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IL BUON CUORE 37


mito a Cristo ha iniettato l’odio, il livore nella vigna di Dio.

Pur ne la notte (se a scrutar mi attardo, da la finestra aperta la strada che s allunga ampia e deserta) pur ne la notte il ripulsar gagliardo

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d’avide arterie mi ritien pensosa. eco, una lontana eco di faticante opera umana, che non ha tregua mai, che non ha posa.

In una cerchia un po’ più ristretta, osserviamo i minori — per modo di dire — scandali, che se sí differenziano dagli altri per gravezza, molte volte a loro sono pari negli effetti deleteri. E’ nella famiglia — pia, religiosa, ammodo — una certa ippercriticità agli ordini, desideri, della Chiesa. Ci si ubbidisce ai superiori sì, ma solo ed allorquando dell’utilità e ragionevolezza del comando siamo persuasi: omaggio al nostro io, non ossequio all’autorità esterna. Siamo pii, eppur non risparmiamo puntigli, capricci, piccole vendette, che irritano di più, quando partono da noi, che le pretendiamo — per la nostra religiosità — ad esseri speciali. Sono preferenze che desideriamo: nelle compagnie avverse, contrarie portiamo più la persona che le idee... Sono, sono quelle infinite debolezze, che una religiosità più profonda, più viva avrebbe dovuto togliere per sempre. Siamo religiosi perchè schiviamo il male, ma abbiamo lo spirito sempre pronto ad afferrare l’occasione di bene? Non è la zizzania... son le male erbe, che sottraggono umore sano alla semente sana. B. R.

Fischi, or tronchi, or lunghissimi, che il vento in cupo suon ripete, si slogan da le valvole inquiete, quasi appello a non so quale cimento; poi sordi rombi, e ruvide percosse di poderoso maglio.— e so che il cielo ha un livido barbaglio, come d’incendio, per le fauci rosse entro cui bolle in un’accensione che fuma e rugge, a guisa di sorgente vulcanica, la ghisa, elaborata in rapida fusione.... Quante volte così, mentre già invasa da linefiabil pace del buon riposo, ogni rumor si tace intorno e dentro a l’umile mia casa; quante volte così resto a sentire, per non so qual malia, la rude voce de la fonderia, che ha note d’ansia ed impeti d’ardire! De le macchine il lungo ansito greve mi si ripete in core, eco d’ansiti umani e di dolore, che mi persegue poi nel sonno breve....

Ma un tesor d’energie, ma un paziente anelito mi viene da quell’aspra armonia; le oscure pene de la gente viri!, ch’è la mia gente,

CANTO IL LAVORO

fan ch’io risenta la grandezza vera d’ogni utile fatica; e da l’intimo fan ch’io benedica a l’umiltà de la mia sorte austera.

Figlia e sorella di lavoratori, e avvezzi a misurare, con la virtù dei pazienti amori, la volubil fortuna e le sue gare; figlia e sorella d’umili. di forti, serbo nel cuor, nel sangue la poesia che per età non langue. Da miei vivi che adoro, da’ miei morti. cui benedico memore, da l’aria, pur da quest’aura mia, ch’entra, a ondate di rustica armonia, ne la stanza ove scrivo solitaria; per tutti imparo, in tutto amo e respiro l’alacre gloria onesta de la fatica. L’inno che mi desta a l’albe estive, l’inno onde m’inspiro, vien dal lavor. che la materia inerte muove, nel conscio vanto d’una virtù, cui move agile accanto l’idea che sempre nuove forme avverte. Fra industri mura o per la via ferrata. freme il vapore e seco un trerr ar d’ansie e di trionfi un’eco palpita e canta ne la mia giornata: palpita e canta immemore talora, (quando più ferve il verso, pervaso da l’anelito universo) immemore del buio che m’accora...

MARIA MOTTA Maestra cieca.

Commemoraziolle del Cav. Rodolfo Sessa Alla sede del Patronato delle Scuole Comunali Maschili di via Rossari, domenica scorsa, con sentimento di affettuosa riconoscenza, si tenne una commovente commemorazione del rimpianto cav. Rodolfo Sessa, che di quell’istituzione fu benemerito 0311sigl iere. L’ampio salone conteneva duecento vispi scolaretti circondati da signore e signori. Sulla parete di fronte, spiccava la bella effigie del defunto, e al posto della presidenza sedeva l’assessore per l’istruzione cav. avv. Mojana. Il vice-presidente ing. Carlo Vandoni, in sostituzione del presidente barone cav. Giuseppe Bagatti