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Anno XII. 29 Novembre 1913. Num. 48.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —Il monumento di due civiltà, — Figure ed Ombre. — Per un cittadino illustre.
Religione. —Vangelo della terza domenica d’Avvento.
Necrologia per la Marchesa Maria Trotti, Rosa Brambilla (cicca), Aurelia Cappello Cerri.
Beneficenza. —Per l’Asilo Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi. — Per la Provvidenza Materna.
Notiziario. —Necrologio settimanale. — Diario.

Educazione ed Istruzione


Il monumento di due civiltà


IL COLOSSEO NELLA STORIA



Rievocando la fine del paganesimo in Roma, nell’anno in cui la Chiesa ricorda la pubblicazione dell’editto di Costantino, chi scrive ha già avuto occasione di osservare essere stata gran ventura che non andasse attraverso i secoli distrutto il monumento forse più tipico ed espressivo nella tradizione pagana ed al quale sono congiunte per i cristiani le memorie più care, come quelle che ricordano il glorioso battesimo di sangue che la religione loro ivi ricevette. L’anfiteatro Flavio difatti, destinato tante volte a scomparire, c’è invece rimasto nelle forme di una meravigliosa rovina, tale che, se più non potrebbe servire agli usi per cui l’edificio era stato costrutto, sembra però sfidare l’opera dell’uomo, che pure gli fu assai più fatale di quella del tempo. C’è in questa sopravvivenza un significato simbolico che rende il monumento tanto più prezioso e che ci induce a farne oggetto di una specie di culto storico, non solo, ma religioso.

Un’opera che riassumesse ed illustrasse le vicende subite dall’anfiteatro Flavio nei suoi venti secoli di vita era indubbiamente destinata a portare un largo contributo alla espressione di questo culto. E questa opera ci è proprio stata data nell’anno consacrato alla commemorazione di un grande fatto storico, del
tramonto, cioè, di una civiltà, dopo di cui il mondo, nonchè morire, risorse più libero e più giovane di prima per una virtù nuova che l’aveva rigenerato.

Forse nessun altro monumento è andato soggetto a tante e così varie peripezie e, dopo di essere stato teatro d’infamie senza nome, ha ricevuto più bella e invidiabile consacrazione. Dagli spettacoli che vi diedero i successori di Tito (sotto il quale nell’anno 8o l’anfiteatro venne inaugurato con splendidissime feste) alle giostre dei primi decenni del secolo decimoquarto, ai drammi sacri e alle pie funzioni della, Via Crucis che vi si celebravano ancora nel secolo scorso, è una serie di vicende che tutti sommariamente conoscono, ma delle quali è interessante leggere i particolari nelle descrizioni che ci sono pervenute.

Caratteristiche negli spettacoli che si celebrarono nell’anfiteatro Flavio nei primi sei secoli dell’era volgare furono lo sfarzo e il realismo delle scene cruente. Marziale ci ricorda fra gli spettacoli magnifici e straordinari quello indetto da Domiziano, sotto il cui regno l’arena venne accomodata in modo da rappresentare Rodope, nella cui sottoposta pianura, come in un teatro, Orfeo cantava, mentre intorno a lui ballavano scogli e selve con ogni genere di uccelli e di animali mansueti e feroci. Orfeo era rappresentato da un reo, il quale rimase lacerato da un orso.

Il sacrificio di vittime umane era comunissimo e ordinato senza pietà da imperatori che non esitavano a scendere essi stessi in campo per delle incredibili esibizioni di coraggio. Commodo riuscì a far scrivere ad uno storico mai non essersi visto nè udito che un imperatore sfidasse i più rinomati gladiatori ed uccidesse di propria mano tante fiere, così che da ogni angolo d’Italia e dalle regioni finitime accorrevano le genti in Roma per assistere a quegli straordinari spettacoli. Fu durante il regno di Commodo che un giorno si sparse la voce essere intenzione dell’imperatore di trafiggere con saette gli spettatori. Il popolo aveva ben motivo di credere alla diceria, non ignorando che quel mostro una volta riunì in un luogo tutti gli storpi, gli zoppi, ed avendo loro circondate le ginocchia con figure di serpenti, e date a essi delle spugne perchè le lanciassero, quasi fossero pietre, e considerandoli quali giganti, li percosse e li uccise.