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IL BUON CUORE 315


sua arte che sopratutto dalla grande naturalezza deriva la sua efficacia, del suo profondo amore per la natura, del suo aureo umorismo, del suo caldo affet:to per il popolo. Alcuni suoi libri appartengono davvero a quanto di più bello vanta la letteratura narrativa contemporanea ed è da consigliarne a tutti la lettura. «Ma uscendo dal campo della «Bauerngeschichten n (racconti della vita dei contadini) nel quale si rivela un poeta di primo ordine, purtroppo il Rosegger ha perseguito anche nel suo scrivere scopi estranei all’attività puramente artistica trasformandosi spesso in un «Tendezschrifsteller n. E il predicatore che prevale in diversi dei suoi volumi più recenti resta di molto al disotto del poeta. A farsi banditore di un nuovo verbo religioso mancano al Rosegger scienza limpida, profondità filosofica, calore. Mai, infatti, egli abbandona il fraseggiare generico intorno a una religione senza dommi, a una vaporosa religione dell’amore, cosicchè solo persone di mediocre cultura possono accendersi d’entusiasmo per le sue idee. Riguardo a tale categoria di persone Peter Rosegger è pericoloso. Libri quali il «Mio regno dei cieli» (Mein Himmebreich, i9oo), il a Cercatore di Iddio a (Der Gottsucher), a I. N. R. J. lieto messaggio di un povero peccatore» (I. N. R. I. frohe Botschaft eines armen Siinders 19o4), ecc., che al loro apparire furon portati alle stelle dai giornali liberali, sono lavori meschini vuoti di contenuto e senza alcun valore d’espressione. Non appena Rosegger si allontana dal campo che gli è proprio anche la musa si allontana da lui. Gli oltraggi contro il clero cattolico che deturpano tante sue pagine, le sue vedute superficiali sul cristianesimo diminuiscono per forza agli occhi nostri, in misura assai notevole, il pregio delle sue opere e impongono a chiunque condivida il nostro pensiero la critica più aspra. «Fortunatamente, però, i migliori fra i suoi scritti non li dobbiamo, come abbiamo avvertito, alla penna del predicatore laico, ma a quella del poeta: a questi scritti è lecito ad ognuno attingere per la sua gioia. a Solo il poeta vivrà che ardentemente ama il suo popolo e il suo paese, che nella libera natura scopre sempre nuove sorgenti di ispirazione e alla cui festa noi ci associamo di cuore n. Così la a KOlnische Volkszeitung n (N. 659). E di queste affermazioni e riserve si può bene, credo, lasciarla responsabile. Io ho voluto riferirle perchè sicuro di non errare pensando che i lettori, cui l’opera del Rosegger è più o meno nota, le troveranno pienamente conformi alla loro opinione. • •

Ciò promesso, distinto il «Tendenszschrifsteller» alla Tolstoi, il fautore del a Los von Rom Bewegung n (movimento) dal a Naturpoet n, veniamo a qualche interessante particolare riferentesi a quest’ultimo. Figlio di contadini dimoranti in Alpl presso Krieglach su la Miirz, il futuro dottore a honoris causa»

di due università inaugurò la vita col badare le pecore. La costituzione gracile non lo rendeva però abile al lavoro dei campi sicché il padre, dopo essere stato alcun tempo perplesso se metterlo in seminario oppure fargli apprendere un- mestiere, si decise per il mestiere e un bel giorno lo condusse in Hauenstein dal buon Nazi mastro sarto. Questi brontolò molto, fece cader la cosa molto dall’alto, ma infine accettò come apprendiSta il piccolo Pietro. Di casolare in casolare egli percorse allora per tre anni in tutti i sensi la valle della Miirz aiutando il principale a cucir casacche e calzoni, e nel tempo stesso osservando con insaziabile curiosità tutto ciò che s’offriva al suo sguardo e al suo spirito nelle famiglie di contadini che l’ospitavano. E a poco a poco, svegliata dalle impressioni giornaliere e dalle prime letture, dalla musica degli stornelli alpigiani e dal ritmo delle canzoni popolari, anche la sua vena cominciò a gorgogliare. a Darf ich’s Dirndl lieben n, il a Lied n biricchino divenuto oggi patrimonio comune, gli fluì dalle labbra appunto in quegli anni. Il compagno di tirocinio, cui per pr’imo egli lo fece sentire, lo ammonì scandalizzato che certe effusioni intime andavano tenute per sè. Ma «non vi ha nulla che peggio si riesca a celare d’una poesia: metterla sotto il moggio non è possibile n. A dispetto, dunque, dell’amichevole ammonimento i parti della musa adolescente seguitarono a non rimaner segreti, varcarono anzi la soglia della sartoria, corsero di bocca in bocca per la valle, e giunsero in fine all’orecchio del dottor Swoboda, redattore della a Grazer Tagespost n. Dotato di fiuto sottile, il dottor Swoboda riconobbe subito, fra le inevitabili deficienze formali, il tesoro di schietta originalità che racchiudevano quei componimenti, e fece sapere all’autore che volentieri avrebbe data una occhiata nei suoi quaderni. Peter Rosegger unì in un fascio quanti racconti e liriche e favole aveva scritto in lingua e in vernacolo — in tutto quindici libbre di carta, com’egli si espresse poi scherzosamente — e nella gerla di un compaesano che si recava a Graz li inviò allo Swoboda. Questi in tanto materiale ne ebbe assai più del bisognevole per confermarsi nella sua opinione e fare con ogni sicurezza la a scoperta n di un nuovo poeta. Peter Rosegger, invitato a portarsi a Graz, diede l’addio agli aghi e alle forbici, e ammesso per intercessione dell’astronomo Falb alla scuola di commercio di quella città, colmò in breve le lacune lasciate nella sua mente dalle classi elementari. Nel 1869 Robert Hamerling, presentando la raccolta di versi a Zither und Hackrett n (Cetra e tagliere), introdusse ufficialmente il Rosegger nella società letteraria. Il periodo di raccoglimento, subentrato ai primi gorgheggi, ai primi voli, era finito. La vena, arrestata per un momento, poteva tornare a scorrere a suo agio. Non andò molto infatti che il limpido ruscello argentino divenne gonfio e impetuoso come un torrente alpino allo sciogliersi delle nevi. A a Zither und Hackbrett» tennero dietro i boz