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viare da quell’orgoglio, che anela all"assolutismo. -La potestà anche politica dei Papi non gli fece ombra, né -destò, i suoi appetiti; e perciò lungi dal pensare a distruggerla volse ogni cura a fortificarla e amplificarla. Il suo zelo per la causa della religione e per la libertà, della Sede Apostolica fu meritamente com-, pensatcL dal Pontefice Leone III, quando lo elevò all’eccelsa dignità di imperatore romano; la quale cosa avvenne nella notte di Natale dell’800, allorché il Papa, accostandosi al Re, che stava orando, gli pose sul capo una preziosa corona gridando tra le acclamazioni del popolo: it A Carlo Augusto, coronato da Dio, grande e pacifico imperatore dei Romani, vita e vittoria!» Questo nuovo impero creato da Leone III, e che i suoi successori si riservarono poi sempre di conferire, non poteva evidentemente essere l’antico impero, che i barbari avevano in Occidente da tanto tempo distrutto; ma come indica l’appellativo «sacro» con cui lo si soleva contraddistinguere, era un principato di indole più morale che territoriale, la cui influenza doveva estendersi a tutte le terre, della cristianità; sicché, come il Papa ne era il Capo nell’ordine spirituale, così l’Imperatore ne divenisse in certa guisa il Capo nell’ordine materiale. L’imperatore però non acquistava veri diritti politici sugli altri regni, ma solo contraeva il dovere di tutelare col suo potere gli interessi della religio: ne, di porgere aiuto agli altri principi cristiani e particolarmente al Papa, quando venissero ingiustamente assaliti, ecc. Con questa istituzione i Papi proclamarono altamente che, anche nell’ordine materiale, vi doveva essere fra le nazioni cristiane una specie di fratellanza e di solidarietà. Nell’intenzione di yeone III poi l’Impero doveva anche agevolare la diffusione del Vangelo e della civiltà cristiana nel mondo. Erano il sacerdote e il soldato che si univano non per confondersi, ma per aiutarsi; e mentre quità dei Pontefici doveva contemperare la forza dell’Imperatore, questi dal canto suo doveva, quando ne fosse d’ubpo, sostenere anche con la spada gli inermi diritti della religione e della Santa Sede. E’ ben vero che questa istituzione, ottima in sè, causa il rapido tralignare dei Carolingi e degli Ottoni, corrispose raramente al suo nobilissimo scopo; tuttavia è forza riconoscere che, nonostante l’indegnità di molti imperatori a il Sacro Romano Impero» non fu nel Medio Evo senza il presidio di questa istituzione, la libertà dei Papi e la civiltà latina avrebbero corsi, in mezzo al rimescolio di tanti popoli e al continuo minacciare dell’islamismo,, rischi assai gravi e funesti. Infatti, mediante l’intima alleanza, che allora si stabilì fra la Chiesa e la potestà civile dergrande impero dei Franchi, si ebbe il fondamento della nuova civiltà cristiana, in Occidente. Carlo Magno non fu solo un prode e fortunato guerriero, ma fu pure un savio, governatore di popoli, anzi un ardito ristoratore dell’ordine sociale e un entusiasta promotore

della’ Coltura. Si deve quindi considerare come uno di quegli uomini straordinari che la Brovvicienza suscita, quando vuole rinnovare una società sfasciatasi e dare al progresso dei popoli un impulso gagliardo. Al chiudersi delle invasioni germaniche Carlo Magno appare quale, un genio benefico che fa rifiorire i germi latenti della civiltà latina, quasi soffocata dalla valanga barbarica. Come legislatore però Carlo Magno non ha nella storia una importanza eccezionale, perchè egli non compilò come Giustiziano, un codice veramente nuovo e originale. Sua precipua cura fu piuttosto di ordinare nei suoi vasti domini una regolare e possibilmente uniforme amministrazione. Nei suoi Capitolati — raccolta di leggi amministrative, di ordinanze civili ed ecclesiastiche — si trovano delle cose interessantissime, come a mo’ d’esempio quel decreto che potrebbe destare non poca sorpresa in coloro che hanno bonariamente creduto che la scuola primaria obbligatoria sia una scoperta prettamente moderna. L’ordinamento politico ed amministrativo da lui stabilito si rivela per quei tempi, al tutto meraviglioso. Le principali leggi si discutevano nelle annuali assemblee dette a campi di Marzo o di; Maggio», alle quali intervenivano tutti i notabili dell’impero. La loro esecuzione era affidata ai Conti, che erano i capitani di gúerra e giudici e amministratori in tempo odi pace. A sorvegliare e sindacare l’opera dei Conti, oltre ad un Conte Palatino, residente in ()gni nazione, Carlo Magno inviava due massi doinlnici, specie di ispettori, l’uno ecclesiastico, l’a,,ro laico, che ogni anno visitavano, a nome del sovrano, tutti i paesi dell’impero. Egli comprese pure quanto ad ottenere questa,11nità amministrativa, avrebbe giovato il dirozzamento e l’unione delle menti, mediante lo studio delle sentenze e delle arti. Carlo Magno, sebbene cresciu to in mezzo ad un popolo che non apprezzava se non la forza, e benché occupato in guerre quasi incessanti, pure fu un grandissimo mecenate della coltura sotto tutte le sue forme. Favorì l’erezione e l’accrescimento dei monasteri, che erano allora gli unici focolai del sapere. Egli stesso fondò delle scuole e una Accademia detta Palatina, a cui interveniva coi suoi figli e dove si disputava delle varie scienze. Scarseggiando allora la Francia e la Germania di uomini dotti, egli ne raccolse uno stuolo dall’Italia e dall’Inghilterra, che ne erano meglio fornite. Bramosissimo come era di imparare, godeva di intrattenersi dunghe ore con questi dotti, fra i quali si distinguevano l’inglese Alcuino — un enciclopedico di quei tempi — e gli italiani Paolo Diacono, Paolino da Pisa ed Eginardo. Dall’Italia fece pur venire dei pittori, degli architetti e dei maestri di canto, i qúali ultimi fondarono a Soissons’a Metz e a S. Gallo delle scuole di musica. Personalmente Carlo Magno non iscompariva in mezzo ai dotti, di cui si era circondato, perchè si dice che egli avesse una discreta infarinatura delle varie scienze del suo tempo, e quanto a lingue, oltre il volgare,