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parlava il latino ed intendeva il greco e l’ebraico.

Non fa meraviglia che un uomo adorno di tanti Pregi, acquistasse fra i suoi contemporanei una grandissima rinomanza, e che tutti i regnanti, non esclusi gli infedeli, facessero a gara per rendergli omaggio, tanto che lo stesso califfo.Aaron-el-Rascid gli Mandò un’ambasciata a recargli con diversi altri doni, anche le chiavi del S. Sepolcro. e..

Non fu immune però da colpe. Gli si è con ragione rimproverata un’eccessiva severità verso i Sassoni ribelli, come quandó nella quinta spedizione contro di loro ne fece uccidere•circa’45oo nelle pianure di Verden. Atto crudele ed ingiusto senza dubbio, ma che merita tutte le attenuanti, avendo il re voluto con quell’esemplare castigo dare una lezione efficace a quel popolo riottoso, che per cinque volte aveva violato le giurate promesse, fatta una strage di pacifici missionari e che infine aveva avuto la rellonia di assalire i Franchi alle spalle mentre questi, fidandosi di loro, combattevano gli slavi. Menta pure biasimo il suo eccessivo,zelo, per cui talvolta giunse ad imporre con la, forza la Lede cristiana; cosa che la Chiesa non ha mai approvato e della quale il dotto Alcuino non tardò a rimprover arlo. Quanto alla sua vita privata, non andò scevro di macchia nelle sue relazioni coniugali. Sono note le vicende della celebre Ermengarda, figlia di Desiderio, immortalata dal Manzóni neIl’Adelchii che Carlo Magno cedendo alle rimostranze di papa Ste. fano III, rimandò in Italia. Queste ombre, che l’indole dei tempi attenua, furono espiate con una morte edificante. La sua salma, come suole avvenire a quasi tutti gli uomini grandi, crebbe ancora dopo la sua morte, ed i fedeli giunsero perfino a venerarlo come santo. Federico Barbarossa ottenne dall’antipapa Pasquale III la sua canonizzazione: e sebbene la Santa Sede non abbia mai ratificato quell’invalido decreto ha però tollerato che in alcune chiese, fra le quali quella di Aquisgrana, dove riposa la sua salma, se ne continuasse a celebrare l’ufficio e la festa. Ma se Carlo Magno non fu un tale eroe di santità da meritarsi in terra l’onore degli altari, è certo nondimeno che egli, anche cattolicamente parlando, è una delle figure più grandi e più intemerate della storia; e in tutta la lunga serie dei monarchi cristiani non se ne trova alcuna, eccetto forse Costantino, che si sia reso più di lui benemerito della religione in generale e della S. Sede in particolare. Meritamente perciò le statue di questi due sommi i mperatori romani, furono collocate nell’atrio del maggior tempio della cristinità, quasi a significare che essi hanno avuta una non piccola parte nel diffondere e nello stabilire quel prestigo sovrumano che e la religione e la Santa Sede hanno acquistato nel Inondo. Carlo Magno però, più ancora di Costantino, rifulge nella storia come il tipo, l’ideale. di ciò

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che dovrebbe essere un regnante cattolico nei suoi rapporti con la Chiesa. Cosa meravigliosa! In 46 anni di regno, questo potentissimo e battagliero sovrano non venne mai pur una volta, a serio contrasto col Papa, coi Vescovi, e non commise contro del Clero alcuna soperchieria. La sua protezione non fu mai un peso, e il suo vivo interessamento per le cose della religione non divenne mai una ingerenza indebita. Del clero non fu nè il Servo, nè l’oppressore; e il Clero a sua volta, benchè,da lui ampiamente adoperato per la sua cultura ed onestà anche nei negozi civili, non pensò mai ad usurpare quei diritti che non gli spettavano. La ChieSa e lo Stato non godettero forse mai di maggior pace.e prospietà quale sotto:1 saggio governo di colui 9kie seppe attuare fra il potere civile ed insieme la più armonica alleanza, che si sia veduta nei Secoli cristiani.

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Sarebbe pur quindi sommamente desiderabile che la ricorrenza centenaria di questo portentoso uomo di Stato, richiamasse l’attenzione dei moderni governanti, al grave e ponderoso problema delle relazioni fra Chiesa e Stato, e valesse a frenare alquanto la mania laicizzatrice e separatista che ha invaso specialmente le nazioni latine. La questione dei rapporti fra l’autorità religiosa e la civile è ora più che mai di attualità. Il governatore di Colonia, von Reinhagen, nel dare ufficialmente a nome del governo il benvenuto a Mons. Hartmann, novello arcivescovo di quella città, si augurava recentemente l’accordo, anzi l’armonia, fra Chiesa e Stato, e soggiungeva che «l’armonia fra queste due istituzioni è il grande postulato dei tempi nostri». Si potrebbe dire con verità che questo non è solo un postulato dei tempi nostri, ma, fu ognora la più grande esigenza della società, dacchè il cattolicismo è apparso nel mondo, Filippo Robotti. f"A

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GIOVANNA D’ARCO SAPEVA SCRIVERE La domanda potrebbe parer superflua a taluno e la risposta, inutile. Sapesse o non sapesse leggere e scrivere Giovanna D’Arco resterà sempre la grande, eroica figura della donna che nel nome di Dio e del Re, liberò il suo paese dalle insidie dei nemici e morì assassinata legalmente, ma pura e incontaminata nella sua bella e profonda fede. Pure, anche la domanda: Giovanna D’Arco sapeva scrivere? ha la sua importanza e la risposta — che è affermativa —