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guente. I fedeli prendevano allora qualche ora di riposo, ma alle otto del mattino erano già in piedi e si recavano alla chiesa della Risurrezione ove doveva aver luogo la cerimonia della adorazione della Croce. Il Vescovo è seduto sulla sua cattedra e davanti a lui è una tavola coperta di una tovaglia. Si porta il reliquario di argento dorato che contiene una porzione della vera Croce, lo si apre ed il sacro legno è collocato sulla tavola, ove poi ad uno ad uno, fedeli e catecumeni, tutti vengono ad adorarlo e baciarlo. E’ però severamente proibito a chicchessia di toccarlo con le mani. E ad Egeria si raccontava che qualche anno prima un fedele troppo divoto era riuscito, aiutandosi coi denti e con le mani, a staccare e asportare un pezzo della preziosa reliquia. I diaconi stanno a sorvegliare perchè non si abbia a lamentare il riprodursi d’un simile fatto. Finita l’adorazione della Croce, si andavano a venerara due altre reliquie, l’anello di Salomone e l’olio che serviva, nell’antica legge, alla consacrazione dei re. A mezzogiorno queste cerimonie erano terminate. E allora il popolo, stando sempre davanti alla croce, cominciava a recitare delle lezioni ed a cantare degli inni. A nona, vale a dire le tre dopo mezzogiorno, si leggeva nel Vangelo di San Giovanni il racconto della morte del Redentore. Riguardo al sabato e al giorno di Pasqua Egeria non Si estende in molti particolari, limitandosi a dire che in quei due giorni «le funzioni si celebrano press’a poco come da noi.» Da questa relazione della pia viaggiatrice antica risulta molto spiccato il carattere locale e per dir cosi «topografico», che ha in Gerusalemme al secolo quarto la Celebrazione della Settimana Santa: questa è in rapporto immediato coi santuari dei vari Luoghi santi che si venerano nella santa città. E al tempo stesso questa liturgia è esclusivamente propria di Gerusalemme. Eseria ce la descrive con tanta ricchezza di particolari e een tanto interesse perchè le sue sorelle, a cui ella indirizza il suo racconto, non hanno mai potut voedere null a di simile in Occidente. Ma a poco a poco, una buona Parte delle cerimonie gerosolomitane è passata nelle altre liturgie, certo in seguito ai racconti che di quelle f unzioni facevano, ritornati nei loro paesi, i numerosi Pellegrini che si recavano a Gerusalemme in quei primi secoli. Ne abbiamo un esempio notevolissimo in Roma. Tutti gli edifizi religiosi riunitii intorno a San Giov anni in Laterano, come Santa Maria Maggiore, Santa Croce, il Battistero sembrano in certo modo una riprod uzione dei luoghi santi di Gerusalemme. E il P. sur ha potuto dimostrare che questi monumenti debbono la loro origine precisamente al desiderio di poter i Mitare più da vicino la liturgia gerosolomitana della S ettimana Santa. L’andare dei secoli, il mutare della civiltà, le circoStanze dei nuovi tempi e delle nuove genti hanno re 1 39

cato dei mutamenti nelle funzioni liturgiche di questa hebdomada maior» quali le celebriamo oggi nel rito romano. Ma il fondo e lo spirito ne sono rimasti inalterati. Ed a quella maniera che in quegli antichi secoli le grandiose funzioni erano capaci di interessare e di commuovere un’intiera popolazione, cosi dovrebbero avere la stessa forza sopra di noi. Il rev. don Cabrol, molto benemerito degli studi liturgici, ricorda a questo proposito, l’esortazione che Tertuliano fin dai suoi tempi rivolgeva ai cristiani per distoglierli dagli spetaocli del circo e dell’anfiteatro: «Voi avete, diceva quell’incomparabile dottore, degli spettacoli perpetui, gratuiti. Se ti dilettano i giuochi del circo, osserva nelle cerimonie delle nostre feste il correre dei secoli, l’inseguirsi delle generazioni, l’arrivare all’ultima meta, il risorgere al cenno di Dio, il levarsi alla voce dell’angelo, il coronarsi della palma del martirio. Se ti dilettano gli spettacoli scenici, anche noi abbiamo la nostra letteratura, la nostra poesia, i nostri cantici, in cui però non celebriamo favole ma ricordiamo le verità che non mutano.» E il pio benedettino osserva che noi potremmo ripetere ai cristiani dei nostri giorni le parole di Tertulliano, e con più ragione ancora, perchè da quei tempi il culto si è inconestabilmente arricchito. E non sarebbe esagerato il dire che nessun spettacolo mondano potrà produrre nell’anima di un credente un’emozione tanto profonda quanto la possono produrre gli spettacoli sublimi a cui ci invita la Chiesa nelle funzioni liturgiche di questa grande settimana. Romanw I, •

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L’emigrazione transocenica e l’opera salesiana Ieri, nel pomeriggio, nell’Aula magna della Cancelleria, alla presenza di numerosi prelati e di un pubblico foltissimo e distinto, il reverendo padre don Trione, presidente della commissione salesiana della emigrazione, reduce da un lungo giro d’ispezione e di str.dio nelle Americhe, ha tenuto una importantissima e interessante conferenza sul fenomeno emigratorio e sulle benemerenze ed attività dell’opera dei salesiani in quel continente. Del testo della conferenza, gentilmente favoritoci dall’illustre oratore, pubblichiamo — certi di far cosa grata ai lettori e di rendere un doveroso omaggio alla magnifica opera di apostolato religioso e civile compiuti la parte riguardante le caratteristiche dai Salesiani differenziali di quest’opera nell’America del Nord, in quella del Sud e le iniziative pei giovani, per gli operai e per l’assistenza sociale. Eccoci a un porto, il più attivo del mondo, a una