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IL BUON CUORE 395


lida miseria, e tuttavia ardiscono formulare dei piami che la sapienza umana chiamarebbe pazzi. Benchè il nemico sia centinaia di leghe lontano, osano intimargli guerra mortale; traversano immense contrade, salcano mari, colla rapidità del lampo si portano sul teatro della agognata battaglia, vogliosi di battersi corpo a corpo, disperatamente con esso, e decisi di vincere o morire; anzi, non di morire ma di vincere. Sono uomini di lotte ciclopiche col male, sono espugnatori degli immensi regni di Satana, i nemici dichiarati del vizio e dell’errore nelle loro forme più deplorevoli e micidiali cui danno una caccia spietata, cui non lasciano tregua o quartiere e non depongono la spada che per raccogliere la corona della vittoria. Così fu di Mons. Biffi. Fondata la Misione di Birmania che lasciava fiorente in altre mani, risuscitato il morto, ossia, rifuso nuovo sangue nelle vene della diocesi di Cartagena e vedutala ornai ricondotta alla primitiva religiosità e purezza di costume, tutta un fremito di rigenerazione spirituale, tutta una freschezza di slancio e di attività sulla via del bene, con un Seminario indigeno che già dava i primi frutti preziosi, con diverse Famiglie Religiose per la miglior assitenza possibile nelle cose dell’anima, pote</a ben congedarsi dalla terra. La sua giornata era stata meravigliosamente impiegata e riempita. Una incredibile irradiazione di bene si era sprigio’ nata da lui per espandersi in un immenso raggio tutto all’intorno, e ciò con un uso sapiente della sua persona, delle sue energie, delle sue risorse, del suo felice carattere, del suo ingegno ricco di espedienti, della sua dolcezza, del suo tatto squisito, della sua prudenza, del suo danaro e di quello degli altri che con dolce violenza forzava a mettersi a contributo per le migliori finalità. Un senso di penosa invidia ci prende quando, sul suo letto di morte, senza dolori, senza rimpianti, tutto abbandono fra le braccia del buon Dio che aveva servito con tanta lealtà, perciò calmo e sereno, si addormentava nel placido sonno della morte dei giusti, perchè moriva da valoroso campione di Dio, oppresso dal cumulo schiacciante di bene operato, e sotto il peso della riconoscenza e dell’ammirazione di tutti, non esclusi i divorziati dalla Chiesa cattolica e coloro fra i cattolici che furono sordi ai suoi paterni richiami. Fu pertanto indovinatissimo pensiero quello del suo fedele e benamato segretario, da tempo chiamato a raccogliere l’eredità di tanto Vescovo per sedere sulla cattedra di Cartagena, di erigere a Mons. Biffi questo stupendo monumento di pietà. Fu bene che la Casa delle Missioni Estere di Milano di cui Monsignor Biffi è stato dei primi alunni, di propria iniziativa facesse pubblicare la mirabile vita di tanto Apostolo. Tutti converranno che quest’omaggio era dovuto a colui che tanto onorò quel sacro Asilo e Seminario di eroi; tutti la loderanno d’aver fatto le cose signorilmente, da grande. Perché il volume di

cui parliamo, uscito dalle officine Alfieri e Lacroix di Milano, è semplicemente un lavoro smagliante per tecnica e arte tipografica, per la profusione di vignette e numerose tavole fuori testo. Ah! vada adunque questo messaggero di glorie le più pure a narrare a tutti così sublime poema; non potrà a meno di richiamare sfavillanti sorrisi sul volto di quanti, depressi d’animo per la nequizia dei tempi che corrono, e sfiduciati della volgarità dei loro simili, credettero chiusa per sempre l’era dei prodigi e degli uomini grandi. Quando improvvisamente ci balza innanzi ancora un eroe come Monsignor Biffi, che riconosciamo nostro contemporaneo, nostro concittadino, possiamo ben riconciliarci ancora coi tempi nostri e coll’umanità, e non disperare del presente e guardare con fiducia il luminoso avvenire. Can. L. MEREGALLI.


Cronaca d’emigrazione

Natalità ed emigrazione î ha mortalità dei bambini italiani - Cifre impressionanti Gli operai della Vurka

Nuovo Segretariato.

BASILEA. Recentemente, ìn uno studio pubblicato sulla Riforma sociale di Torino, il dottor Achille Necco si è occupato con larga copia di dati e di argomenti del problema dell’emigrazione e della natalità nel Piemonte, venendo alla conclusione che la diminuita natalità piemontese non può attribuirsi nè alla scarsezza dei matrimoni nè all’età degli sposi e neppure all’accentramento della popolazione in grandi città. Ma trova con molta probabilità i suoi coefficienti principali nella diffusione della piccola proprietà e nei frequenti contatti con la Francia. Per quanto riguarda la vicina repubblica la conclusione può essere giusta; ci risulta infatti che una larga propaganda delle dottrine neo-malthusiane è fatta anche tra i nostri numerosissimi emigranti nella Meurthe-et-Moselle e nei dipartimenti del sud confinanti coll’Italia. Quanto agli altri paesi di larga e regolare immigrazione italiana, la Svizzera, la Germania, l’Austria-Ungheria, ’ ecc., la prima constatazione che si fa e che fanno specialmente gli stranieri visitando le colonie urbane o le agglomerazioni die operai intorno ai grandi lavori, è quella del grande, quasi impressionante numero dei bambini che riempiono le strade, si affacciano curiosi da tutti i buchi delle baracche sgangherate, mettono una nota vivace di ilarità gaia e rumorosa sullo sfondo triste dei villaggi di lavoro. Poveri piccoli esseri, votati precocemente alle miserie della vita e dell’esilio, essi costituiscono una curiosità per gli indigeni