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IL BUON CUORE 159


Vi è una venditrice di giornali in una delle principali piazze della città, la quale è la banchiera dei piccoli derelitti. Nelle sue mani essi ripongono quanto han guadagnato nella giornata, esponendosi mille pericoli, e, volta a volta, che decorre una spesa, li ritirano. A notte alta i più anziani vanno nelle trattorie e vi acquistano i rimasugli della giornata. Allora intorno ad essi si affollano i piccoli, in un oscuro recesso della città, e si sentono cento voci gridare: due soldi di carne a me! quattro centesimi di maccheroni! due centesimi di pane! due soldi di pane e pesce! E nel silenzio della notte si consuma la cena pantagruelica. Poi ogni pietra è un giaciglio, ogni banco è un tetto ed è fortunato colui che riesce ad accoccolarsi sulla saracinesca di una sotterranea trattoria d’albergo, ove si gode il caldo e il buon odore dellevivande cotte al burro.

E questo è lo «scugnizzo». Non un individuo, ma una specie; non una persona, ma una pennellata di colore nel gran quadro napoletano in cui, a dispetto.dei tempi, le origini e le tradizioni prorompono da ogni parte, cozzano, si integrano, diventano uomini e ciascuno di questi uomini è spesso una istituzione. Lo «scugnizzo» preso individualmente, è una entità autonoma. L’insieme di essi costituisce una piccola repubblica ancora più autonoma: una specie di stato nello stato. Per esso non vi sono leggi, tranne quella dell’istinto personale di coloro che la compongono e nella somma di sensazioni e di aspirazioni che costituiscono l’istinto una nota predomina con una insistenza ed una tenacia che non hanno eguali: l’amore alla libertà, innanzi al quale passa in seconda linea perfino il sentimento della propria conservazione. Lo «scugnizzo» sa che così vivendo egli non appartiene tanto a sè stesso quanto alla sua terra, e di quel che sarà in appresso. non si preoccupa. Gli altri, oh, gli altri neppur essi si sono preoccupati gran fatto degli «scugnizzi» paghi che questi contribuissero alla sonante sinfonia napoletana con un ritmo saltellante di indifferentismo orientale. Ora i tempi paiono mutati e ciascuno si è rivolto una terribile domandà: che sarà di questi «scugnizzi» giocondi e piagnucolosi fra dieci, fra venti anni? E al 159

lora si è dato di piglio ad’un spugna e si stropiccia affannosamente sul quadro di Napoli per cavarne la macchia dello i scugnizzo». Ma io non ho molta fiducia nella arrendevolezza del colore già troppo secco e tanto meno nelle energie di chi stropiccia. E appena deposta la penna, da buon napoletano, mi concederò la gioia di veder caprioleggiare tredici volte fra i miei piedi uno «scugnizzo» scampato al pericolo della sua salvezza. Costa un soldo. Pasquale Parisi.

El mè Giornàl (SONETT CONT Et. COIN)

Quand leggi el mè Giorntil (on Giornalon)} Pien de notizi come è pien on vivee, Me par d’avegh denanz on minestron, Faa d’on cceugh consumaa in del so mestee. I codegh, hin i articol sul fronton: Ris e fasceu; sarYen quel vespee De notizi miss dopo in d’on monton. El brceud e i verz tutt quell ch’è miss dedree. Qaand ben mi l’hoo leggiuu e ch’hoo finii, Me senti el cceur saraa d’ori oppression, De mceud ch’el bon umor el me sparii; L’è ch’el GionAl l’è diventaa on centon De mort, delitt, suicidi e de ferii Disaster, scontri, incendi e d’aggression Del rest, sto gran GiornM el gha reson;Lu’l riporta tal quM quell che succed. Ghe n’impò la s’el mond l’è insci birbon? FEDERICO Bussi


Beneficenza


IL NOSTRO CASO PIETOSO

Ripartansi Cleopatra Paladini Frigerio Pia Laura (5 maggio). T. M A. D. M

L; 25o,

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