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IL BUON CUORE 333


No! no! lo bestemmiano perchè lo odiano, perchè non lo possono avere, perchè sfugge ai loro vizi, alle loro settarietà, alle loro cattiverie, ma non sono tranquilli. Gridano, urlano troppo per nascondere la loro bava, il tormento, l’inferno, che essi hanno.

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Come dei popoli così degli individui. Senza Gesù o non si vive o si vive assai male. Di qui non si esce. E’ giovane, è ricco, ha salute, nulla gli manca di ciò che porta il brio, la gioventù, la fortuna. In mezzo ai ciechi è invidiato. Ma perchè viene a noi, e nell’angolo oscuro, inosservato si china e grida il tormento del suo spirito, la ferita del suo cuore? Perchè chiede al ministro di Cristo la parola — disadorna, rozza, forte, rude e serena — per avere la... pace, Gesù? Perchè addolora la ricca dama, l’elegante signora? Perchè geme la signorina, idolo delle serate, cincielata dai più fini adoratori? Che domanda al prete? cosa vuole l’operaio, il contadino dal prete, da Gesù, che non ha oro, non scienza, non relazioni, non appoggi!... nulla! Chiedono tutti, tutti Gesù... chiedono quella parola, quella frase, quell’atto che gli dà la pace, che loro rassereni lo spirito, che renda pago il tormento dell’anima in cerca, assetata, di Gesù, della sua fede, della sua religione. R.B.

Nei paesi del ferro e dell’oro L’emigrazione italiana nella Lorena Continuazione del numero 39.

Perchè quindi gridare contro l’operaio italiano, quasi causa unica di un simile stato di cose, il quale al contrario origina e coinvolge tutta la massa operaia di ogni nazionalità? E l’operaio non è poi del tutto colpevole del suo stato di depressione intellettuale. Le scuole mancano. Mancano per la numerosa prole italiana, mancano per la massa operaia. Presso le miniere di recente costruzione sono appunto favorite le baracche come centro di attrazione, non essendosi ancora o potuto o voluto dare all’operaio altri mezzi di svago. E la forza morale, nel lavoro brutale cui è soggetto, lungi dalla luce e dall’aria, contro la roccia, al certo va in essi affievolendosi. La religione potrebbe essere l’unico rimedio. Ma se noi avviciniamo individualmente questi operai, noi vediamo che in gran parte sono già esulati dalla patria con dei principi sovversivi. Non trovando nella nuova terra l’esempio religioso, non comprendendo la lingua la più parte, trovandosi fuori di ogni comodità per quanto è esteriorità di culto, non possono convergere verso la religione e ritrovare in essa un principio di rigenerazione morale.

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A questo dovrebbero pensare i missionari, invece di dedicare un tempo prezioso all’evasione di pratiche burocratiche, secondo l’accusa dell’egregio articolista. Ho già notata la percentuale dei missionari di fronte al numero degli operai italiani e all’estensione della plaga da evangelizzare, ma un’altra causa grave li trattiene alquanto. Vi furono apostoli che portarono in questa terra tutto l’ardore delle loro convinzioni e tutta la coscienza del loro dovere, ma... a smorzar gli ardori e a frenar gli slanci venne a tempo un mina ciato decreto di espulsione dal liberale governo francese, che vedeva nell’attività religiosa dei missionari un delitto di lesa libertà. Poi, che veramente nulla si faccia è asserzione gra2 presso tuita. Molti parroci di buona volontà vollero di sè il missionario nel tempo pasquale. Vi furono in diversi centri missioni religiose ed ebbero, se non un esito strabiliante, al certo confortante, come a Vellerupt, a Trieux, a Mont Saint-Martin, ecc. E si deve far notare che solo una metà degli operai possono esser liberi sul lavoro, essendovi continuamente il turno delle due squadre diurna e notturna. Evidentemente il misionario non può, data la organizzazione del clero di quassù, far altro che tenersi a disposizione dei parroci locali. E questo lo fa. Ma l’internarsi a far propaganda religiosa nelle famiglie, nelle baracche è cosa da dar risultati non solo negativi ma opposti ai voluti, come da esperimenti fatti. • *

Se il missionario passa parte della giornata alla scrivania a dar udienza all’operaio che a lui si presenta e con una parola, una lettera, una protesta cerca di fargli render giustizia o di soddisfarlo nel suo desiderio, non è pel Tidicolo di sentirsi dir consoli, è per lo scopo di potergli ricordare che, esaurita la fatica materiale, ha dei doveri religiosi e sociali. E l’operaio accetta la osservazione perchè, trovando nel missionario una difesa e un appoggio, dà ’fede alle sue parole, mentre al contrario si rifiuterebbe di dar ascolto al missionario che girovagando di porta in porta a far la morale, non gli apportasse un bene anche tangibile. Che poi l’assistenza materiale sia da darsi all’ostracismo è una asserzione iniqua. Volere o no anche qui siamo di fronte al continuo urto del capitale e del lavoro, dell’egoismo e del bisogno. Questi operai, che col sudore e col sangue, arricchiscono il paese che loro fornisce il lavoro sovente, o per inscienza di lingua e di, legge, o per altre cause più gravi ancora, vanno soggetti a trattamenti che loro sembrano ingiusti. L’autorità del -missionario spesso serve a calmare e rendere meno stridente il conflitto tra chi lavora e chi comanda. Bisognerebbe, per disinteressarsi materialmente degli operai, essere in paesi ove fosse impossibile l’ingiustizia o non sentito nel forte egoismo di opprimere il debole. Ma purtroppo, simile stato di beatitudine qui è agli antipodi della realtà l