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IL BUON CUORE, te assistito dai suoi cari e di avere a disposizione tutte le medicine e rimedi necessari al suo stato, mentre molti e molti altri languivano soli e senza cure, espresse insistentemente il desiderio che gli venisse portato in camera un malato povero, il quale potesse dividere i suoi agi. Non potè essere accontentato. Allora, con una maggiore insistenza, pregò che lo trasportassero lui in un comune ospedale, ove almeno avrebbe potuto essere curato insieme ad altri poveri e con l’istessc loro trattamento. Né anche ciò gli potè essere concesso. E fu con questo nuovo dolore, ch’egli si spense il 19 Agosto del 1662. Pascal fu un grande pensatore ed un grande letterato. Distinguo coteste due virtù, perché la prima è in lui più estensiva della seconda. Infatti, oltre ad essersi mostrato, egli, un profondo pensatore in ciò di cui per mercé sua si- arricchì il patrimonio letterario francese, la inesausta sete del suo cervello ce lo rappresenta come in un continuo stato di attività che è fonte di opera ben più varia. Abbiamo veduto come, fanciullo, egli abbia portentosamente esordito nelle astrusé discipline della matematica e della geometria. Fattosi adulto, l’insaziato suo bisogno di pensare lo portò su i controversi campi della filosofia e su quelli allora non’ben definiti della fisica. Infine, quando l’arco della sua maturità intellettuale toccò un eccelso vertice da ben pochi raggiunto in tutta la storia dell’umanità, egli, rinnegando quanto gli era stato sino a quel giorno oggetto di ricerca e di studio, o amaramente constatandone la folle inutilità, mise il proprio pensiero a contributo dell’arte letteraria, e questa, a sua volta, volle che servisse l’altissima imperitura causa di Dio. Nel breve riassunto della sua vita, già si è fatto cenno di lui come matematico e come geometra. Diremo ora qualche cosa della sua importanza come filosofo e come fisico, riservando da ultimo la parte che lo riguarda come letterato. Taluni hanno voluto chiamare Pascal un filosofo scettico. Ma io credo che solo erroneamente lo si possa ritener tale, sia nel senso d’uno pseudo pessimismo alla Leopardi, come in quello più elevato e trascendente alla Schopenhauer. Egli, infatti, non nega la ragione e la sua efficacia: afferma semplicemente che cotesta facoltà, pur nobilissima, dell’uomo, è troppo limitata perché non si debba credere se non a quello che ad essa,si sottomette..Una delle massime, per esempio, su cui si fonda tutto il suo incrollabile edifizio di fede, è cotesto giòjello di verità: «La dernière dé marche de la raison, c’est de connaitre qu’il y à une inllnitè de choses qui la surpassent. Elle est bien faible si elle ne va jusque là». E tanto é, secondo lui, limitata, essa ragione, ch’egli fa senz’altro risolvere la filosofia nella teologia, ’disconoscendo ogni attendibilità alla prima e lasciando invece ampiamente imperare la seconda, senza la quale afferma essere impossibile raggiungere i] concetto dell’esistenza di Dio. Infatti, Pascal, non si studia di provare cotesta sublime verità a traverso i meravigliosi effetti che ci son manifesti nella natura. Da Platone

a Sant’Agostino, a Descartes e a Bossuet, si è sempre detto: vi è un edifizio; vi sarà stato, ’dunque, il suo architdto. Egli, invece, dichiara che ’la convinzione dell’esistenza di Dio, a traverso quel •procedimento, anche • se ottenuta, sarebbe sterile ed inutile; perché essa non sussisterebbe se non durante l’istante in cui noi ci troviamo dinnanzi a si fatie prove, mentre un’ora più tardi,.potremmo temere d’esserci ingannati. Su quale proposizione, allora, fonda Pascal il convincimento dell’esistenza di Dio? Su la cosi detta regola des paris ou des partis. A supporre che Dio esiste, egli dice, voi avete tutto da guadagnare e nulla da pérdere:’ a supporre che non esiste, avete tutto da perdere e nulla da guadagnare. Dunque, supponete che Dio esiste. Né qui è il caso, continua egli, di eccepire da, talunO-che non si vuole affatto supporre nè che Dio esiste, nè che non esiste. Ciò sarebbe imposibile. Noi siamo obbligati, per la nostra stessa. natura, a cotesta supposizione, sia pure positiva o negativa. Fin qui, ciò che riguarda la convinzione dell’esistenza di Dio. Quanto alla conoscenza ’di Lui, dice Pascal, non è certo alla ragione che noi dobbiamo chie-,, derne conto. Essa è inadatta a un così arduo compito. Al cuore, noi dobbiamo rivolgerci. Infatti, conoscere Dio, equivale ad amarlo. Iddio ’è sensibile al cuore, non alla ragione. Ecco tutto il foitridamento della fede. Tale è il Pascal filosofo, nel problema che assorbiva tutto il fuoco della sua intelligenza. Darò ora. qualche cenno di lui, come fisico. • Uno dei meriti’ più geniali, a questo riguardo, è quello ch’egli ha a proposito dei voi studi sul vuoto e su la pesantezza dell’aria. Era, cotesto, un argomento che interessava tutto quanto il pensiero della scienza, e non solamente in Francia, durante la prima metà. del secolo decimosettimo. Fino al principio del 1600 si era universalmente accettata una strana massima, la quale aveva quasi finito per assurgere alla dignità ed alla autorità di un dogma: la natura, si diceva, ha orrore del vuoto. Con una si fatta formula si intendeva di significare che la natura, per una delle sue innumeri misteribse leggi, inesorabilmente dilaga e investe là ove non trova ostacolo all’incessante suo cammino. Se non che, proprio in quel tempo, nel florilegio magnifico di tante e tante superbe intelligenze che si studiavano continuamente di scoprire nuovi lumi all’umano sapere, già si era cominciato a dubitare della serietà di cotesta massima. S’era venuti alla certezza che il vuoto assoluto non esiste. Come avrebbe potuto, dunque, la natura aver orrore di ciò che non esiste? Il quesito venne casualmente, proposto a Galileo, ch’era allora matematico del Granduca Cosimo I),. Medici, per un fatto ritenuto inesplicabile ed av!venuto nei giardini del palazzo di costui a Firenze. Si voleva far giungere un getto (l’acqua sino.ad una, piuttosto grande altezza; e s’era c’onstatato.ch’esso, per quanto si facesse, non riusciva ad oltrepassare un determinato limite. Come mai? Se fosse realmente esistito il vuoto e la natura ne avesse avuto, come si diceva, orrore, ciò non avrebbe dovuto accadere. Galileo, nondimeno, rispose che in quel caso la natura aveva si