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IL BUON CUORE 179


Religione


Vangelo della 4a domenica dopo Pentecoste

La dura risposta alla sua preghiera ci dice la rigidità e l’inflessibilità della divina giustizia, come è solenne giustizia il vedere l’infelice e martoriato Lazzaro riposare beato nel seno di Abramo. • i

Testo del Vangelo. Il Signore Gesù disse ai Farisei: Eravi un certo uomo ricco, il quale si vestiva di porpora e di bisso, e faceva ogni giorno sontuosi banchetti; ed erctvi un certo mendico, per nome Lazzaro, il quale pieno di piaghe, giaceva alla porta di lui, bramoso di satollarsi dei minuzzoli che cadevano dalla mensa del ricco, e niuno gliene dava; ma i cani andavano a leccargli le sue piaghe. Ora avvenne che il mendico morì, e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco, e fu sepolto nell’inferno. E alzando gli occhi suoi, essendo nei tormenti, vide da lungi Abramo, e Lazzaro nel suo seno, esclamò e disse: Padre Abramo, abbi misericordia di me, e manda Lazzaro che intinga la punta del suo dito nell’acqua per rinfrescare la mia lingua, imperocchè in questa fiamma. E Abramo gli. io sono tormentato disse: Figliuolo, ricordati che tu hai ricevuto del bene nella tua vita, e Lazzaro similmente del male: adesso egli è consolato, e iu sei tormentato. E oltre tutto questo un grande abisso è posto tra noi e voi: onde chi vuol passare di qua a voi, nol può, nè da coceste luogo tragittar 7411 qua. Egli fili disse: io ti prego dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, imperocchè io ho cinque fraielli, perchè li avverta di questo, acciocchè non vengano anch’essi in questo luogo di tormenti. E Abramo gli disse: Eglino hanno Mosè é i profeti; ascoltino quelli. Ma disse egli: No, Padre Abramo, ma se alcuno morto anderà ad essi faranno penitenza. Ed egli gli disse: Se non ascoltano Mosè e i profeti, nemmeno, se risuscitasse uno da morte, non crederanno. S. LUCA, If, t6.

Pensieri.

A mio modo di vedere qui v’ha — meglio che differenza — la contraddizione al solito concetto e. i bontà e generosità. Chi dà, chi offre danari, chí ei mette nelle pubbliche sottoscrizioni fra i primi e più forti donatori, chi primo arriva ad una festa da ballo, ad un soirées per beneficenza, ad una passeggiata, ecc., via! quello è l’esempio da additarsi al pubblico. Intorno al suo nome sorge del fracasso • il suo nome è celebrato, se ne ricorda volontieri J. potenza, il fastigio della casa, lo splendore delle vesti, ed i giornali — noiosissime pettegole — fanno le genealogie degli antenati, quando non tessono una delicata necrologia innanzi alla tomba. - E’ vera generosità? vera carità? Pare di no, ameno secondo Gesù, che, mentre hà promesso i più larghi premi ai caritatevoli, vi seppellisce nell’inl’inerno — terribile espressione di tormenti e castigo — il generoso Epulone. Ma attenti! Non ve l’ha cacciato laggiù perchè vestiva bene e mangiava meglio, no, no! Lo poteva, e se ha fuggito l’intemperanza, non commise colpa usando dei beni di cui era un privilegiato. La sua colpa fu qui: cibò chi non aveva fame, copri e vestì di ricche vesti chi era coperto a josa, e dimenticò il fratello morente di fame, non copri le membra irrigidite per il freddo di quel disgraziato che era alla sua porta. Ci siamo ripetuti. Non importa. Non è generosità dare a chi non ne ha di bisogno: soccorrere chi ci è simpatico, caro per una qualsiasi ragione che non sia la fraternità cristiana; no, río, è ciò umanesimo. morbosità quello, che ciascuno di noi vuole, ma cii’ non costituisce mai quello che è carità cristiana, meno poi quella carità, che ha per sè le grandi promesse di Gesù. ili

I contemporanei all’Epulone, e più i fortunati commensali alla sua tavola l’avranno acclamato come il tipo della generosità e della bontà. Essi ignoravano -- come accorgersene? — il povero mendico Lazzaro, che moriva di fame alla porta, che -i sarebbe sfamato colle bricciole che piovevano dalla lautissima mensa. Per questo — affumicato il cervello, grasso il cuore e greve lo spirito — applaudivano, brindavano a lui, largo, munifico dispensatore dei favori suoi. Muore, e — lo dice Gesù — Dio lo seppellisce nell’inferno in mezzo alle privazioril ed ai tormenti, giacchè — lo confessa l’Epulone stesso — è bruciato dalle fiamme ed è arso dalla sete così, da desiderare — come grande sollievo — l’umiliazione di sentire sulla sua lingua l’estremo d’un dito intinto nell’acqua.

Forse il sordido non esiste più: è un ricordo dei tempi che furono, in ispecie fra i lettori del nostro periodico. Ma è così difficile trovare in noi — in mezzo alle nostre beneficenze, ecc. — l’avarizia, meglio un certo smodato amor delle cose di qui, danari, roba, fama? Non lo credo, tanto più in un breve esame di questo vizio, o di questa concupiscenza. Ad esempio: noi abbiamo del tempo, dono pre-/.ioso al pari della salute, come i soldi — tempo è danaro. — Come va che si ha tempo per tutto, per tutti e mai un minuto per il Signore, per la S. Messa nei dì festivi, per una orazione, per la propria istruzione religiosa e mai per i propri figli, per l’educazione di questi? Ad esempio: Dio ci ha dato larghezza di mezzi.