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242 IL BUON CUORE


Parve alla siccità che qualcosa di strano e di fantastico avvolgesse la carovana notturna. Su di una collina, che sembrava sporgere dall’orizzonte, apparivano primi i cammelli; si sarebbe detto che scendevano dal cielo. Al chiaror della luna parevano più grandi dei cammelli comuni e portavano colla massima facilità i pesi giganteschi di cui erano gravati. Ma diversi dai cammelli reali non erano, la siccità li vedeva nettamente. Essa rilevò altresì che i tre primi quadrupedi erano dromedari dalla pelle grigia e splendente, che avevano ricchi freni, che erano bardati con gualdrappe adorne di frangie e che portavano sul dorso belli e ragguardevoli cavalieri. L’intera carovana si fermò alla sorgente: con triplice e ben distinto movimento i tre dromedari si piegarono al suolo e i loro cavalieri scesero a terra. Il gruppo dei cammelli sostò: avvicinandosi l’un l’altro essi formarono un immensa e meravigliosa mescolanza di colli prominenti, di gibbosità e di innumerevoli bagagli. I tre cavalieri, scesi dai dromedari, andarono incontro alla siccità e la salutarono portando la mano alla fronte e sul petto. Indossavano bianche vesti splendenti e avevano sul capo enormi turbanti, alla cui sommità era infissa una stella che brillava come se fosse stata presa proprio allora dal cielo. Noi veniamo da una terra lontana», disse uno degli stranieri e ti preghiamo a volerci dire se questa è veramente la sorgente degli Uomini savi». Oggi si chiama così, rispose la siccità, ma domani non rimarrà qui più traccia di essa, perchè questa notte morrà». Ciò è evidente dal momento che tu sei qui», ribattè il cavaliere. a Non è forse questa una delle sorgenti sacre e inestinguibili? Donde prende dunque il suo nome?» So che è sacra», disse la siccità, a ma che giova? I tre savi sono in Paradiso». I tre viandanti si guardarono l’un l’altro. u Conosci tu bene la storia della vecchia fonte?» chiesero uniti. Io conosco la storia delle sorgenti, dei fiumi, dei ruscelli e delle fonti tutte», disse altezzosamente la siccità. az Fa dunque il piacere di raccontarcela» pregarono gli stranieri. Sedettero attorno alla vecchia nemica di tutto quel che germoglia e cresce e ascoltarono. La siccità si raschiò la gola, si addossò all’orlo della sorgente, come un novelliere sul seggio, poscia cominciò: a In Gabes, città della Media che giace sull’orlo del deserto, mio preferito rifugio nel passato, vivevano anni or sono tre uomini rinomati per la loro sapienza. Erano poverissimi, cosa questa inusitata’ perchè in Gabes la sapienza è tenuta in grande onore e lautamente ricompensata. Ma quei tre andavano avanti

a stento; l’un d’essi era vecchio oltre misura, il secondo affetto dalla lebbra, Pultimo.era un moro colle labbra enfiate. Gli uomini ritenevano il primo troppo vecchio perchè potesse insegnar loro qualcosa, evitavano il secondo per tema del contagio e non volevano dar ascolto al terzo, perchè supponevano che dall’Etiopia non fosse ancor uscita sapienza alcuna. Nella comune infelicità i tre savi si affratellarono. Durante il giorno chiedevano l’elemosina alla porta dello stesso tempio, la notte dormivano sotto lo stesso tetto. Così facendo abbreviavano, per lo meno, il tempo: riuniti ripensavano e discutevano su tutto quello che scorgevano di straordinario in uomini e cose. Una notte, mentre l’un presso l’altro dormivano al riparo di una tettoia rivestita da rossi papaveri soporiferi, il più vecchio dei tre si• destò, e appena ebbe gettato uno sguardo all’intorno, destò i compagni. Sia benedetta la- miseria che ci costringe a dormire all’aperto» disse loro. a Destatevi e sollevate lo sguardo al cielo». a Ebbene» aggiunse la siccità con voce raddolcita, a era una notte indimenticabile per chi l’ha veduta». L’orizzonte appariva così chiaro che il cielo, generalmente simile ad una solida volta, sembrava profondo e trasparente, pieno di onde come il mare. La luce fluttuava dall’alto al basso e le stelle sembravano scintillare a diverse altezze, alcune in mezzo, altre alla superficie delle onde luminose. I tre uomini videro poscia apparire nel cielo, a grande distanza, una piccola oscurità. Quell’oscurità attraversò lo spazio come una palla e si avvicinò e nell’avvicinarsi cominciò a schiudersi come le rose possa Dio farle appassir tutte — quando sbocciano. Ingrandiva sempre più, il velo cupo dileguava a poco a poco, e la luce raggiava intorno ad esso in quattro,petali. Discese fino a raggiungere la stella più vicina, indi si ferm(’). Gli estremi lembi oscuri si ripiegarono, e, foglia a foglia si spiegò bella e rosea la luce, finchè brillò simile a stella fra le stelle. Quando i tre poveri uomini videro questo compresero, in virtù della loro stessa sapienza, che in quell’ora era nato sulla terra un Re possente, la di cui grandezza doveva soverchiare quella di Ciro e di Alessandro. E dissero fra loro: a Andiamo dai genitori del neonato e diciamo loro quello che abbiamo veduto. Probabilmente ci compenseranno con una borsa, di monete o con un braccialetto d’oro». Afferrati i bastoni da pellegrini si posero in cammino. Attraversarono la città, uscirono dalla porta e rimasero un istante perplessi: immenso innanzi a loro si stendeva il deserto, tanto abborrito dagli uomini. Videro che la stella pur mo’ nata gettava una sottile striscia di luce sulla sabbia del deserto, ed essi procedettero pieni di fiducia guidati da lei. Per tutta la notte camminarono sull’ampio campo sabbioso, parlando, nel loro andare, del re neonato