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IL BUON CUORE 327


polazione indigena non si è amalgamata e la massa immigrata è composta’ di gente girovaga di cantiere in cantiere, senza attacchi di famiglia, rende più triste ancora l’abbandono del principio religioso. E sia lecito, dice, di aggiungere una parola su un fatto di speciale importanza in questo grave problema. Si ebbe in Italia,ove S. S. Pio X dà un così vivo impulso alle opere degli emigranti, il pensiero d’inviare dei preti italiani in questi centri italiani sorti nella Lorena e nel Lussemburgo. Ne furono inviato parecchi, ma per motivi che ora ci sfuggono, questi «uomini di Dio» vengono chiamati a consoli» e infatti ne esercitano le mansioni. Nella Lorena francese, tedesca e nel Lussemburgo ci si assicura che dappertutto questi uomini, inviati per salvaguardare la questione religiosa delle anime, non cercano di lanciarsi con ardire d’apostolo fra queste masse d’immigrati, ma sovratutto s’occupano di rendere agli operai servizi di segretariato. Propone quindi a conclusione della sua inchiesta — troppo rapida e sommaria, purtroppo! — un duplice voto «i° che si tenti ogni mezzo per fermare questa massa e creare delle famiglie; 2° che nell’Italia, centro del mondo cattolico, sorga una associazione di preti missionari di spirito veramente apostolico, la quale abbia per iscopo d’inviare i propri soggetti in questi paesi del ferro e dell’oro non ad imparare le lingue od a scrivere degli atti, ma di lanciarli, coll’ardire di un Don Bosco e di un S. Filippo Neri, alla conquista delle anime». L’accusa è grave, grave per la nostra massa operaia la quale è quella, in ultima analisi, che trasmuta in oro il ferro di queste contrade, più grave ancora per il piccolo manipolo di missionari (una decina in tutto) che sparsi in una plaga estesa quanto il Piemonte e la Lombardia, devono pensare alla assistenza religiosa e civile di oltre i7o.000 italiani. E tanto è più grave in quanto si cerca di avvalorare l’accusa con dei dati comparativi, rilevando quanto in certi centri si fa dal clero della Lorena annessa, di buon accordo coi grandi industriali. Però — e non se l’abbia a male l’egregio articolista della franca affermazione — l’accusa non regge. Perchè, se è facile ad un brillante scrittore, dopo una rapida gita di piacere e qualche parola scambiata con qualche informatore di spirito più o meno equanime, scrivere colonne d’impressioni, è altrettanto difficile, in una questione così complessa, non incorrere in gravi errori.

E’ un fatto incontestabile questi non sono affatto i paesi nè della religione nè della moralità. Le statistiche mediche ne dicono qualcosa, le chiese deserte rivelano la profonda indifferenza religiosa. Ma quali le cause? La prima possiamo ricercarla nella stessa mitezza della legge francese nei riguardi della moralità pubblica. Percorrendo specialmente in domenico uno di questi paesi industriali si sente in ’ogni baracca (casette di legno ad uso albergo) il suono della musica

e il rumor delle danze. Un piccolo esercito di donne pubbliche la più parte lussemburghesi, impunemente, possono varcar la frontiera e portarsi nella baracca che le ha assoldate per attivar la danza e ’squattrinar gli operai. Tanto è vero l’aserto che non un solo parroco ebbe a dire che grazie alla severità della polizia in dati paesi (per lo più in frontiera) non si lamentano disordini particolari... mentre altri invocano dai pubblici poteri la repressione del mal costume. E queste baracche sono ancora la locanda ordinaria e antigienica degli operai celibi. Nelle case operaie sono allogate le famiglie. Pei celibi dove la miniera è da anni che funziona, si sono costrutte cantine capaci di allogarli e di ben nutrirli; ma le miniere sorte da poco, che non hanno ancora potuto sacrificare una percentuale dei guadagni ai bisogni sociali degli operai, lasciano l’operaio a sè e, naturalmente, la baracca lo ricovera, con quale danno della morale e della igiene è meglio constatarlo che descriverlo. (Continua).

In morte del mio nipote

Prof. GIUSEPPE SARTINI Eri buono, eri bello, baldo, gaio, gentile, o povero Beppino; eri degli anni nel sorridente aprile. Nobile ’1 core, eletto avei l’ingegno; sveglia, ornata la mente, rivolta sempre a virtuosa meta. E t’eri avvinto appena, d’amor co’ la dolcissima catena, a la desiata donna: e ’I tuo affetto era ineffabil, santo, chè sol con lei speravi, sempre felice e queta, menar la vita in delizioso incanto. Ed ora, ahime! tu non sei più: crudele, morbo occulto, efferato, ahime t’ha vinto, e d’un, colpo ha spezzato tante speranze e tanti caldi affetti. Par quasi un sogno, uno straziante sogno l.— Deh! or dal ciel, dove drizzasti i vanni, liberamente in seno a Dio beato, deh i puro spirto, ci aleggia daccanto, deh molti i crudi affanni dei molti cari che lasciasti in pianto, de la donna gentil ehe t’amò tanto! CARLO MEINI.