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158 IL BUON CUORE


se così facendo il monello obbedisce involontariamente ad una ineluttabilità etnica; forse è strumento inconsapevole di una tradizione fatale che ebbe la sua origine nel -famoso a lazzarone» e che oggi in tal maniera si evolve...; forse è monito amarissimo al legislatore che non provvide alla tutela della infanzia abbandonata, infanzia che a Napoli, per ragioni di stirpe e di terra, ha esigenze - di libertà ed ebbrezze di nomadismo... Chi sa! Certo questa ricerca delle cause ci porterebbe molto lontano e non sapremmo dire incontro a quali risultati. Abbandoniamola ed esaminiamo lo a scugnizzo» quale è e quale è per non essere più. • •

Anzitutto, perchè si chiama «scugnizzo»? Che vuol dire questo. nome entrato ormai nel linguaggio comune, se. conosciuto anche nei più lontani paesi? Chi lo ha trovato? A quest’ultima domanda nessuno saprebbe rispondere: esso fu trovato probabilmente da uno a scugnizzo» in un momento di genialità partenopea e in verità per il buon successo avuto dal neologismo l’autore di esse. non meriterebbe di rimanere ignoto. Alla prima domanda molti han creduto. di poter dare.una risposta e la più diffusa è quella che spiega in tal modo il nuovo nominativo. Scugnizzo deriverebbe da a scugnato», cioè da fanciullo che manca dei denti incisivi, trovandosi appunto nella età della seconda dentizione. Secondo Ferdinando Russo, che ultimamente ne scriveva a Matilde Serao, a scugnizzo» deriverebbe dalla abilità che hanno questi monelli, giuocando alla trottola, di a scugnare» con la punta d’acciio della propria trottola la trottola dell’avversario. Ma è poi questa veramente l’origine del neologismo? La competenza di Ferdinando Russo è tale che bisogna prestar fede, alla sua spiegazione. In ogni modo è certo che il nome di «scugnizzo» non è ormai giustificato da alcun segno caratteristico di chi lo porta, sia perchè non tutti son6 a scugnati», sia perchè il giuoco:dello a strummolo» è tramontato insieme con tutta una serie di vecchi giuochi per dar posto a nuovi cimenti e anche in olocausto alle esigenze della vita le quali, anche per lo scugnizzo, sono ’molteplici e gravi. Io ho detto dianzi che lo «scugnizzo» è una manifestazione artistica e pittoresca, della vita del popolo napoletano. Non ho esagerato, perchè lo a scugnizzo» stesso sa il suo valore artistico e pittorico nella luminosa cornice del paesaggio di Napoli. Non appena il, monello decide, per quelle cause

che non abbiamo potuto precisare, di • a mettersi a fare lo «scugnizzo» adotta, prima d’ogni altro, il vestito dell’ordine nel quale entra. Esso è a piacere, secondo i gusti e la fantasia di chi se lo compone, ma non deve rassomigliarsi al vestito degli altri ragazzi. Un cappello da soldato, una giacca lacera e così lunga da impigliarsi fra i piedi di chi la indossa, una •camicia rappezzata senza altri complementi di vestiario, un cappellaccio calcato fino alla nuca, un paio di brache tolte al personaggio più panciuto che vi sia, un solo panciotto sulla pelle nuda e bronzata dal sole, sono, generalmente, gli elementi indispensabili del a trucco». Poichè lo a scugnizzo» sa bene che il suo vestito e la sua sudiceria sono un trucco a pour épater... les etrangers». Tutti questi effetti di vestiario sono, generalmente in possesso di uno «scugnizzo» più anziano, che conosce meglio l’arte sua, e che per pochi centesimi li compra da un rigattiere, rivendendoli a buon mer— cato alle reclute della a scugnizzeria». Questo a scugnizzo» più anziano esercita ordinariamente una certa autorità sui più piccoli: li comanda, li percuote, ma li aiuta anche amorevolmente e li guida nel difficile esercizio del proprio mestiere. Lo a scugnizzo», il vero a scugnizzo» che si rispetta, non ruba. Quella cartolina che va in giro per l’Italia e per l’estero e sulla quale è raffigurato uno «scugnizzo» nell’atto di rubare il fazzoletto ad un signore che si. fa lustrare le scarpe, è un documento falso e calunnioso. Lo «scugnizzo» lavora per vivere. Fa tredici cai priole innanzi ai• piedi del forestiere per averne un soldo in compenso, accende i lumi alle vetture padronali nell’ora della passeggiata senza fermare i cavalli con la’ speranza di un soldino del signore o col pericolo di buscarsi una frustata del cocchiere e di rimetterci quei cerini di cui ha comprato una scatoletta; striscia sui marciapiedi e sguiscia nelle trattorie per raccogliervi i mozziconi di sigari e. sigarette che rivende, in grande quantità, ad un uomo che fa commercio di questo genere di rifiuti, sulle scale dei portici al Museo nazionale, porta la valigia al viaggiatore, corre a chiamar la vettura per il signore in pelliccia che esce dal teatro o pel forestiero che vien fuori dall’albergo,.e, giunta la sera, sugli sbarcatoi del Porto in frotte, improvvisano graziosi e intonati coretti di «Funiculì, funiculà», a Addio mia bella•Napoli», a Santa Lucia» sono vecchie canzoni che cantavano i nonni degli scugnizzi, ma questi le apprendono. e le cantano, perchè sanno che è il genere che va per.gli stranieri.