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Anno XIII. 7 Marzo 1914. Num. 10.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Dante e la Verna. — Il Cattolicismo in Cina.
Religione. —Vangelo del la II domenica di Quaresima. Necrologie Clelia Pasta-Ferranti; Ing. Gluseppe Scola; Luigi Vittorio Stoppani. — Compassione (poesia). — Ringraziamento.
Beneficenza. —Per l’Asilo Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi. — Un nuovo appello. — Per la Casa di Riposo pei Vecchi Ciechi.
Notiziario. —Necrologio settimanale. — Diario.

Educazione ed Istruzione


Dante e la Verna


«... al quale (la verna) si affisano ancora, dietro il verso di Dante attratti in visione, gli sguardi del genere umano».


J. DEL T.1»co. Essere ricordati da, Dante si attribuisce al.più grande onore. Onde vi fu fino chi giunse alla follia di scrivere: che avrebbe elargito milioni di lire per essere infamato dall’Alighieri, solo cullao nel dolce Pensiero di avere prestato materia all’opera più po.derosa della mente umana. Ora fra tutt’i luoghi, che Dante con frase scultoria ha descritto, parmi che pochi possano reggere al paragone della Verna, che egli in un terzetto ci presenta nella sua cruda natura gebgrafica e ne’ fasti della sua storia. Il Poeta trovasi asceso nel Sole, ed ivi dodici spiriti lucenti più che il pianeta — sono i grandi maestri in divinità — gli vengono a far corona intorno: ed il più dotto di tutti, S. Tomaso d’Aquino, con affetto tutto celestiale, prende a narrare le glorie della vita di S..Francesco d’Assisi. Il. vate mette in bocca a S. Tomaso ’un inno epico; e non poteva fare altrimenti, come duello che celebra le, lodi di bio e de’ celesti e che meglio di qualunque altra forma si presta alla sublimità del soggetto. Io non starò qui a discorrere tutte le lodi, che Convengono all’inno epico delle quali Dante si mo stra perfetto possessore; ma dirò solo col "l’essermann, ch’egli nella trama deI grandioso ed arduo soggetto non ha potuto raggiungere la perfezione dell’arte. Tanto Dante quanto Giotto — risalendo alle tradizioni francescane, e non creando, come hanno supposto parecchi — nel dipingere la vita di San Francesco hanno voluto fare uso dell’allegoria: le nozze di S. Francesco con la Povertà; ma ambedue non sono riusciti alla piena ragionevole personificazione degli enti morali. Il che ne è di grande ammaestramento, come ogni vigore d’artista sia impotente a spirare il soffio della vita in un’arida allegoria: e anche il Milton éd il Klopstock che vollero più tardi tentarne la prova, fecero la fine d’Icaro. Lasciando da parte Giotto, di cui non possiamo intendere la ragionevolezza di dipingere una bellissima donna innamorata che per piacere all’amante ha la veste bianco-rosata in parte sdruscita, ed i piedi scalzi,su uno strato di spini, ci giova rilevare — contro certi fanatici ed ignoranti che non sanno che cosa sia arte — che Dante non ha potuto ottenere la piena personificazione delle mistiche nozze secondo i razionali dettami della natura. E infatti come ’può ammettersi, che un giovine s’innamori di una vedova da più che mille e cent’anni? Come può permettere un marito fortemente preso della sua donna, che gli altri le corrano dietro, perchè sì la sposa piace? Come può verificarsi che una sposa per quanto innamorata del suo consorte voglia servir da bara al suo corpo dopo la morte? Tralasciando questi ed altri punti del canto, che non rispondono certamente alla natura psicologica dell’amore, conviene ammettere però che socco gli altri aspetti il carme a S. Francesco di Dante ha tali bellezze, che vince d’assai tutte le altre opere in onore del Serafico Padre. Nè con ciò intendo di dire che Dante ci abbia pienamente rappresentata la vita e l’opera meravigliosa di S. Francesco: giacchè nessun ancora certamente, compreso S. Bonaventura che andava, in estasi quando ne dettava la vita, ha saputo darci il concetto del grande Patriarca e della,sua opera altissima. Nonostante queste pecche, l’inno dantesco ha pregi così sublimi, che nessuno ha potuto ancora,superarlo e forse non lo supererà mai. Ma per la