Pagina:Il buon cuore - Anno XII, n. 04 - 25 gennaio 1913.pdf/5


IL BUON CUORE 29


in Santiago, a condizione che questi vi introducesse, nello spazio di tre anni, cento famiglie di agricoltori dell’alta Italia. Ottenuta questa concessione, il Ni.-cosia si unì coi fratelli Ricci, industriali italiani residenti essi pure in Santiago e questi fornirono i capitali occorrenti per l’impresa di colonizzazione chiamata Nuova Italia, dal nome della colonia che prima si doveva impiantare. Costituita la Società, uno dei fratelli Ricci arruolava in Italia, nei primi mesi del 19o4, coll’autorizzazione del R. Commissariato dell’emigrazione, un primo nucleo di 23 famiglie, quasi tutte della provincia di Modena. Il decreto d’autorizzazione del R. Commissariato dell’emigrazione vincolava l’impresa colonizzatrice all’osservanza di parecchie coindizioni, tutte intese a garantire la buona riuscita del tentativo che veniva intrapreso. Rammenteremo quella che ingiungeva di presentare al Commissariato un elenco nominativo delle persone arruolate e di stipulare in Italia, ed in Itingua italiana, i contratti tra la Società e le famiglie arruolate. Il Commissariato dell’emigrazione, istituito dalla benefica legge del 1901, interveniva così per la prima volta per esigere serie garanzie per la’ soste dei coloni che lasciavano l’Italia, mentre si proponeva di seguirli anche di là dall’Oceano, più da vicino, vigilando — per quanto era possibile — che i patti contrattuali fossero adempiuti. Per questo secondo fune il Commissariato disponeva che i nuovi emigranti, destinati alla colonia Nuova Italia, fossero accompagnati da un abile funzionario del Commissariato stesso che fu il dottor Alfonso Lomonaco, il quale, nella sua qualità di medico, avrebbe potuto anche prestare l’assistenza sanitaria agli emigranti durante la traversata e nei primi mesi del loro installamento. L’opera d’assistenza del R. Commissariato ai coloni di Nuova Italia si manifestò specialmente nella formulazione dei contratti. Per mezzo di questi, alle 23 famiglie venivano concessi 70 ettari di terreno per ciascun capo, oltre un certo numero di ettari ai figli maschi in relazione alla loro età; fu fissato l’obbligo da parte dell’impresa di fornire alle famiglie gli animali, gli attrezzi agricoli ed il mantenimento per la durata di due anni e quello, da parte dei coloni, di pagare in quattro annualità, a datare dalla fine del terzo anno, il debito contratto verso l’impresa. Soddisfatto il loro debito a capo del sesto anno, i coloni sarebbero rimasti proprietari assoluti dei terreni. Il primo saggio di colonizzazione si iniziava sotto i migliori auspici. Senonchè sul principio del 1905, prima di attendere i risultati del primo tentativo, si volle subito procedere all’invio di altre famiglie nelle terre di Nuova Italia, secondo i patti dell’impresa di colonizzazione col Governo cileno, che per altro non esigevano una così urgente attuazione. Questa seconda volta, purtroppo, la scelta dei coloni fu fatta un po’ affrettatamente. Quando le nuove famiglie arrivarono a Nuova’ Italia, le case destinate ad accoglierle non erano ancora pronte; i lotti di

terreno non ancora delimitati. Questi ed altri segni della deficiente preparazione da parte dell’impresa crearono tosto malumori tra i coloni per modo che una parte di essi abbandonava Nuova Italia dopo poco tempo. Nonostante questa dolorosa secessione, l’azienda si mise ben presto in assetto, ed ora la colonia Nuova Italia, sulla quale ci siamo qui brevemente trattenuti, come l’altra di Nuova Etruria nella provincia finitima, si trovano in condizioni soddisfacenti, e le condizioni dei coloni tendono sempre più a migliorare, in grazia anche all’allargamento degli scopi dell’impresa che ha assunto, oltre all’agricola, anche una forma industriale. Il Cavi Silvio Godetti, ispettore viaggiante di emigrazione, che visitò la colonia Nuova Italia nei primi mesi del 191o, ha potuto accertare le buone condizioni attuali dei nostri coloni. Egli nel suo rapporto, pubblicato or non è molto, dice di aver trovato in Nuova Italia 62 famiglie italiane, ciascuna delle quali è legittima proprietaria in media di 75 ettari di terreno, i quali sono passati in loro proprietà esclusiva con decreto del’Governo cileno in data 3o -maggio 1908. Ancora. Esaminando i conti correnti dei coloni, riscontrò che quattro famiglie avevano già estinto interamente il loro debito con la Compagnia e il debito di ciascuna delle rimanenti 58 famiglie in media sommava, il 28 febbraio del 1910, a 1643 pesos (1). Ma fatti i conti delle aree coltivate, dei prodotti e dei prezzi correnti, a risultò all’evidenza che, pur non tenendo conto dei prodotti dell’allevamento, il debito individuale era facilmente compensato dalla rendita, dalla quale si era previamente esclusa la parte necessaria al sostentamento della famiglia a. La Società colonizzatrice ha poi allargato i suoi intenti coll’aumentato afflusso di nuovi capitali, sot:toscritti tutti da italiani, fra i più ricchi e influenti di Santiago e di Valparaiso, e si chiama a Società colonizzatrice agricola ed industriale Nuova Italia a. I boschi fitti e abbondanti che circondano la concessione vengono sfruttati, e per mezzo della fabbricazione del tannino e’per mezzo del commercio del legname. Parecchie segherie sono sorte all’uopo nel villaggio Capitan Pastene. I terreni che la Società si è riservata, e quelli dei coloni che non possono per il numero limitato di braccia, essere coltivati, si prestano all’allevamento razionale degli animali e, pare, si sia pure proceduto allo sfruttamento dei giacimenti di carbone che esistono nelle montagne vicine. La messa. in valore di tutta la colonia è stata ora poi agevolata dalla ferrovia che si stacca da Los Sauces e va a Lomaco, il centro più importante vicino a Capitan Pastene. sai Ora qualche considerazione. Noi prendiamo atto delle attliali, buone condizioni dei coloni; però osserviamo che delusioni, soosaggiamenti di una parte (i) Il peso cileno per le molte oscillazioni subtte in questi ultimi anni varia da lire ’,n) a 1,20.