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Anno XII. 13 Dicembre 1913. Num. 50.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —I Comignoli, (continuazione e fine). — Una gloria milanese. — Cronaca d’emigrazione.
Religione. —Vangelo della quinta domenica d’Avvento.
Beneficenza. —Per l’Asilo Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi. — Per la Provvidenza Materna.
Notiziario. —Necrologio settimanale. — Diario.

Educazione ed Istruzione


LA VOCE DELLE COSE


I Comignoli


Continuazione del numero 49.



Una voce roca, che non avevo ancora sentito, parlò. Era un comignoletto rozzo e screpolato, fatto di tanti comignoli piccoli e grandi, addossati l’uno all’altro, accatastati, ma saldi e sicuri. Era il comignolo del- popolo piantato come una torre di vedetta sui tetti di un casamento enorme, fantastico, nella notte stellata.

— L’unione fa la forza! Io non temo affatto il ciclone e poco il terremoto. Son saldo, Siamo in dieci: dieci gole, venti stipiti, cento muretti forti ed invincibili. Non sono così saldo per opera di vanitosi capimastri o di manovaletti mestatori di torbida calcina, ma per la sola volontà, per la sola opera dell’architetto che così. mi pensò e così mi fece. Io sono forte e lui ringrazio tutte le volte che questa mia forza trionfa. Ma ognuno ha la sua debolezza. Io ho quella di avere una grande sete e prego sempre i venti Che mi portino un po’ di fumo altrui, da levante o da ponente non importa, purché io possa calmare queste mie gole sempre insoddisfatte.

— Io sono debole invece — disse il comignoletto rosso — ma satollo. La mia padrona, che è una cantante, mi dà fumo dolce tutto il giorno, ma basterebbe il fischio di un vento un po’ sgarbato per farmi rovinare. Sono così carino che gran peccato sarebbe la mia scomparsa dai tetti della città.

— Sei presuntuoso, anche — osservò il filosofo. — Ma ciò non ostante il più debole sono io, che son solo, abbandonato come te alla mercè dei venti e dei cicloni e il cibo che il mio padrone mi manda è senza sale.

— Ed io — interloquì il mio comignolo dopo di essersi raschiata alquanto la gola — con questo abbaino sotto i piedi mi sento fortissimo e impavido affronto le tempeste, ma il fumo dei sogni è anche più insipido del fumo di polenta. Perciò sono costretto a nutrirmi di speranza.

— Chi vive di speranza muore di doglianza — disse il popolo. — Io lavoro sempre, ma non spero più se non nell’architetto che mi fece. Un manovale che venne un giorno quassù per accomodarmi quattro pietre sconnesse dalla pioggia, mi disse ogni sorta di male dell’architetto e dei suoi studii, e dell’opera sua, e mi volle dare ad intendere che senza l’opera del manovale io sarei presto rovinato. Un poco mi convinsi e pensai che davvero aveva mal fatto l’architetto costruendomi in questa maniera, ma poi che il manovale se ne andò mi accorsi che l’opera sua s’era ridotta a dare un poco di calcina alla superficie, sulle scrostature esterne, ma di dentro le mie pietre erano sempre più sconnesse e sempre più lo saranno. Perciò dico che quel manovale mentiva in malafede, ingannando deliberatamente me e quelli che mi guardano e temo che se non interverrà ancora l’architetto questa mia forza pugnace sarà presto un ricordo.

La campana del Duomo battè dodici colpi lenti