotta nell’indegnità del servo dell’odierno Vangelo, voi siete creduli come lui! E quanti castighi vi attendono! Il primo castigo l’avrete nella mancanza di pace della vostra coscienza; il seconda lo avrete nella disapprovazione, tacita o aperta, degli altri. Ma soffocate pure la voce della coscienza; infischiatevi pure del contrario giudizio degli uomini: c’è un castigo che non potrete sfuggire mai, e quanto terribile, il giudizio di Dio. L. V.

Domenica seconda dopo la dedicazione Testo del Vangelo. I Farisei ritiratisi, tennero consiglio per cogliere Gesù in parole. E mandarono da lui i loro discepoli con degli Erodiani, i quali dissero: Maestro, noi sappiamo che tu sei verace, e insegni la via di Dio secondo la verità, senza badare a chicchessia; imperocchè non guardi in faccia agli uomini. Dinne dunque il tuo parere: E’ egli lecito, o no, di pagare il tributo a Cesare? Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, disse: Ipocriti, perchè mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo. Ed essi, gli presentarono un denaro. E Gesù disse loro: Di chi è questa immagine e questa

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iscrizione? Gli risposero: Di Cesare. Allora egli disse loro: Rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio. S. GIOVANNI, cap. 8.

Pensieri. La malizia degli uomini, la sapienza di Cristo, ecco le due verità che appaiono in un modo egualmente palese dall’odierno Vangelo. I Farisei rinnovano uno dei loro soliti tentativi per mettere in imbarazzo Cristo, e perderlo, se fosse possibile, nella stima del popolo; e Cristo con una sublime risposta li sfolgora, elevandosi tanto più in alto sopra di essi, quanto più essi restano al di sotto di lui confusi e scornati. Il caso si ripete quasi identico ai nostri tempi: cambiate soltanto i nomi: al posto di Cristo mettete la Chiesa, al posto dei Farisei mettete la schiera begli increduli, dei fanatici e dei libertini.

I Farisei avevano già cercato altre volte colle loro artifiziose domande di mettere Cristo in imbarazzo. Una prima volta, quando sotto il portico del Tempio, gli avevano chiesto di parlar chiaro, e non tenerli sospesi sulla natura della sua missione divina; come se, in questa prova, non avessero alcun valore tutti gli argomenti di dottrina e di virtù, dati e ripetuti prima, in tutta la sua vita da Cristo; una seconda, quando gli condussero innanzi la donna presa in adulterio, perchè a brucia pelo decidesse che si dovesse farne. Nel primo caso era un imbarazzo d; fede; ’nel secondo di morale; ora è venuta la volta dell’imbarazzo politico, forse, per le conseguenze immediate, il più delicato di tutti e il più pericoloso, • I Giudei si trovavano sotto il dominio dei Romani, ma sopportavano quel giogo riluttanti. La sottomissione apparente, esterna, era accompagnata dalla rivolta, dalla avversione interna degli animi. Ma bisognava usare prudenza. Guai se i Romani si fossero accorti di aspirazioni, di movimenti nazionali! La pena avrebbe tosto fatto seguito alla colpa. Era qui il punto delicato per prendere Cristo. interrogarlo in modo che se avesse manifestato idee di poco rispetto ai Roinani, sarebbe stato accusato come ribelle; se invece avesse fatto capire di approvare l’aborrito giogo straniero, sarebbe stato accusato come traditore della patria, come nemico delle tradizioni mosaiche. Le, prime arti adoperate per riuscire sono quelle dell’adulazione. Cominciano a presentarsi a lui Giudei ed Erodiani, i primi avversi al dominio romano, i secondi favorevoli, perchè ciascuno potesse star più attentò per cogliere Cristo nel punto che più li interessava. Cominciano a chiamarlo maestro; a riconoscere che egli ragiona bene in tutte le cose; che è verace; che egli non si lascia imporre da nessuno, che non è accettatore di persone: egli, si ritiene per sottinteso, non ha paura nè di Giudei, nè di Romani: dice solo la verità, e la dice francamente a tutti, non curante delle conseguenze.