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84 IL BUON CUORE


Ben presto, la scuola e l’ambulatorio che erano potentissimi mezzi di propaganda italiana cominciarono ad essere guardati di malocchio dalle autorità turche, specie dopo il giorno nel quale le suore col pretesto di solennizzare la premiazione degli alunni e delle alunne inalberarono la bandiera ’tricolore sulla lor scuola con grande meraviglia degli arabi tra i quali cominciò a serpeggiare qualche timoroso sospetto. Alcuni corsero al mattino seguente allo ambulatorio con il pretesto di una medicina e domandarono alle suore chi sarebbe venuto ad occupare la Cirenaica. A Tunisi — insinuavano gl’interroganti — ci sono i francesi; al Cairo ci sono gli inglesi e qui a Derna chi verrà?». Nessuno verrà mai a Derna!» — si affrettarono a rispondere le suore che intuivano sotto quelle domande, più che un desiderio di rinnovamento l’opera indagatrice delle autorità turche sempre in guardia contro la nostra colonia. La loro ostilità verso l’opera nostra non ebbe poi più nessun ritegno dal giorno in cui padre Giustino Pacini volle costruire una chiesa che fosse annessa alla scuola e al convento. Egli fu sostenuto energicamente dal vice-console Piacentini; ma finì trafitto dai sicari dell’autorità politica turca. Pure scomparso il Padre Giustino, l’opera sua rimase e l’ammira e la vede chiunque mova per le vie di derna e discorre con i numerosi bambini che di quel primo valente campione d’Italia hanno ancora un vivo ricordo nell’animo. La prima volta che il Pacini sbarcò a Derna i fanciulli gli correvano dietro gridando: «, Dagli al cristiano!» e lanciandogli contro pietre e vituperi... Dopo pochi giorni quei bambini erano già i migliori amici del pio monaco; ed oggi sono essi che vi conducono con divoto amore a vedere i ricordi di lui. (Continua).

PROBLEMI D’ORGANIZZAZIONE

Pensiamo ai Giovani! Porchè — come intermezzo nelle quotidiane polemiche e trattazioni politiche — non dovremmo qualche volta scegliere anche dei temi relativi alla nostra organizzazione? Certo non è facile discorrere di questa materia senza incorrere nel pericolo o di inesatte interpretazioni o di maligne censure: ma io mai sono abituato ormai a scrivere secondo che mi pare utile

e legittimo e per uso dei lettori di buona volontà e di buona fede; e quindi poco mi preoccupo di quel che possa essere il commento da parte di chi non fosse disposto a riconoscere nei pubblicisti nostri il diritto di avere delle oneste opinioni e di manifestarle agli amici che ritenessero di non far cosa inutile ascoltandole e discutendole alla stregua dei propri criteri. Così esporrò oggi alcuni pensieri miei intorno ad un grande bisogno che ho sempre veduto e che tutt’ora vedo nel nostro campo, il bisogno di raccogliere e di organizzare la gioventù. Ognuno che abbia senno ed esperienza sa e capisce quanto importi intraprendere l’educazione dei cattolici alla vita pubblica nell’età felice in cui il sentimento è nel rigóglio del suo sviluppo, la fantasia arde, la ragione si agita ansiosa di verità, nell’età in cui gli insegnamenti si imprimono più agevolmente negli animi, e le impressioni più si approfondiscono fino a segnare traccie indelebili da cui prende nonna spesso il pensiero dell’uomo maturo. Nella propaganda fra il popolo noi incontriamo tante difficoltà, non perchè il popolo sia deliberatamente avverso alle verità che gli predichiamo, ma perchè le generazioni alle quali ci dirigiamo non hanno avuto nella gioventù quell’indirizzo e quella preparazione che soli avrebbero potuto renderli atti al compito grave oggi loro richiesto in nome dei supremi interessi religiosi e sociali: troppi son quelli che hanno raggiunto la pienezza degli anni senza mai essersi sentiti parlare di doveri pubblici, o avendone sentito parlare con ispirazione ben diversa dalla nostra; e c’è già da benedire il Signore che non manchino tra di loro qúelli in cui a furia di battere si può far sprizzare le scintille di una coscienza cristianamente civile attraverso lo strato e duro e folto accumulato intorno alle loro intelligenze dall’inerzia e dall’indifferentismo. Ma sui giovani noi possiamo lavorare come su cera molle e su creta umida: i giovani noi possiamo plasmarli secondo un disegno studiato; e se avremo saputo ben modellare questa materia duttile, potremo poi gettare in bronzo o scolpire in marmo. Né questa cura dei giovani ci deve essere inspirata soltanto dalla necessità in Cui chi esercita, si trova di colmare i vuoti che si verificano nelle sue file: certo sarebbe ben triste che nessuno ci fosse a prendere i nostri posti quando noi dovremo ritrarci dalla vita militante; anzi in questo caso non varrebbe forse la pena di continuare la battaglia, perchè ci mancherebbe uno degli stimoli più forti alla resistenza, quello che deriva dal senso della collettività e della continuità; ma, a parte questa considerazione come i giovani meritino di essere raccolti sotto le nostre bandiere per essere preservati dalla corruzione della mente e del cuore che li minaccia quotidianamente nell’officina, nella scuola e talvolta perfino nella famiglia. Vero è che chi accusa di stornare colla organizzazione il giovane dalle naturali occupazione della sua