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E non si considera che nessun fatto viene — poi con alquanta base, a far arguire la-precedente esistenza di quella figura nel Mosaico della Navicella. C’è da osservare, inoltre, che non fu Paolo V a far trasferire l’opera nei portico, durante l’anno 1617 con la seconda trasposizione, ma che fu Urbano VIII (il Fontana pretende Alessandro VII). Infatti Paolo V, nel 1617, la trasferì solo la prima volta, facendola rifare e non tagliare. Quindi, nel caso che l’angelo fosse esistito nel grande mosaico, al tempo di Paolo V, non poteva venir asportato con uno degli angoli, perchè questi, solo con Urbano, solo nel 1629, dovettero venir tagliati nell’adattamento ultimo avvenuto solamente allora. Così è dimostrato che se pure l’Angelo fosse esistito nella Navicella, avrebbe dovuto essere asportato di là solo con l’opera di Marcello ProvenzaI., e non come afferma il Liberati in una sua storia di 130 ville, con la trasposizione nella muraglia; perchè questa lo poteva contenere completamente, quale era in origine. E non c’è da ripetere la congettura che nei rifacimento del Provenzali, l’Angelo già esistente potesse essere escluso allora, perchè abbiamo già veduto che prima della nuova costruzione, il quadro originale di Giotto — a noi noto, abbiamo detto, per il disegno citato — non affatto possedeva P Arigelo. Con la qual circostanza potrebbe venir t roncata ogni discussione, se non restasse ancora il Problema dell’Angelo stesso.

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Una croce, esistente nella medesima chiesa, incon altre opere d’arte cui accenneremo, porta tquesta iscrizione: e Hanc crucem populi adorationi -- in porticu ante a trium Vaticanae Basilicae — expositam et e ruin.s: e cnin angeli figura — servatam. Baptista Simoncellus Paoli V. Pont. Max intimus cubucularius — et a veste ob memoriarn tanti templi — in hoc ab se t5 %dito sacello reposuit anno MCXII». Qui dunque si dice ancora che la croce fu donata ‘-`al pontefice al Simoncelli, intimus cubiculanus, nel tempo stesso in cui fu donato a Giotto. Ma non per questo la Navicella di San Pietro si trovava anch’essa bell’atrio dell’antica Basilica! Era forse l’angelo cu ri(e vi si trovava con la croce. Infatti il primo, quan si demoliva l’antiéo portico per la nuova facciata,14°, 11 poteva trovarsi in quello, percliè gli; scrittori cono che durante il pontificato di Paolo V era i tua.to invece nella muraglia, dove l’abbiamo vedu to• Ecco, dunque che il mosaico di Boville e quelle de;I lla Navicella non hanno relazione comune, perché Primo pare che esistesse nell’atrio dell’antica faccia ta, proprio quando il secondo era altrove. io v Con questo, la iyrizione della croce — che non di l’°1 spiegarci cosa fosse l’Angelo del vecchio atrio dice bene, e quella propria dell’Angelo per voler or S pi egar troppo, cade in contraddizione con le numete testimonianze lette, rivelandosi, molto probasieme

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bilmente, posteriore alla sistemazione di quel mosaico nella chiesa di Boville. E’ da questa epigrafe, dunque, che è sorto l’inganno circa l’attribuzione del mosaico che pertanto resta sempre opera degna di nota. E così pure — nella stessa cappella Simoncelli meglio osservata nei restauri — le altre opere d’arte la cui paternità è ugualmente dubbia. L’abate attuale ha scoperto che due altorilievi, creduti di stucco, perché li seppelliva un fitto strato di calce, sono di marmo finemente lavorato. Rappresentano S. Pietro e S. Paolo, e — contrariamente all’uso — ’si trovano il primo a destra del secondo. E’ facile congetturare per tale circostanza che questi siano altri doni di Paolo V — il cui nome venne onorato nella sistemazione del Bassorilievo di San Paolo — ma non solamente per questo si può affermare che appdrtengono al Bernini, come è stato detto, anche volendosi osservare, in quelle opere, la ma-. niera del cavaliere che, al tempo di Paolo V, ancora gioVinetto, si recava presso la Corte pontificia. C’è stato chi ha sostenuto che il Simoncelli, avendo potuto essere amico del Bernini può aver ordinato a questo i due altorilievi. Ma tutto ciò non si basa che sopra congetture ed arguizioni piuttosto gratuite. E parimenti ’si nota, questo, in riguardo alle attribuzioni pronunziate intorno alla graziosa Sacra Famigl:a, in marmo, del ’460, che è certe volte veramente squisita e fine, pure essendo qua e là un po’ difettosa nella positura del braccio destro del bambino e altrove. ANTON GIULIO BRAGAGLIA.,....z." tp4h,y; „he ii4"*AWA704ii;ZW).;,.4/ArAliW P ".e ia" friA

L’emigrazione ed il Mezzogiorno d’Italia Ritornare sopra un vecchio tema, • ch’è però sempre nella Coscienza nazionale, io credo sia opera utile ed opportuna, ancora. Il problema dell’emigra zione interessa non solo la pubblica economia, ma tocca altresì la dignità nazionale, e ciò spiega l’attenzione, che sopra di esso fu rivolta, e da uomini di studio, da spiriti cioè pratici ed osservatori, da uomini di governo. Fatto sta, che di questa’ benedetta emigrazione chi ne dice male e chi bene, chi la proclama una salvezza e chi una completa rovina per certe nostre regioni, e specie per le meridionali. I più anzi credono e credettero, che sia, una rovina, cosicchè al letto di questa illustre malata non mancarono e non mancano i medici famosi, ognuno proponendo il suo specifico. Ora, discussioni siffatte a me paiono discussioni inutili ed oziose quasi, perchè l’emigrazione non è certo un fatto che diventa esclusivamente dalle singole volontà degli uomini, ma dalle forti ed impellenti necessità, che