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254 IL BUON CUORE


sacrificio di un popolo intero in simili circostanze’ Fu proprio mancanza di fede? Non credo... Questa obbiezione me la spiego come opera di riservatezza, come espressione di meraviglia, come una specie di sbigottimento, che dice l’arditezza dell’impresa, non la mancanza di prova per credere a Gesù.... A loro non pareva possibile, che Gesù dovesse l’ar tanto ed in così straordinario modo per quella turba di... poveri. Gli venivano a rimproverare quasi la troppa bontà sua per quelli, che, — a modo loro — non meritavano canto. Perchè non può essere così il pensiero degli Apostoli? Non proviamo anche noi questo senso di meraviglia, di stupore innanzi a certe cose ed opere grandiose di ’carità, di bene, di compassione a favore dei miseri, operati operati dal nostro santo? Non è vero che noi vorremmo che a tali opere seguisse logica, naturale, unanime la riconoscenza dei popoli... non è vero che innanzi all’ingratitudine e misconoscenza dei beneficati non crolliamo la testa innanzi all’inesauribile carità dei nostri Santi? Non è così quando inutile, non compresa, sospettata vediamo l’opera di buoni, umili, santi sacerdoti nel popolo? Non abbiamo anche noi il... coraggio di lamentare uno zelo buttato nel gelo, nel freddo, sepolto quasi in un deserto di sospetti, diffidenze, malignità? Come siamo umani!... come siamo piccoli!... come non conosciamo noi nè Gesù, nè il suo amore per il suo popolo, nè le sue preoccupazioni per la nostra elevazione, nè le sue risorse pietose, nè il suo programma di bene, nè la sua volontà di vincere colla bontà... inesausta la quasi infinita cattiveria e malizia umana.

Non ho mai avuto debolezze cabalistiche e quindi non iscorgo nei sette pani alcunchè di misterioso, ma mi suggeriscono — come al di là del mondo di quaggiù — esista un mondo morale, esista un mondo al quale sono proporzionati ed idonei i sette pani dei sette Sacramenti, che divisi si moltiplicano, così come Cristo eucaristico diviso nel popolo si moltiplica infinitamente. Pane.di vita ciba questo popolo, fa che di te non si fastidisca, poiché col vecchio pane, col ritorno ’all’antico, alla fame delle passioni, del temporale, esso perisce... miseramente perisce, mentre crede sua vita rigogliosa il crudo delle convulsioni che lo travagliano. Ma questo pane ha condizioni misteriose... E’ distribuito dagli Apostoli, non da chi non ne ha la Sacra missione, il Santo mandato: dagli Apostoli tutti, purchè tali siano, e non rispondano a nostre simpatie singolari; al pane guardiamo, non alla mano che lo distribuisce. Debbono sedere per terra. Nell’umiltà, o signori miei. Umiltà di mente: occorre tanto poco a persuaderci della nostra profonda ignoranza in materia religiosa. Umiltà di cuore: Qui la materia s’imbro glia. Siamo così rivestiti dalle passioni che: occorre tagliare, spezzare e... disinfettare anche certi angoli oscuri oscuri del nostro spirito. Debbono renderne grazie: di questo pane — appunto perchè occorre un ringraziamento — si deve avere fame, appetito, desiderio: se annoja, disgusta, il nostro palato è guasto, ammalato, curiamoci or che è tempo! Debbono spezzarlo perchè si distribuisca: Spezziamolo questo Gesù eucaristico, spezziamolo nella sua. scienza per darlo a chi ne è privo, spezziamolo nella sua morale per mezzo del buon esempio a conforto dei dubbiosi, di chi è convalescente, tiene debole lo stomaco, ed incerti da i primi passi nella virtù, incerto pugna la vita fra il piacere ed il dovere, incerto fra Dio ed il mondo, or a Dio sospira, or del monda rimane la vittima disgraziata. Anche per questi non dubitiamo. Non obiettiamo le nostre piccinerie mentili a Dio... Come Lui, grandi nelle concezioni, arditi e temerarii nell’opera, tutto dobbiamo osare ed arrischiare perchè i nostri fratelli non abbiano a venir meno nella vita di quaggiù, nella vita di questo deserto.. B. R.

Chicago e la sua Colonia Italiana Continuazione del numero precedente.

Questa disgraziatissima tendenza della gente nostra ad ammassarsi nelle grandi città, male che da parte nostra non si saprebbe rimediare se non per mezzo di fondazione di molte colonie agricole, e che da parte americana favorisce troppi grandi interessi di proprietari di fabbriche, terreni, case, ecc., è certo un problema gravissimo: è una tendenza che soffoca le buone qualità latenti, mette invece in luce i difetti peggiori’ dei nostri emigrati. Sono queste cose vecchie e tante volte ripetute, ma che per amor di patria non bisogna stancarsi di palesare ogni volta che se ne presenti l’occasione: non bisogna dimenticare che questo disprezzo invidioso degli stranieri verso di noi, imbevuto’ di mala fede e di ignoranza talvolta, è pur nato e si è diffuso per constatazione diretta e da vicino delle miserande condizioni delle nostre popolatissime colonie confrontate con tutte le altre. Non basta salvare il nostro buon nome, la buona riuscita di una minoranza dei nostri coloni, o commercianti in frutta e generi alimentari italiani, o professionisti che esplicano la loro attività in seno alla colonia stessa; troppo poche e di genere troppo speciale sono queste attività fortunate perchè riescano a redimerci dal giudizio severo che ci attirano le nostre enormi masse disorganizzate.