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avevan cacciato fuora, e avendolo incontrato„ che gli disse:, Credi tu nel Figliuolo di Dio? Rispose quegli; e disse: Chi è erri,,Signore, afftnchè io in lui creda? Dissegli Gesù: E lo hai veduto, e colui che teco parla, è quel desso. Allora quegli disse: Signore, io credo. E prostratosi lo adorò. S GIOVANNI, cap g

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volte dal dolore non s’è sprigionato l’amore! quante volte le scena disgraziata ha creato la dama gentile, l’ele,mosina delicata e consolatrice! quante volte la disgrazia non ha creato l’eroismo della cristiana virtù? Non era questo il volere di Dio: manifestare in questo sgraziato più evidente e meravigliosa l’opera sua?!

Pensieri. Innanzi ad una disgrarzia d’ordine fisico ecco apparire l’umana curiosità per vedere e misurare quanto di responsabilità abbiamo noi o la vittima di questo infortunio: innanzi ad un miracolo dobbiamo osservare le torture in cui si svolge e si perde la ra<,;ione umana, mentre è così facile ed ovvia la verità ai cuori semplici e ben disposti. Osserviamo il primo fenomeno, quello che dà origine alla domanda degli, apostoli verso Gesù. Visto un cieco dalla nascita, si chiedono di.chi sia la colpa d’un sì doloroso caso, se dello stesso paziente o non piuttosto dei suoi genitori. Quis peccavit? Gesù dà una soddisfacente risposta: nè lui nè i ’suoi parenti: ciò accade perchè si,manifestino l’opere di Dio in lui! Ecco l’altissima filosofia, che dovrebbe spiegarci le ’ragioni delle tribulazioni, delle fisiche sofferenze del dolore in una parola. Che ne sappiamo noi di quest’altissime ragioni per cui Dio tollera, o permette le disgrazie? Vero è che pei peccati — sta scritto nelle S. Scritture — av’vengono le disgrazie», ma ciò non è sempre, ed in ogni caso ugualmente vero. Molto male e morale e ’fisico è da ascriversi a questa ragione, ma non tutto. Abbiamo osservato rovesci di fortuna, disgrazie, infermità, debolezze,.etc. Le ragioni di queste molte volte non sono lontane: di loro si potrebbe ben dire che la colpa o fu dello stesso paziente o degli antenati, ma è pur vero che tante volte disgrazie fortissime, diutùrne, dolorose, sanguinanti colpiscono ottime e pie persone religiose, persone timorate, deferenti alle leggi divine, attente, vigili, laboriose: ed allora? Ed allora rispondiamo la risposta di Gesù: la ragione ’solo Dio la conosce, ed è imperscrutabile all’umana curiosità: ma l’uomo può tante volte ossèrN V come il dolore purifichi e santifichi chi nel comodo, nel lusso, nell’agiatezza della stessa salute fisica, delle migliori qualità intellettuali, della stessa florida posizione economica avrebbe, abusato. Quante

A manifestate l’opera di Dio Cristo compie con tutta facilità l’opera della guarigione del cieco nato. Quante volte si legge la narrazione facile nella dizione, altissima sulla storia si rimane commossi. Il cieco subisce l’opera di Cristo: s’umilia sul, ricevere il fango dello sputo e polvere sui propri occhi, corre allo -stagno di Siloe, ove, — dice il Vangelo — va, si lava, vede! Quanta ’semplicità per concludere che oltre la facoltà della vista materiale ottiene pure quella di vedere nei disegni e nelle divine verità: La cosa corre tanto logica e- facile che l’Evangelista appena si ricorda di notarld quando lo vede inginocchiato innanzi a Gesù gridargli la ’sua fede: Il cieco aveva più che visto, provato ed esperimentato la potenza di quest’uomo singolare e credeva immantinente alla sua parola. Non così i farisei, quelli della Sinagoga. Essi — che zelanti ipocriti deil’onor della legge, delle tradizioni, del conservare più Lhe il retto, la posizione, il favoritismo, il potere, — hanno cospirato di scomunicare chi osa dire bene di Cristo, essi vanno pensando, almanaccando pretesi d’idoneità sulla persona guarita: impotenti •a, non riconoscerlo, cercano obbiezioni sulla purezza della dottrina e potenza di lui, che è uomo peccatore, nè può essere ascoltato da Dio... Ma quanto più semplice, senza fronzoli, logica, rigida la parola del cieco: «Io non so e non capisco di chi diciate e che vogliate: so che mi ha guarito in modo eccezionale: so che Dio non ’ascolta i cattivi e dunque... non sarebbe miglior partito che «pur voi aveste a farvi suoi discepoli e zelatori?...» Ironia feroce!!... Risposero colle voci e parole della superbia: noi siamo i discepoli di Mosè!... Quanti a Cristo non rispòndiamo: siamo i discepoli della scienza, i discepoli del mondo, i seguaci della singolarità, non siamo della volgarità, rifiutiamo Cristo.... irragionevoli sempre per falsa coerenza, nei peccati o nella superbia. B. B.