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della giustizia, e senza tema di errare si può dire che. a questi o a quelli avvenimenti storici, condusse la giustizia mantenuta o violata. Chi ha ragione? lo storico o il credente? Tutt’e due. Lo storico fa lo storica. Sarebbe ridicolo che, per esempio, si volesse spiegare l’astronomia colle leggi del cristianesimo. Ma colui che oltre essere astronomo, è anche credente: vede Dio anche nel movimento degli Astri. Lo storico vede il trionfo del bene, la punizione del male, nel decadimento di un popolo, nella perdita di una battaglia ecc. Insomma lo storico tutto collega alle cause seconde. Il credente scorge nel mondo un principio superiore, al quale tutto è diretto. Il trionfo del bene della giustizia. Ogni male, come ogni bene, ha una eco eterna nell’universo. Il credente sente e vede Dio dappertutto, s’inchina e dora.


Una squadra di giovanetti ciechi dell’Istituto di Milano sul Monte Generoso.

I ciechi sul monte Generoso, all’altezza di 1704 metri, è mai possibile? Possibile, non solo, rna reale. L’idea di tale gita fu accolta con entusiasmo dagli allievi, che tutti volevano partecipare. Pei veggenti non dubito che la gita ha qualche cosa di meraviglioso, e infatti pei speciali e favorevoli punti di vista, nella solenne maestà dei monti si gode un imponente panorama, superbo di vastità e di magnificenza; un panorama ripieno dei più singolari contrasti, che si stende dalle scintillanti cime nevose alla immensa zona delle colline e delle pianure, soffuse di una delicata impronta di bellezza italiana. i La cosa è ben diversa pei ciechi, che però lassù respirano a pieni polmoni l’aria fresca e pura e sentono profondamente le bellezze, che altri ammirano. La sera della partenza fu un vero assalto alle carrozze che dovevano condurre i giovani ciechi al confine svizzero. Sotto un sereno limpido, tempestato di miriadi di stelle, al raggio argenteo della luna, ra canti ed evviva di gioia nella più schietta allegria e intimità di famiglia lasciammo la villeggiatura di Binago, Solbiate,•Casanova e Bizzarone. Al confine una guardia svizzera intimò «alt»: si scese di carrozza e senza bisogno di raccomandarci a tutte le nostre energie per proseguire a piedi, giungemmo freschi e lieti alla bella e graziosa cittadina di Mendrisio, che non ostante le forze mobilizzate era nella più tranquilla pace e quiete. La gradinata della superba chiesa ci servi dì campo aperto, e, mentre noi si attendeva l’ora della partenza, i nostri ciechi si famigliarizzavano anche con le guardie svizzere, i quali, costretti dal rigido

regolamento attuale, avevano a malincuore sospesi i nostri suoni ed i nostri canti presso un caffè. Per cortese gentilezza del buon arciprete di Mendrisio, di cui i ciechi conoscevano già per esperienza propria- la generosità, si ebbero tutte le indicazioni precise e alle 11.30 si cominciò la salita, lasciando Salorino e S. Nicolao a custodia delle falde; si segui la linea non troppo facile della funicolare con passo lento, grave e cadenzato, ma col cuor contento e desideroso della vetta, sospirata con canti giulivi e festosi fino a circa mille metri. Fra la più schietta ilarità si giunse alla Bella Vista, donde lo sguardo, spaziando sul lago di Lugano, nel silenzio della notte si beava nello spettacolo incantevole del Ceresio illuminato. La stanchezza non vinse il nostro ardire, e silenziosi, ma col sorriso sulle labbra, si volle sfidare anche l’ultimo tratto molto ripido e scosceso. Alle 3.3o il Kulm era nostro, completamente nostro; lo percorrevamo in tutte le direzioni; ma poi stanchi ci sdraiammo( sul nudo pavimento, che però ci sembrava soffice come un letto. Il canto riprese il suo sfogo. D’un tratto un rumore d’un passo ci fece sorgere: un omone dall’aspetto serio, ma dal cuor d’oro ci aperse il ristoro con grande gioia dí tutti, mentre si attendeva l’aurora. La levata del sole ha qualche cosa di divinamente bello; si vede, si sente, si gode e non si può esprimere; sembra lo sbocciare di una magnifica rosa al sorriso e al bacio della natura. Le cime nevose, indorate come per incanto dai raggi immacolati del sole, la natura che si ridesta alla vita esercitarono un fascino potente, che fu profondamente sentito dai giovani inebriati da una gioia ineffabile, invidiabile. Per uno,stretto viottolo (direi quasi impraticabile, avendo smarrita la via) irto di punte, ingombro di sassi, che rendono più vigile l’attenzione, più spedito il passo, ma più difficile la discesa si giunse a S. Fedele di Intelvi, baciati dolcemente in viso dall’aria balsamica dell’incantevole valle. Le io scoccavano a Castiglione, ove, ci attendeva una colazione frugale, condita da appetito straordinario. Alle 14 Argegno ci ospitava cortesemen te, in attesa del Tremezzo, che lieto sbarcò alla capitale del Lario i giovani alpinisti ciechi, stanchi, spossati ma contenti e felici di aver dato prova del loro coraggio, da tutti ammirato, e del loro ardire giovanile, coronato brillantemente da felice successo. Quel giorno sarà indimenticabile, poichè fu di tale gradimento che un allievo, non ancora sulla dozzina, facendo eco alla comune felicità, interrogato se quel giorno gli fosse piaciuto rispose con sorridente semplicità: (dio paura che sia il più bello di mia vita.., ritornerei al Generoso anche domani!» Un gitante. Il Municipio di Milano ha ordinato 200 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fasc;coli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAaAZZI.

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