Pagina:Il buon cuore - Anno XII, n. 08 - 22 febbraio 1913.pdf/3


IL BUON CUORE 59


si di soccorso e per la straordinaria ed efficace attività, fu’ tra i più grandi e illuminati benefattori. E’ Federico Ozanam, il quale, nato in Milano il 23 aprile 1813 nella casa di via S. Pietro all’Orto col n. i6, fu poi sempre riguardato, malgrado il suo grande amore all’Italia, come figlio della Francia. La nascita del grande milanese è ricordata con una lapide sulla facciata della casa famosa e più efficacemente nella Basilica di S. Carlo, dove si legge una epigrafe dettata dal Padre scolopio Mauro Ricci, che ricorda il battesimo dell’Ozanam, avvenuto là dove fu la Chiesa di S. Maria dei Servi, accennata nei Promessi Sposi, e segnala l’illustre nostro concittadino come fondatore delle Conferenze di San Vincenzo de’ Paoli, come professore insigne, come apostolo della gioventù nelle università di Francia, come amantissimo dell’Italia e delle sue glorie. Federico Ozanam, cresciuto alla scuola e all’esempio di genitori incomparabili, fu non solo uno studioso appro.fonditore della verità in tutti i rami dello scibile umano, ma fu altresì un altruista superiore a qualsiasi filantropo, e collo slancio di una anima votata ad una grande missione, asservì tutto sè stesso specialmente ai giovani, ai soldati, agli infermi, agl’indigenti e a tutti gli sventurati.. Il bambino che fece udire i suoi primi vagiti nella casa di via S. Pietro all’Orto, divenne professore alla Sorbona in sostituzione di Fauriel. Era già divenuto popolare come studente, perchè natura l’aveva meravigliosamente dotato, e l’ambiente famigliare lo aveva reso affettuoso, simpatico, ardente, modesto, gioviale e serio al tempo stesso, senza odio per nessùno, franco sostenitore delle sue convinzioni. Nell’uomo, coll’ingegno poderoso e colla mirabile dignità della coscienza, si rivelò una tenacia di volontà che non ammetteva ostacoli. E divenne un educatore ispirato ai più alti ideali, un oratore dalla parola affascinante, uno scrittore ed un apostolo tale da lasciare opere indistruttibili. Una grande carità si rivelava anche dalla forma dei suoi discorsi o scritti polemici: non era mai aggressivo, tanto è vero che verso il tramonto della sua breve ma laboriosissima vita, potè scrivere: «Una delle mie più dolci consolazioni è là certezza di non a- ver mai insultato, nè irritato alcuno, pur difendendo la verità con energia». Ma più ancora che cogli scritti, l’Ozanam rispose alla questione sociale con una istituzione grandiosa, che caratterizzò la sua epoca più del socialismo. Fu appunto l’opera divenuta mondiale col nome di Conferenze di San Vincenzo. E precisamente parlando di bene sociale e di riforme benefiche, il grande italiano diceva: «Bisogna salire alle stamberghe del povero, sedere al suo capezzale, soffrire il suo medesimo freddo, penetrare nel segreto del suo cuore desolato e della sua coscienza agitata. Quando si è studiato il povero nella sua persona, alla scuola, all’ospedale, all’officina, nelle città,

nelle campagne, in tutte le condizioni in cui Dio l’ha posto, allora solamente, muniti di tutti gli elementi, si comincia a comprendere il formidabile problema e si può pensare a risolverlo D. La grande bontà, la sincerità dell’Ozanam e il suo immenso amore all’umanità lo fecero ammirare ed amare da uomini insigni, appartenenti a scuole diverse. All’indomani della di lui morte, Lacordaire scriveva: a Ho veduto k,ochi uomini del nostro tempo, la cui morte abbia destato in ogni parte così sincero e universale rimpianto». Ernesto Rénan, che fu suo discepolo alla Sorbona, fatto adulto, mirando con occhio pacato la grande figura di quell’educatore, esclamava: a Ozanam! Oh, quanto lo amavamo! Che anima bella!» Il Visconte di Chateaubriand si congratulava coll’Ozanam diciottenne per il suo primo lavoro apologetico, e il poeta Lamartine, che si compiaceva di aver ospite il distinto giovane italiano, rimpiangeva la di lui precoce dipartita con queste poche ma eloquenti parole: a Noi l’abbiamo amato come un amico - questo giovane studioso e pio, e l’abbiamo pianto D. Il Visconte De La Villemarquè riassumeva il suo sentimento con questa frase: a Io lo amavo come un fratello, lo ammiravo come un maestro, lo veneravo come un santo». La gloria di Ozanam varcò tutti i confini e il suo nome fu inscritto alle principali accademie. Le sue pubblicazioni vennero tradotte in parecchie lingue ed una sua tesi di laurea su Dante ebbe contemporaneamente quattro traduzioni italiane. Le sue lettere, alle quali tutti potrebbero attingere, veri tesori di sapienza e di bontà, pubblicate nel 1869, rividero la luce in otto edizioni. Ora noi abbiamo rievocato il ricordo di questo grande milanese, non solo per l’avvicinarsi del suo centenario, ma altresì per mettere in evidenza una novíssima pubblicazione sull’uomo e sull’argomento, uscita dalla penna di quel dotto biografo che è l’egregio Mons. Cesare Orsenigo. Dobbiamo anzi dichiafare che abbiamo scritto ispirandoci al magnifico libro appena uscito alla luce, un libro che avrà certamente grande diffusione con incalcolabile beneficio alla gioventù studiosa. Il Lavoro dell’Orsenigo è presentato con entusiasmo da un distinto arcivescovo, Mons. Luigi Bignami, già prevosto milanese alla Basilica di S. Lorenzo ed ora stimatissimo Arcivescovo di Siracusa. L’egregio Prelato, basandosi su fatti eloquenti per sè stessi, facendo interessanti citazioni e ricordando come nella Città Eterna si parlasse di Federico Ozanam mentre si solennizzava la beatificazione di Giovanna d’Arco, scioglie un inno al grande milanese e afferma come il lavoro dell’Orsenigo sia in tutto, degno del lodatissimo biografo di S. Carlo. Infatti l’Orsenigo presenta la figura dell’Ozanam in tutta la sua parabola luminosa e la fa ammirare e amare in tutte le età, in tutte le manifestazioni, in tutte le opere sue. Così si vede lo studente, la giovane anima di apostolo; lo si vede e si ammira