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74 IL BUON CUORE


Ludovico Paschetto, che ha vinto il concorso indetto dall’Accademia, e che abbiamo il piacere di annoverare fra i soci del nostro COmitato nazionale, ha saputo far opera paziente, organica, completa: non s’è tenuto a poche fonti, ma quasi tutte le ha consultate, così da offrirci con l’opera propria una bibliografia preziosa, diretta e indiretta, della plaga ostiense, della vita che vi fu vissuta e dei problemi che la, riguardano; ed ha saputo far cosa geniale, togliendo al suo volume tutto ciò che di arido e di grave hanno per solito gli studi di archeologia, e invece animandolo di quello che diremmo il sentimento della ricerca, il quale suscita e commuove dalle pietre fantasmi di umanità. Se è vero che Cuvier dallo stinco di un animale antidiluviano riuscisse a ricostruire l’animale, noi preferiremmo l’induzione ardita di lui alla pedanteria arida dell’archeologo di maniera, pur di avere vivol’e completo un fantasma di vita; ma Ludovico Paschetto è stato artista e storico, non lasciando che quello togliesse accuratezza alle ricerche di questo o entrambi negassero armi e tempo alla indagine sottile del critico: è stato dunque archeologo nel nostro miglior senso moderno, e non invano il Vaglieri ha scritto del libro, offrendolo al pubblico degli studiosi che esso era (un po’ suo figliuolo». E perchè solo agli studiosi? L’Accademia Pontificia non è certo un organismo editoriale; ma l’opera merita sia conosciuta dal pubblico, da quanta maggior parte del pubblico sia possibile, perchè a Ostia ed a Roma marittima la popolazione della città e di tanta parte d’Italia è ormai intensamente appassionata, e occorre meglio si appassioni: meglio, cioè con più chiara intelligenza del passato e dell’avvenire, la qual cosa potrà essere agevolata assai proprio dal libro di Ludovico Paschetto. Questi, infatti, nulla togliendo e nulla aggiungendo al valore delle opere che a mano a mano sono venute alla luce, e solo interpretandole ’in relazione fra loro, ci ha data la più ampia e documentata visione dell’emporio commerciale e dell’antica vita marinara dell’Urbe; ci ha detta la poesia e la forza delle origini, ed ha tanto offerto di positivo a chi legge che la fantasia agevolmente ne ricostruisce anche la poesia e la forza dell’avvenire. Ora una tale opera, in edizione commerciale, e magari ridotta da ciò Che sia più propriamente tecnico, dovrebbe correre facilmente per le mani del pubblico, e in diverse lingue, perchè il pubblico di Ostia è cosmopolita, com’è il pubblico di Roma.

La popolazione ostiense. Qual’era il pubblico di Ostia; come viveva; quali erano gli organi e le vie di quella rete fitta.di traffici che esso svolgeva sui mari a servizio di Roma! Nei suoi tempi migliori, Ostia dovè contare cinquantamila abitanti all’incirca; e questa popolazione doveva esser parte stabile, parte con residenza temporanea, parte con dimora temporanea, parte con dimora occasionale, come volevano il carattere stesso della città che era la porta e 16 sbocco di Roma sul mare. La popolazione stabile era costituita dagli impiegati e dagli operai delle varie industrie locali e degli organismi del traffico; dagli appaltatori, dai banchieri, dagli industriali stessi che dovevano costituire un’aristocrazia per censo, di primo grado, distinto da quella di operai e mercanti arricchiti. Queste aristocrazie del censo, che si esprimono appunto dagli organismi sociali in cui è intenso il Movimento della produzione e dello scambio, ebbero uomini che portarono la liberalità sino al fasto e beneficarono in ogni modo la cosa pubblica: Gneo Sentio Felice, per esempio, fu prodigo del suo con le corporazioni operaie e Publio Lucilio Gamala convitò parecchie volte la popolazione ostiense o buona parte di essa in cene e banchetti per migliaia di commensali, lastricò strade col suo denaro, sovvenzionò il Municipio per migliaia di sesterzi, eresse e restaurò templi„ completò gl’impianti dei pubblici mercati. Accanto alla popolazione stabile, era quella temporanea, e questa era oostituita dagli armatori di navi, dai mercanti, dagli approvvigionatori che dovevano necessariamente allontanarsi per alcun tempo da Ostia per correre i mari e incettare derrate sui mercati di produzione. E’ noto che Roma cercò di favorire in ogni modo — e sopra tutto mediante esenzioni dagli oneri di Stato — il commercio dei generi che più largamente occorrevano a rifornirla: così che gli approvvigionatori di olio, di vino e di frumento ebbero una preponderanza notevole nella vita economica dell’Urbe e forse anche nella vita politica di essa. V’era infine la popolazione con dimora occasionale; e questa era costituita da operai che immigravano verso Roma in cerca di lavoro, dai viaggiatori che transitavano da e per l’Urbe, dai villeggianti e dai romani stessi che si recavano ad Ostia frequentemente e facilmente, o a piedi o pel Tevere •o in quel rapido veicolo latino che era il cìsio. Questa frequenza dei cittadini di Roma sulla spiaggia ostiense è soprattutto notevole: essa era tale, che la stes